Il capomafia Michele Navarra detto “U patri nostru”.

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Michele Navarra nacque nel 1905 a Corleone, figlio di un piccolo proprietario terriero e membro del Circolo dei nobili del paese che era geometra e maestro nella locale scuola di agraria. Lo zio materno era il mafioso Angelo Gagliano e suo cugino era il mafioso Angelo Di Carlo che era dovuto fuggire negli Stati Uniti.

Si laureò nel 1929 in medicina e chirurgia, prestò servizio militare  a Trieste come medico ausiliario, si congedò nel 1942 con il grado di capitano e tornò a Corleone per esercitare la professione medica.

Nel 1945 Angelo Di Carlo ritornò a Corleone e scelse il cugino Navarra per guidare la locale cosca mafiosa, sostituendo don Calogero Lo Bue. Dopo aver ottenuto il comando, Navarra fece assassinare Liborio Ansalone, comandante dei vigili urbani locali che nel 1926 aveva collaborato con gli uomini del prefetto Cesare Mori.

Navarra divenne medico condotto di Corleone, medico fiduciario dell’INAM, caporeparto di medicina interna dell’ospedale di Corleone e nel 1946, dopo l’omicidio del direttore dell’ospedale per mano ignota, occupò anche quella carica.

Navarra costituì poi una società di autolinee grazie alla raccolta degli automezzi militari abbandonati e cominciò a controllare anche il settore politico-economico tramite i voti. Inizialmente li fece confluire nel Movimento Indipendentista Siciliano, poi verso la Democrazia Cristiana facendo eleggere diversi deputati.

Il 10 marzo 1948 scomparve Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone, che aveva umiliato in pubblico il mafioso Luciano Liggio. Il giorno seguente al delitto il pastorello dodicenne Giuseppe Letizia fu condotto delirante dal padre all’ospedale di Corleone e lì il ragazzo, in preda a una febbre alta, raccontò che un contadino era stato assassinato nella notte. Curato con un’iniezione, morì ufficialmente per tossicosi sebbene si ritenga che al ragazzo sia stato somministrato del veleno.

Liggio aveva costituito un’altra società di autotrasporti ed era entrato a far parte di una società armentizia perché voleva  prendere parte alla costruzione di una diga che avrebbe irrigato oltre centomila ettari di terra. Navarra era contrario alla costruzione della diga, che avrebbe portato l’acqua oltre i monti, in quanto avrebbe perso il controllo dei pozzi.

In quel periodo Angelo Vintaloro aveva comprato dei terreni dopo aver chiesto il permesso e protezione a Michele Navarra ma una notte vennero fatte a pezzi le botti della sua cantina ad opera di Liggio e il vino andò perduto. Quando a giugno il grano maturò, nessun contadino volle mieterne il raccolto e così una notte venne mietuto clandestinamente e caricato sui camion di Liggio.

Michele Navarra  inviò allora un commando nella tenuta di Vintaloro che sparò a Liggio ma egli, ferito lievemente, riuscì a scappare. Nel 1958 Navarra fu ucciso mentre rientrava a Corleone a bordo di una Fiat 1100 nera, assieme al giovane medico Giovanni Russo che gli aveva dato un passaggio e che era estraneo a qualsiasi fatto criminale. La macchina fu crivellata di colpi e poi fatta scendere giù per una scarpata. Vennero ritrovati 124 bossoli a terra e 94 proiettili nel corpo del capomafia.

Due giorni dopo vennero celebrati i funerali, il paese ospitò mafiosi provenienti da tutta la Sicilia e venne proclamato il lutto cittadino. Per l’omicidio di Navarra, Luciano Liggio fu condannato all’ergastolo.

Briseide la schiava amata da Achille

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Briseide fu fatta schiava durante il saccheggio della città di Lirnesso, avvenuto prima che Troia fosse cinta d’assedio, da Achille che uccise tutti i suoi parenti compreso il marito. Agamennone si era invece preso una schiava di nome Criseide che era la figlia di Crise sacerdote del dio Apollo.

Quando però il dio scatenò una pestilenza nel campo egli dovette restituirla al padre ma pretese in cambio Briseide scatenando l’ira di Achille, che dichiarò che non avrebbe più preso parte alla guerra. Achille si era infatti innamorato della giovane dalla quale era ricambiato.

Agamennone, disperato, mandò Fenice, Odisseo, Aiace e due araldi alla tenda di Achille, con l’incarico di offrirgli, per placarlo, innumerevoli doni e la restituzione di Briseide  se avesse acconsentito a combattere ancora. Achille decise di ritornare a combattere solo perché voleva vendicare la morte dell’amico Patroclo ed accettò in cambio soltanto Briseide.

Hel o Hella la dea dei morti

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Hel o Hella era la dea norrena  dei morti, figlia di Loki, dio dell’inganno, e della gigantessa Angrboða. Quando venne al mondo la malattia colpì per la prima volta l’umanità e lei stessa portò nel mondo il dolore e la disperazione.

Quando Odino venne a conoscenza che il perfido Loki aveva avuto dei figli, li bandì nei più remoti angoli del creato, perché facessero il minor danno possibile. A Hel diede un regno gelido e orribile e la potestà su tutti coloro che il Valhalla non avesse accolto e dunque divenne regina dei morti senza onore, per malattia, incidente o vecchiaia, dei traditori e dei criminali.

Nella reggia di Hel venivano accolte le anime e in un luogo separato quelle degli assassini e dei traditori che  venivano privati delle unghie allo scopo di costruire una nave con la quale i morti sarebbero ritornati per combattere nel giorno del Ragnarǫk o fine del mondo.

Hel usciva raramente sulla terra, ma quando lo faceva portava sventura e malattia: passava per le strade e nei villaggi e la gente si ammalava all’improvviso. Se spazzava la strada con un rastrello vi sarebbero stati dei sopravvissuti, se invece aveva una scopa sarebbero morti tutti.

Hel era descritta come una donna  con metà viso nero o cadaverico e l’altra metà normale questo perché  nei tempi più antichi Hel era la grande madre dea terra, che sfamava gli affamati ma successivamente divenne molto simile ad un Plutone femminile e il suo regno divenne simile all’Ade greco.

La figura femminile, predominante fra gli dei norreni, divenne con lei il simbolo dell’inganno, portatrice di caos e di inarrestabile furia distruttrice mentre la figura maschile cominciò a rappresentare il razionale, la legge comprensibile ed il valore in battaglia.

Le piante del futuro

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Si coltivano già  le super-piante del futuro arricchite di antiossidanti per dare cibo e ossigeno agli astronauti su Marte. In Italia le prime serre destinate agli ambienti impossibili per l’uomo sono state realizzate nei laboratori di un centro di ricerche dell’Enea a Nord di Roma.

Si vogliono ottenere piante in grado di accumulare pigmenti violacei con azione antiossidante contro i radicali liberi, come le antocianine. Le piante di queste serre del futuro non servono però solo per la vita nello spazio, ma anche sulla Terra, sia come fabbriche di farmaci sia per sfamare una popolazione mondiale destinata, secondo le Nazioni Unite, a sfiorare i 9 miliardi nel 2030.

Fra le piantine coltivate alcune sono lontane parenti del tabacco, modificate geneticamente con tecniche di taglia e incolla il Dnae e dovrebbero divenire utili per produrre ad esempio anticorpi antitumorali o vaccini veterinari in grandi quantità e a basso costo.

Viene praticato così nei laboratori un tipo di agricoltura diverso da quello tradizionale, senza l’uso del suolo che possa permettere di avere coltivazioni senza terreno in aree ristrette, come fabbriche abbandonate, palazzi o in metropolitana, come stanno sperimentando anche a Londra.

Si stanno inoltre studiando la resistenza delle piante a condizioni estreme come la microgravità di Marte e l’esposizione a radiazioni solari e raggi cosmici.

Le valchirie

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Nella mitologia norrena, le Valchirie erano donne semi-divine che volavano sui campi di battaglia, scegliendo i guerrieri più coraggiosi per portarli dal dio Odino. Portavano  le anime ritenute degne nel Valhalla, la grande fortezza di Odino, dove li preparavano alla grande battaglia finale.

Nel periodo più tardo divennero le figlie di Odino, vergini dai biondi capelli che servivano idromele nelle sale del Valhalla ed allenavano i guerrieri insegnando loro le arti del combattimento o curandoli in caso di necessità. Avevano mantelli piumati e, secondo alcune leggende, potevano tramutarsi anche in candidi cigni.

Ci sono due tipi di leggende riguardanti le Valchirie come fanciulle-cigno. Nel primo, un uomo di solito trovava una Valchiria intenta fare il bagno e, per costringerla a restare con lui, le nascondeva il mantello piumato. Dopo molti anni, la Valchiria ritrovava però il suo mantello, lo indossava e se ne volava via. Il marito si metteva alla sua ricerca finché un vecchio saggio non gli spiegava come raggiungere il reame divino. Una volta lì, la Valchiria stessa o le sue sorelle lo mettevano alla prova con difficili imprese, al termine delle quali, se superate, sua moglie tornava a casa con lui.

Il secondo tipo di leggenda prevedeva il matrimonio tra una Valchiria e un uomo mortale ma una donna gelosa uccideva la Valchiria per sposarne il marito. Il giorno del secondo matrimonio, però, la Valchiria tornava dal regno dei morti per uccidere la rivale proprio sull’altare.

Le Valchirie potevano proteggere i loro favoriti dai nemici, comparendogli davanti con lo scudo alzato, o ammonendoli in sogno.  Inoltre in sogno potevano fare profezie o dare buoni consigli. Spesso accadeva che le Valchirie s’innamorassero dei loro protetti e cercassero in ogni modo di aiutarli, ma quando giungeva il loro momento, li conducevano in groppa al loro bianco destriero fino al Walhalla.

Il porro o leek simbolo del Galles

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Il narciso venne affiancato al porro come simbolo nazionale del Galles perché agli occhi internazionali il porro sembrava essere troppo semplice per rivendicare l’identità nazionale del Galles. Il porro è però il vero simbolo storico del Galles: ci sono documenti storici che raccontano come, in battaglie medievali, i soldati gallesi portassero addosso dei porri per identificarsi nel caos della guerra.

Si dice in particolare che alla vigilia di una battaglia contro i Sassoni, St. David consigliò ai Britanni di portare sui berretti i porri, per distinguersi dai nemici. Un consiglio che portò a una grande vittoria. Lo stesso espediente fu utilizzato anche a fianco di Enrico V alla battaglia di Azincourt nel 1415.  Ancora oggi nel giorno di St David si indossano distintivi con i porri e la tradizione vuole che i militari dei reggimenti gallesi, nel giorno di giorno di St. David,  mangino un porro crudo.

Anche Shakespeare, nell’Enrico V, cita il porro come simbolo dei gallesi quindi spesso si vedono questi due simboli, narciso e porro, incrociati tra loro. La festa di San Davide è il 1 Marzo: Cardiff si veste dei colori di questo santo (giallo e nero)  che sono anche i colori dei narcisi e dei porri. La tradizione vuole che in questo giorno tutti mangino porri crudi e bevano una pinta di birra locale.