Antonio di Giovanni de Antonio, soprannominato Antonello da Messina, nacque a Messina, nel 1429 o nel 1430 e morì nella stessa città nel febbraio 1479. È considerato il più importante artista figurativo siciliano della sua epoca poichè seppe coniugare la monumentalità e il classico razionalismo della forma dello stile italiano con l’attenzione al dettaglio della pittura fiamminga.
Eglidipinse la Vergine Annunciata, oggi posta a palazzo Abatellis a Palermo, intorno al 1475 tra il suo soggiorno a Venezia e il ritorno nella sua città. Il quadro consiste in olio in velatura su tavola di 45 centimetri di altezza e di 34,5 cm di larghezza.
Antonello da Messina realizzò il dipinto legando i pigmenti in polvere con una sostanza grassa e pertanto si può parlare già di colori ad olio la cui invenzione, tradizionalmente, si attribuisce ai pittori fiamminghi del nord Europa.
Questa tecnica, diversamente dalla pittura a tempera, permette di ottenere un chiaroscuro molto sfumato e un graduale passaggio di toni e, grazie alla possibilità di stendere i colori con sottili velature trasparenti, l’artista può definire le figure nel dettaglio.
Il pittore riuscì a donare alla Vergine lineamenti giovanili e un viso ovale, che rientra in una forma geometrica ideale e quindi diventa simbolo della purezza della Vergine, con un incarnato morbido e realistico. L’opera presenta forme con volumi ben sviluppati e così assume un’apparenza diversa dalle rappresentazioni fiamminghe che evidenziano invece un carattere più particolareggiato.
Maria ha infatti un aspetto classico ed equilibrato, contrapposto al maggior realismo fisionomico e alla forte caratterizzazione psicologica dei personaggi fiamminghi, mostra un’espressione seria e intensa ed assume una postura sospesa che crea una dimensione atemporale.
Il dipinto presenta però anche caratteristiche stilistiche tipiche delle opere fiamminghe infatti Maria è raffigurata di tre quarti, lo sfondo è scuro, la figura isolata e l’atmosfera è sospesa e questi sono elementi tipici del lavoro del pittore nordico Petrus Christus.
L’illuminazione crea un clima intimo e riservato e la luce radente, che proviene da sinistra dalla posizione nella quale si trova l’angelo, colpisce Maria illuminandone il viso e rivelandone le forme. Il fondo del dipinto è di un nero profondo, privo di rappresentazioni, che mette in evidenza la Madonna che, immersa in uno spazio indefinito, assume un aspetto quasi monumentale.
Antonello da Messina realizzò un intenso ritratto psicologico della Vergine ma, a differenza delle opere fiamminghe, il quadro presenta una salda impostazione volumetrica della figura ed una semplificazione dello stile molto particolareggiato dei fiamminghi permettendo così di concentrarsi sul dato fisionomico individuale della Vergine e della sua componente psicologica.
La giovane è avvolta da un velo blu che le copre il capo e le spalle e porta la mano destra in avanti mentre con la mano sinistra chiude il velo sul petto che copre il suo abito rosso. Il viso e il corpo sono frontali mentre invece lo sguardo, rivolto a sinistra in basso, le dona una espressione timorosa.
La Vergine è sorpresa e stupita dalla comparsa dell’angelo che si trova davanti a lei, ma non è rappresentato nel dipinto anche se si intuisce sia al suo cospetto, ed alza la mano destra sembrando mettere una distanza tra lei e il messaggero di Dio che annuncia la sua maternità.
L’opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana in quanto la purezza formale, lo sguardo magnetico e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un capolavoro assoluto.
Enrico Brunelli nel 1906 attribuì l’opera a Antonello da Messina basandosi su un’osservazione formale ma non esistono documenti che attestino la sua paternità. Inoltre ad oggi non sono state condotte analisi approfondite sul legno del telaio e sui pigmenti confrontandoli con altre opere dell’artista.
Oh non mettetemi nella terra umida! Nascondetemi, seppellitemi Nella folta erba! Che il respiro del vento Faccia ondeggiare l’erba, Che di lontano un flauto canti, Che luminose e placide le nubi Fluttuino sopra di me!
Nei momenti più sbagliati Arthur Fleck, protagonista del film Joker, ride a crepapelle anche se lo fa non intenzionalmente. E’ un uomo solo, psicologicamente instabile e presenta una patologia neurologica che lo fa rispondere agli stimoli emotivi esterni in modo inappropriato ed eccessivo.
E’ affetto dalla sindrome pseudobulbare, condizione che non è frutto di fantasia ma esiste realmente. Questa patologia comporta un’alterazione della mobilità della parte inferiore della faccia provocando una reazione inappropriata alle emozioni. Vengono colpite le aree più alte e vicine alla corteccia cerebrale che controllano il bulbo dell’encefalo e così vengono alterati il movimento e la sensibilità della parte inferiore del volto che sono a loro volta controllati proprio dal bulbo. La sindrome comprende una paralisi degli ultimi nervi cranici che ha come effetto la disfunzione motoria.
Si tratta pertanto di avere un difficile controllo dei movimenti del volto e di presentare incontinenza emotiva dal momento che queste vie controllano anche le emozioni e in questo caso si dovrebbe parlare di affettività pseudobulbare. In sostanza la sindrome pseudobulbare non influenza il modo di provare emozioni, ma come queste ultime vengono espresse.
Oltre a risate e pianti incontrollabili, i pazienti affetti da questa condizione talvolta presentano difficoltà nella masticazione e nella deglutizione oltre che nella coordinazione della lingua.Questo genere di malattia si verifica tipicamente inpazienti adulti, raramente in bambini, in relazione soprattutto alla presenza di malattie degenerative o vascolari, situazioni di gravi infiammazioni o tumori.
Al di là delle cause alla base della sindrome pseudobulbare, che possono aggravarsi e portare fino alla morte, la condizione determina spesso un forte imbarazzo nel paziente e ne condiziona pesantemente la qualità della vita. Chi ne soffre tende a isolarsi e ad essere stigmatizzato e ciò gli crea spesso ansia e depressione, con l’interruzione di rapporti di lavoro e legami affettivi.
Poiché il pianto si manifesta con maggiore frequenza delle risate, la condizione viene talvolta scambiata per depressione, ma a differenza di quest’ultima non è caratterizzata da disturbi del sonno o da perdita dell’appetito e soprattutto gli episodi hanno una breve durata.
I pazienti vengono trattati con farmaci antidepressivi e con inibitori selettivi della serotonina (SSRI) che possono essere molto efficaci nel ridurre il numero di manifestazioni incontrollabili Inoltre esiste un nuovo farmaco, specificatamente approvato dall’ente statunitense che si occupa di regolamentare farmaci e terapie sperimentali, che sembra avere la capacità addirittura di dimezzare il numero di episodi di pianto e riso incontrollati.
La voglia di baciarti in qualsiasi situazione, in qualsiasi posto, in mezzo a qualsiasi folla, a metà del discorso davanti a qualsiasi persone, a qualsiasi ora… È estenuante. Sfiancante. Mi divora… Ti prego, fa che non mi passi mai.
Attualmente il 46% del pesce venduto ogni anno arriva nei mercati dagli allevamenti e non è stato pescato in mare. La maggioranza dei prodotti è composta da pesci di acqua dolce, tipo carpe e tilapia, che arrivano dall’Asia mentre Italia, Regno Unito, Francia e Spagna sono i paesi europei leader dell’acquacoltura.
L’Italia è fra i maggiori produttori mondiali di vongole veraci, trote, iridee, cozze e storione infatti in lombardia, Veneto e Piemonte vi sono una ventina di allevamenti che producono il caviale più rinomato. Entro il 2030, sotto la spinta dell’aumento della popolazione e della richiesta dei mercati, il pesce di allevamento supererà le catture in mare aperto e costituirà il 59% del pesce in vendita.
Questo pesce di solito è più fresco perchè viene prelevato dagli impianti solo quando lo richiede il mercato, è più grasso ed ha carni più molli perchè viene sovralimentato e spesso vive in spazi sovraffollati anche se è meno saporito perchè la sua alimentazione è meno varia.
In teoria dovrebbe essere più sicuro perchè cresce in ambiente monitorato e con mangimi testati ma l’uso di antibiotici non è facile da controllare soprattutto per i pesci importati: in Africa carpe e tilapia e in Asia pangasio spesso sono allevati in acque molto inquinate. Le pressioni del mercato producono la corsa al prezzo più basso e così in Europa si importano produzioni provenienti da paesi extracomunitari che sono più economiche ma spesso di bassa qualità e meno sicure da un punto di vista sanitario.
I rischi sanitari riscontrati, a seguito di controlli effettuati, hanno riguardato pesci provenienti da Spagna, Portogallo e Monzambico con contaminazione da metalli pesanti tipo mercurio e cadmio, pesci provenienti dal Vietnam con contaminazione da istamina e pesci con parassiti provenienti da Marocco e Cina.
Esiste anche il problema della contraffazione e cioè la vendita di pesci di scarso valore commerciale e nutrizionale che vengono spacciati per altri pesci di qualità. L’ong Oceana ha raccolto i risultati condotti da biologi marini che hanno prelevato campioni di pesce, pescato od allevato, in ristoranti, pescherie e supermercati. Su 25.000 campioni prelevati in 55 paesi il 19% è risultato contraffatto con punte fino al 36%.
In Italia molte aziende associate aderiscono al disciplinare dell’acquacoltura che prescrive uso di energie rinnovabili, mangimi controllati ed elevata qualità delle acque con adeguato smaltimento dei rifiuti. Le emissioni di CO2 inoltre dipendono dal tipo di specie allevate ed infatti cozza, carpa e salmone producono meno emissioni del pollo, che è l’animale con meno impatto, la tilapia di più ma sempre 2/3 in meno del manzo. In ogni caso il pesce allevato non comporta l’uso di carburante per muoversi in mare. Il Wwf consiglia di consumare pesci certificati dal marchio Asc (un pesce stilizzato su sfondo azzurro) perchè garantiti come allevati in modo sostenibile.
E’ da rilevare anche che in Asia sono state eliminate foreste di mangrovie per per far posto agli allevamenti di mazzancolle tropicali eliminando così un habitat che ospitava molte biodiversità ed inoltre era una difesa naturale dagli tsunami . L’acquacoltura infine consuma proteine nobili a basso costo, già ottime per la nostra alimentazione, per ottenere proteine nobili ad alto costo: per ottenere 1 Kg di spigola bisogna dare in pasto 3-4 Kg di farine di sardine, acciughe e crostacei. Si stanno studiando soluzioni diverse e come mangimi alternativi si stanno testando farine di insetti, microalghe e farine avicole.
Alessandro Manzoni nel capitolo X del libro I promessi sposi narra di Egidio il giovane che abita a Monza, in una casa attigua al convento della monaca Gertrude, e che vive dedito ad azioni criminali grazie anche all’appoggio di amici potenti.
Egli intraprende con la monaca una torbida relazione clandestina dopo avere visto la giovane suora che passeggiava in un cortile interno del chiostro e dopo che, senza troppi timori, le aveva rivolto la parola.
In seguito i due amanti uccidono una conversa che aveva scoperto la tresca amorosa e ne seppelliscono il corpo facendo credere che sia fuggita attraverso una breccia nel muro dell’orto.
Nel cap. XX lo scrittore rivela anche che Egidio è compagno di scelleratezze dell’ Innominato il quale, per portare a termine l’incarico ricevuto da Don Rodrigo, si rivolge proprio a lui per realizzare il rapimento di Lucia.
Egidio chiede a Gertrude di fare uscire con un pretesto la giovane che si era rifugiata nel monastero e la monaca, pur riluttante e inorridita da tale richiesta, accetta per compiacerlo.
Uno sgherro di Egidio, dopo che Lucia è uscita dal monastero, la precede sulla via e poi finge di chiederle la strada per Monza per consentire ai bravi dell’ Innominato di rapirla. In seguito Egidio non viene più nominato, neppure quando alla fine viene spiegato a Lucia che i delitti di Gertrude sono stati scoperti e che la monaca è stata imprigionata.
Nel romanzo Egidio ha un ruolo importante ma poco sviluppato dal punto di vista narrativo, poiché non pronuncia direttamente neppure una battuta e i suoi dialoghi con Gertrude vengono riassunti in breve dal romanziere che è solito evitare una rappresentazione troppo realistica delle vicende scabrose.
Nel libro Fermo e Lucia, scritto sempre dallo stesso autore, invece la relazione tra lui e la monaca viene descritta con dovizia di dettagli anche riproducendo i dialoghi dei due amanti.
La figura di Egidio è chiaramente ispirata a quella di Gian Paolo Osio giovane scellerato e assassino che ebbe una relazione con suor Virginia Maria de Leyva, al secolo Marianna, (la Gertrude dei Promessi sposi) dalla quale ebbe due figli, prima di farla complice di alcuni delitti.
Paolo Osio abitava a fianco alle mura del convento ed era benestante, sbruffone e dal coltello facile. Suor Virginia l’aveva visto e ammonito un giorno in cui si era messo a parlare con una sorella ma un anno dopo, nel 1597, lo trovò a guardarla dietro le grate di clausura. E allora tutto cambiò e seguirono le lettere, poi le parole e quindi i regali.
La relazione tra il conte e la Signora era sulla bocca del convento, prima, e poi della città. Le suore Benedetta e Ottavia erano le testimoni di quella passione: nella stessa stanza in un letto loro due e nell’altro gli amanti. Osio aveva ottenuto una chiave e un fabbro ne aveva realizzato cinquanta copie, affinché gli scrupoli o la coscienza di suor Virginia non lo chiudessero fuori dal convento.
Virginia resto’ incinta e partorì un primo neonato morto e poi l’8 agosto del l604 la Signora diede alla luce Alma Maria, riconosciuta da Osio quasi due anni dopo. Il convento sapeva e quando Caterina da Meda si lascio’ scappare che le basterebbe una parola, quella parola non pronunciata le risulto’ fatale. Suor Ottavia, suor Benedetta e suor Virginia la fecero rinchiudere nella cella riservata alle punizioni.
Poi Osio, racconteranno al processo, scarico’ sulla testa di Caterina uno, due, tre colpi di bastone. Il corpo venne portato in casa di Gian Paolo Osio e da lì gettato altrove. Un buco nel muro di cinta del convento lasciò intendere che lei se n’era andata.
La relazione tra la Signora e il conte a Monza era sulla bocca di tutti e Osio, pensò di mettere a tacere, definitivamente, quelli che sapevano. Tentò di uccidere Rainero Roncino, il farmacista che aveva pestato per loro in un mortaio qualche alchimia abortiva ed elimino’ il fabbro che aveva copiato per lui le chiavi del convento. Ma troppa gente parlava e Osio fini’ in carcere.
Quando ne uscì un anno dopo Roncino venne ucciso da un colpo di archibugio. Lo scandalo fu enorme e alla fine arrivarono per portare via suor Virginia.
Osio si nascose e convinse suor Ottavia e suor Benedetta a scappare con lui, mentre l’amante stava per andare a processo, dicendo che se lui aveva colpa anche loro non ne avevano di meno. Benedetta sopravvisse quel poco che bastava per testimoniare al processo, dopo essere stata quasi annegata e poi caduta, per il calcio di un archibugio, nelle acque del Lambro.
Ottavia fu spinta nel pozzone di Velate, quando ormai si sentiva al riparo dalla giustizia, in fuga con Gian Paolo Osio per il quale forse aveva pensato di sostituire suor Virginia. Un colpo secco delle mani sul torace, mentre sedeva sulla bocca del pozzo, un volo di trentatré braccia.
Il 30 novembre del 1607 insieme a suor Ottavia tirarono fuori dal pozzone una testa, bionda, in avanzato stato di decomposizione. Quel che restava di Caterina da Meda, la conversa che aveva visto troppo. Egidio venne condannato a morte ma, riuscito a sfuggire alla giustizia, fini’ poi ucciso in casa di un amico in circostanze poco chiare.