Artemisia Gentileschi

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Artemisia Gentileschi e il suo tempo

La pittrice, nata a Roma nel 1593, pagò fino in fondo la necessità di dare voce al proprio talento e di poter esercitare “il diritto di esser libera come un uomo”.
Dal 30 novembre 2016 fino al 7 maggio 2017 nei nuovi spazi espositivi di Palazzo Braschi-Museo di Roma.

E’ una giornata strana

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Si è appena svegliata e aprendo gli occhi dimentica di essere in ferie. Guarda la sveglia, la mette a fuoco, per un istante teme che sia tardi. Poi ricorda. Decide che farà colazione al bar. Si lava, si veste in fretta. È una  giornata strana, il tempo potrebbe cambiare da un momento all’altro.

Ordina il suo caffè, si siede a un tavolo appartato, da cui non distingue le parole degli altri. Solo un fittissimo, uniforme ronzio. Getta un’occhiata distratta al giornale, le sembra di sapere già tutto. Ma quanto sono vecchie queste notizie? Sfoglia veloce, in cerca delle pagine di cronaca. La tazzina resta sospesa a mezz’aria. In una fotografia le è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, il cuore sembra già impazzito. Legge il titolo, sillaba per sillaba. Riguarda lei .

Una donna straziata e sgozzata in un prato desolato con la bocca piena di fili d’erba ed un cane accucciato accanto con la lingua di fuori e gli occhi sgranati e tristi e lei che li guarda con un sorriso  dolce e rassicurante, stretta nel vestitino con i fiori stampati ed intriso di sangue.

Il giornale le cade veloce dalle mani. Non sa di chi sia quel corpo afflosciato trovato ai chiarori dell’alba, non sa soprattutto perché lei sia stata trovata poco distante al cadavere mentre recitava felice  una sconosciuta litania. Che tristi inganni, che miserevoli errori  per vendere un perfido e turpe giornale! Decide di gridare al mondo quella vomitevole infamia e si precipita all’uscita del bar.

Vuole fermare i passanti e raccontare a tutti che lei non sa niente, che i fiumi di inchiostro scorrono sulla carta stampata senza che qualcuno sappia spiegarne la ragione. Il senso delle parole lette è vuoto e bugiardo.

Spinge la porta ma le forze non bastano e la porta non si apre. Torna indietro e cerca un’altra via d’uscita ma non la trova. Le pareti sono troppo bianche, la luce è troppo intensa e  le persone sono troppo indaffarate per prestarle attenzione.

Con le mani tasta una parete e la segue in tutta la lunghezza, poi segue la seconda ed un’altra ancora ma non trova niente, neanche un misero passaggio segreto o una piccola botola che la scaraventi fuori da lì. Riguarda la luce che l’abbaglia dall’alto, stringe i pugni e poi apre le dita lentamente: non c’è niente nelle sue mani, sono pulite e senza alcun odore. E’ sicura di essere proprio innocente.

Sente scrosciare violenta la pioggia fuori sul marciapiede esterno ed  ululare il vento che sbatte contro gli alberi e le case come se tutto dovesse restare sospeso. Ora dentro al bar tutto è silenzio.

Poi stanca si sdraia proprio accanto al banco dove i piattini e le tazzine sporche di caffè giacciono abbandonati tra lo zucchero sottile delle brioches e, immersa in quella atmosfera accecante ed ormai solitaria, lei sorride di nuovo felice e ricomincia a recitare lentamente quella melanconica litania.

Il tempo scorre lentamente. Il cane ora è accucciato al suo fianco e le lecca ritmicamente il volto.Finalmente qualcuno  le sussurra che sua madre è venuta per riportarla di nuovo a casa.

Il magico potere del riordino

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Autrice: Marie Kondo . E’ una specialista giapponese nell”arte del riordino”

Casa Editrice: Vallardi

Quando un’alba sorgerà e ci sorprenderà nella condizione di poter gettare via tutte le carte burocratiche, che conserviamo con apprensione in copiosi faldoni, forse noi saremo ormai tutti androidi o cyborgs.

Quando saremo nella predisposizione d’animo di inginocchiarci sul pavimento di casa per ringraziare tutti gli oggetti, vestiti compresi, di averci servito per tutto il giorno forse, invece, potremmo sognare di essere diventati  un po’ più umani.

Unica zona d’ombra il profondo senso di inadeguatezza e di mancanza di stima personale che è stata la molla per la creazione del “metodo Kondomari”.

Per il resto la lettura del saggio è stata una parziale pulizia virtuale della mente e non smetteremo comunque di ringraziare l’autrice di esistere.

Consigliato: assolutamente sì.

Annodate strisce blu

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Il viottolo tortuoso
si infrange contro il mare,
increspando il costone
di tufo bruno
che, intorpidito,
sonnecchia incardinato
fra il verde degli ulivi
che si affacciano
infastiditi
su quella angusta
ed indolenzita baia rossa.
Il cielo, infuriato,
si incupisce e si
colora annodando
spesse strisce blu
che svolazzano arruffate
e cangianti ad ogni
suo collerico umore.
Poi, travolgendomi,
il cielo mi sbarra il passo
e si sdraia, con dispetto,
mollemente di traverso.
Guardiano sorpreso
a bloccare il tempo
per attutire
un ruvido sobbalzo
ed annullare il sussurro
bisbigliato da
questo triste silenzio.

All’improvviso, in un giorno qualunque

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 Quando mi ha sorriso ho perso la speranza. Non subito. Ma quasi. Riconoscevo  quegli occhi, li avevo già visti troppe volte addosso a facce identiche alla sua. Persino le sue labbra piegate all’insù mi erano familiari. E il tono della voce, quasi incrinato dalla spasmodica ricerca di una personalità che, alla resa dei conti, poteva dirsi originale come l’annuncio di un’offerta speciale ripetuto dagli altoparlanti del supermercato. Ecco, proprio quella era l’unica cosa che le mancava. Un’etichetta con il codice a barre stampata sulla fronte: in alto il prezzo e, subito sotto, le istruzioni per l’uso del corpo. Un corpo talmente abituato a piegare le sue emozioni alla convenienza del momento da conservare ben poco di umano. Anche se non sempre era stato così.

Ricordo ancora quando eravamo piccole e ci trovavamo  a piedi scalzi sul marciapiede sporco e scomposto davanti alle nostre case fatiscenti. Le urla dentro erano tremende ed io la abbracciavo ed affondavo il naso tra i riccioli duri e selvaggi dei suoi capelli odorando anche la speranza che si annidava nella nostra giovinezza. Una volta appoggiò il capo sul mio grembo e mi guardò dal basso verso l’alto per un lungo doloroso istante. I suoi occhi erano impauriti ma limpidi e tersi. Gli occhi di una bambina ingenua che ancora sperava che il domani potesse essere migliore e pieno di gioiose attese.

La ruspa ci  sorprese in un giorno di autunno ventoso e greve. Il vento sollevava i nostri sottili gonnellini mentre i calzettoni, ormai senza più elastico, rimanevano calati sulle caviglie. La guardai a lungo mentre mano nella mano di una signora corpulenta salì su una macchina blu agitando la mano minuta e sporca. Una lacrima si fermò sul solco di un graffio che le attraversava una guancia e poi rotolò di colpo sul mento piccolo e aguzzo mentre mi guardava dal finestrino. “Ciao Lucia,  a presto!” le urlai rincorrendo  per un tratto di strada la macchina che poi voltò a destra in fondo al vialetto facendo turbinare un cumulo di foglie secche.

Ora quando mi ha sorriso ho perso la speranza.  La mia divisa, una delle tante di quel commissariato, non è servita a niente: l’ho indossata perché pensavo che così mi sarebbe stato più facile ritrovarla. L’ho cercata sempre perché dovevo ritrovare anche la mia innocenza. L’ho trovata, mi ha sorriso ed ho perso la  speranza.

 

La Farfalla

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Respingi con violenza

quella vulnerabile pazzia

che si addensa e poi

si insinua morbida ed impetuosa

nelle feritoie della tua

sgarrupata ed avida fantasia.

Sbattila su quell’arido selciato

inaridito dal passaggio

di quelle turbolenti emozioni

che, assetate, hanno assorbito

ogni umido languore ed arginato

il ricordo del tuo selvaggio rancore.

Riscopri quel dimenticato torpore

che, ansimando ritmicamente,

si infrange contro all’indelebile rossore

che tinge le bianche ali

di quella fremente farfalla,

mentr’essa singhiozza contrita

sulla tua fragile e tremante spalla.

Breve storia della vita privata

 

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Autore – Bill Bryson è uno scrittore contemporaneo americano che vive in Inghilterra.

Gruppo Editoriale Mauri Spagnol

Il saggio ripercorre, attraverso occhi molto “americani” e a tratti ironici, il lungo cammino che l’umanità ha affrontato per il raggiungimento dell’attuale benessere materiale.

Il percorso , che rimarca le differenze sociali, è proseguito arrancando o procedendo a grande velocità.

E’ intrigante il colpo d’occhio sul passato che stimola ed alimenta la curiosità per il futuro .

Le immagini dei capelli bruciacchiati sulle fiamme delle candele , i motivi della rivolta dei Sepoy nel 1857 e la difficile definizione del giusto numero dei rebbi nelle fochette evocano atmosfere lontane e così…..infinitamente attuali.

CONSIGLIATO: assolutamente sì.