La danza del sole e la trafittura rituale

La Danza del Sole o Danza guardando il Sole è un rito sacro con cui le tribù indiane, soprattutto delle Grandi praterie, rendono grazie dell’anno trascorso e invocano le forze divine chiedendo protezione e prosperità per tutti gli esseri viventi

È un rituale di purificazione collettiva della durata di quattro giorni ed è basato sul concetto di autosacrificio, della donazione che ogni danzatore fa del proprio corpo e del proprio sangue attraverso il danzare per diversi turni al giorno, digiunando durante i quattro giorni e, soprattutto, l’ultimo giorno sottoponendosi alla trafittura rituale.

Al danzatore vengono infilati due pezzetti di osso di bisonte acuminati dopo che sono state praticate delle incisioni, un tempo con artigli di aquila, sotto la pelle del petto. I due ossi vengono legati a delle funi annodate all’albero sacro posto al centro dello spazio consacrato in cui si svolge il rito e i danzatori si devono liberare tirando le funi e strappando così le proprie carni.

Il dolore è molto forte e spesso i danzatori cadono in una sorta di trance in cui possono ricevere delle visioni. Durante tutta la danza soffiano in un fischietto ricavato da un osso di aquila, alternando fischi ritmati con i passi, che sono quasi come una marcia sul posto, a fischi continui.

Il rito rappresenta un’unione virtuale con lo Spirito solare, dunque con il Grande Spirito. Come il danzatore è attaccato all’albero centrale, per mezzo di strisce di cuoio che simboleggiano i raggi del sole, così l’uomo si ricollega al Cielo tramite il proprio sacrificio. Egli è come un’aquila che vola verso il sole e con il fischietto fatto d’osso d’aquila, produce un suono stridente e lamentoso imitando il volo dell’aquila con le piume che porta nelle mani.

Questo rituale fu osteggiato dai missionari cristiani tanto che poi gli indiani furono costretti a praticarlo in segreto dal 1890 al 1928 a causa della feroce repressione da parte del Governo degli Stati Uniti.

I nativi di oggi ne hanno fatto invece un mezzo di riappropriazione della propria cultura e della propria identità e infatti viene ancora praticato in segreto dalle tribù chiuse nelle riserve.

In quanto esseri umani disponiamo in vita solo del nostro corpo che è l’unica cosa che davvero ci appartiene e il piercing rappresenta un dono che l’uomo fa alla Terra. Da questo non viene misurato il coraggio della persona perché si tratta di un rapporto esclusivo tra l’uomo e il mondo spirituale e per questo non ha importanza per quanto tempo si sopporti il dolore.

Nel passato per le donne non era previsto il piercing rituale in quanto fanno già dono alla Terra attraverso il ciclo mestruale e il parto ma oggi anche loro se vogliono possono farlo sul dorso dell’avambraccio. Non è obbligatorio eseguirlo, è infatti possibile essere un Danzatore del Sole senza mai fare la trafittura.

L’ albero rituale non è adornato ma ricoperto nella parte superiore da preghiere fatte da ritagli di stoffa pieni di tabacco, purificate con la salvia e legati tra loro da una cordicella.

Per la stoffa vengono usati i colori nero, rosso, bianco e il giallo che rappresentano i quattro popoli del mondo, le quattro direzioni e gli elementi. Chiunque può recarsi all’albero per mettervi le proprie preghiere prima che venga issato al centro del cerchio.

Anche i vestiti hanno una valenza rappresentativa e, come ogni accessorio, hanno un preciso significato rituale. La danza è accompagnata per tutta la sua durata da canti e dal suono dei tamburi.

La turchese: la gemma azzurra che sbiadisce al termine di un amore

La turchese è un minerale  di colore azzurro verde che si presenta in noduli o in microcristalli.Sempre opaca o appena traslucida, questa gemma può mostrare un colore azzurro uniforme o con venature brune o nere di limonite che si forma per disfacimento di altri minerali ferrosi dei quali forma il cappello.

Rarissima in cristalli trasparenti, si trova sempre in noduli o masse microcristalline oppure in sottili venature all’interno delle rocce. La sua porosità causa facili alterazioni al colore originario e per questo motivo talvolta si effettuano trattamenti di impregnazione a scopo protettivo.

La turchese si forma in seguito alla circolazione di soluzioni mineralizzanti all’interno di rocce sedimentarie soprattutto arenarie o vulcaniche normalmente fratturate nei giacimenti secondari di rame ma anche in rocce alluminifere ignee o sedimentarie solitamente poste in zone aride.

Questa pietra si altera irreversibilmente a contatto con profumi, unguenti, saponi o sostanze acide ed è una tra le più delicate tra tutte le pietre, un uso scorretto potrebbe farle cambiare il colore.

Il taglio più usato è quello cabochon a superficie curva senza sfaccettature utilizzato per anelli e orecchini e a sfere per collane.

Tra gli svariati oggetti aztechi vi sono varie oggetti rappresentanti serpenti che allontanavano il cielo dagli astri ma la pietra fu usata anche dai Maya dal 2000 a.C, dagli Incas tra il XV ed il XVI secolo e dai navajo.

È stata usata fin dall’antichità come pietra preziosa ed ornamentale e grande importanza ebbe presso gli egizi che la ricavavano dalle miniere della penisola del Sinai. Fra i reperti più antichi in turchese vi sono un bracciale risalente a circa 8000 anni scoperto in a Egitto e un monile con turchesi trovato insieme ad una mummia risalente a 7500 anni fa.

Esiste anche un busto dell’imperatore romano Tiberio conservato al Museo degli argenti di Firenze e altre turchesi sono conservate in Italia nel Tesoro di San Marco a Venezia.

Scaldata in un tubo chiuso, la turchese perde acqua e diventa bruna o nera; inoltre non fonde al cannello e non tinge la fiamma in verde come succede invece nelle imitazioni.

Esistono vari tipi di turchese.

  • Turchese africana. Viene estratto in miniere africane. Il suo colore è sul verde pallido e presenta dei punti neri. In realtà si origina come diaspro, e non come vera turchese.
  • Turchese americana. Proveniente dall’America, di colore celeste acceso.
  • Turchese cinese. Proveniente dalla Cina, estratto dalle aree note come Hubei e Anhui. Di un colore verde mischiato con blu e giallo. Viene trattato, nei suoi strati esterni, con della cera di paraffina.
  • Turchese giallo limone. Cinese, di colore giallo chiaro mischiato a un po’ di verdino. Molto raro.
  • Turchese messicana. Di un celeste acceso, estratto dalle miniere messicane Compitas.
  • Turchese nepalese. Di un celeste un po’ più opaco rispetto agli altri.
  • Turchese persiana.
  • Turchese trattata. Le parti porose della pietra vengono riempite con una sostanza trasparente (di solito paraffina, olio minerale, colore plastico).
  • Turchese stabilizzata. La resina presente viene infusa all’interno dei pori della pietra, in modo che il colore non cambi nel tempo.
  • Turchese Mojave o verde mela. Si tratta di una turchese colorata di un verde acceso.

A 250 °C la turchese diventa verde, opaco, mentre aumentando la temperatura, il minerale perde l’acqua tramutandosi in una pasta vitrea scura.

Secondo gli antichi Egizi, questo minerale era un toccasana contro la cataratta mentre Aristotele riteneva che il veleno delle vipere avrebbe fatto stillare questo minerale. È la pietra dei nati sotto il segno del Sagittario.

Secondo la tradizione, alla turchese si riconoscono proprietà protettive e facilitative della parola e della comunicazione a scapito del conflitto di appartenenza dell’esprimibile. Le si riconoscono anche numerose virtù terapeutiche fra cui la capacità di proteggere dai morsi di serpenti velenosi.

Ispirerebbe anche pensieri elevati e favorirebbe amore profondo e secondo la tradizione questa pietra sbiadisce all’approssimarsi di una disgrazia, specialmente al termine di un amore. Si credeva poi che fosse capace di infondere coraggio in battaglia e di segnalare l’infedeltà diventando nera in caso di adulterio.

È legata al 5º CHAKRA che ha la posizione nella gola, nella metà inferiore del collo e a livello delle clavicole. Il colore è l’azzurro e il significato è la creatività, la comunicazione, la spiccata percezione estetica. I bravi artisti e i musicisti sono persone nelle quali il vishuddha è ben sviluppato. In senso spirituale infatti rappresenta la connessione con l’altrove, l’essere in comunicazione con dimensioni che superano l’umano.

Ti guardo e il sole cresce

Ti guardo e il sole cresce
Presto ricoprirà la nostra giornata
Svegliati cuore e colori in mente
Per dissipare le pene della notte
Ti guardo tutto è spoglio
Fuori le barche hanno poca acqua
Bisogna dire tutto con poche parole
Il mare è freddo senza amore
E’ l’inizio del mondo
Le onde culleranno il cielo
E tu vieni cullata dalle tue lenzuola
Tiri il sonno verso di te
Svegliati che io segua le tue tracce
Ho un corpo per attenderti per seguirti
Dalle porte dell’alba alle porte dell’ombra
Un corpo per passare la mia vita ad amarti
Un corpo per sognare al di fuori del tuo sonno.

Paul Eluard

Gli opali con giochi di colore e senza

L’opale è un minerale costituito da minuscole sferette di biossido di silicio, allineate a formare un reticolo a forma di piramide, che non si presenta in cristalli ma in vene, noduli e croste di vari colori, spesso con iridescenze. Il colore è variabile dal trasparente al bianco latte, con un’infinità di differenti intermedi come il verde, rosso, giallo, marrone, nero. Il contenuto in acqua può arrivare fino al 20%.

È la rifrazione della luce attraverso gli spazi tra le sfere a generare il caratteristico e unico “gioco di colore” dell’opale, lampi di colore che mutano a seconda dell’angolo di osservazione. La cosiddetta “opalescenza” è quindi una leggera luce splendente che scivola sulla superficie della gemma poiché si diffonde tra gli strati sottili della pietra, creando questo effetto. Negli opali senza gioco di colore, le sferette di biossido di silicio sono distribuite in modo più casuale.

L’ opale viene estratto da rocce sedimentarie in quanto la sua formazione avviene mediante lento deposito geologico di un gelcolloidale di silice a bassa temperatura che riempie cavità o venature. L’estrazione nei giacimenti, così come la selezione e la pulizia dell’opale grezzo, vengono eseguiti a mano.

Il 95% degli opali con giochi di colore proviene dall’Australia, il meraviglioso opale di Welo dai colori vivaci viene estratto in Etiopia e grandi giacimenti di opali senza giochi di colore si trovano invece in Brasile, Perù, Messico e Tanzania.

Per molto tempo questa gemma è stata usata come talismano, in grado di portare fortuna e successo a chi la indossasse, gli antichi greci credevano che incarnasse la capacità di prevedere il futuro, mentre per gli antichi romani era il simbolo della speranza e purezza. Gli arabi pensavano che gli opali fossero caduti dal cielo con un fulmine e che per questo potessero proteggere dai fulmini, oltre che conferire l’invisibilità.

Nel sud dell’Australia, l’opale era chiamato “fuoco del deserto” ed era collegato al mito della creazione del mondo. Il creatore sarebbe disceso sulla terra sopra un grande arcobaleno che trasformava tutte le rocce che toccava in opali risplendenti e con i colori dell’arcobaleno. In realtà l’origine dell’Opale è collegata al grande evento geologico che portò all’emersione del “Great Australian Basin”, in un´area un tempo occupata da un vasto mare interno. La maggior parte dei giacimenti di Opale australiano si trova in questo bacino e le gemme sono il prodotto della disgregazione di rocce sedimentarie depositatesi sopra rocce più antiche.

Gli opali che presentano il gioco di colore vengono differenziati tra di loro a seconda della roccia ospitante, detta anche matrice, sulla quale si formano e per la trasparenza e il colore che ne risulta è dato dalla tonalità base sulla quale è visibile il gioco di colore.

L’Opale di Fuoco messicano, è trasparente o traslucido, con nessun gioco di colore, al posto del quale esibisce meravigliose tonalità di arancio, rosso, giallo e anche blu. L’Opale di Fuoco Buriti si estrae in Brasile e incanta con i suoi colori rossi e arancio. L’Opale Peruviano è una rara varietà che esibisce bellissimi blu traslucidi, rosa e verdi, senza gioco di colore. Un´altra varietà senza gioco di colore è l’Opale Giallo e Verde traslucido della Tanzania.

Alcuni esemplari possono rompersi per la perdita di acqua, per questo motivo bisogna proteggere gli Opali dal forte calore e da un ambiente troppo secco. Anche cambiamenti repentini di temperatura possono danneggiare questa gemma.

Barsine la nobile persiana concubina di Alessandro Magno

Barsine (363 a.C? – 309 a. C) è stata la figlia maggiore di Artabazo satrapo di Frigia. Trascorse la sua infanzia col fratello Farnabazo e fu educata da precettori persiani e greci. Nel 355 a.C. Il padre la diede in sposa a Mentore di Rodi, che era lo zio materno ed anche uno dei più famosi generali mercenari di quei tempi, al fine di guadagnarsi la sua protezione.

Forte di questa alleanza, Artabazo si ribellò al re persiano Artaserse III ma venne sconfitto e si rifugiò a Pella dove rimase con la sua famiglia sotto la protezione del re macedone Filippo II fino al 343 a.C.  

Mentore di Rodi portò nel frattempo vittorie per il re persiano che perdonò ad Artabazo la precedente rivolta e gli consentì il ritorno in patria. Riunita a suo marito, Barsine ebbe una figlia ma Mentore morì in battaglia poco dopo nel 340 a. C.

Poco dopo Barsine si risposò col fratello di Mentore, Memnone di Rodi, che era quindi anch’esso suo zio e anche un altro valente generale mercenario, e con lui si reco’ in Troade che Memnone aveva ereditato dal fratello.

Alessandro Magno nel 334 a. C. invase la Persia e riporto’ una grande vittoria nella Battaglia del Granico vicino Troia e il re persiano Dario III per assicurarsi la fedeltà di Memnone, che era stato nominato “comandante supremo dell’Ovest”, fece trasferire Barsine e i figli di Memnone alla sua corte.

Sia Memnone sia Farnabazo ottennero grandi successi contro gli invasori macedoni, prendendo il controllo navale dell’Egeo e quindi dei rifornimenti ma poi Memnone morì nel 333 a.C. durante l’assedio di Mitilene.

Alessandro Magno ebbe poi la grande vittoria di Isso e dopo che anche Damasco fu conquistata dal generale macedone Parmenione nel 333 a.C., Barsine entrò nel seguito del condottiero macedone.

Secondo Plutarco il temperamento mite di Barsine e le grandi affinità culturali, conquistarono Alessandro e presto ella ne diventò la concubina per diversi anni. tanto che nel 327 a.C. nacque il primo figlio del re macedone, Eracle di Macedonia. Poco dopo la nascita del bambino, Alessandro però sposò Rossane bellissima donna figlia di un satrapo persiano e pertanto Barsine si allontanò dalla corte di Alessandro e andò a vivere con suo figlio a Pergamo.

Nel 324 a.C. Alessandro, per favorirne l’integrazione culturale, organizzo’ a Susa la cerimonia delle nozze collettive in cui si unirono in matrimonio almeno 80 coppie di uomini greci e donne persiane e vennero anche legalizzate molte unioni di fatto. In tale occasione Barsine fece sposare la figlia avuta da Mentore con Nearco, un ammiraglio di Alessandro.

Alessandro Magno morì prematuramente nel 323 a.C. e Poliperconte, uno dei Diadochi cioè dei generali successori di Alessandro, tentò di portare sul trono Eracle di Macedonia ma Cassandro, un altro generale,  si oppose all’impresa e convinse Poliperconte a far uccidere Eracle e Barsine. Così morì Barsine e il suo cadavere vere venne occultato nella terra, senza che fosse eretta neanche una pira.

Ho sceso dandoti il braccio

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale