Paris at Night

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Jacques Prévert, nato a Neuilly-sur-la Seine nel 1900 e morto a Omonville nel 1977, è stato un poeta e sceneggiatore francese.
La sua poesia è scritta per essere letta e ciò che esce con prepotenza è il concetto di amore come unica salvezza del mondo, un amore implorato, sofferto, tradito, ma alla fine sempre ricercato.
 
La breve poesia di Prévert “Paris at Night” esprime l’immensa emozione di certi momenti di felicità amorosa e, al tempo stesso, la loro estrema semplicità ed umiltà: tre piccoli fiammiferi bastano a illuminare l’amore.
Prévert la dedica a Parigi che in questi versi viene personificata in una donna,splendida e seducente, resa ancora più affasciante dalla luce fioca dei fiammiferi accesi nel buio della notte.
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Domanda: da quale libro è tratta questa poesia?

La gotta

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La malattia detta gotta è la conseguenza di un eccesso di acido urico nel sangue che provoca infiammazioni alle articolazioni e quindi forti dolori e gonfiore  dovuti dal deposito di cristalli di urato. Le cause sono diverse: un’alimentazione sregolata in cui si eccede con proteine animali e carboidrati, scarsa attività fisica, un periodo di forte stress ma anche ereditarietà a questo genere di problema metabolico.

La gotta è nota fin dall’antichità come la malattia dei ricchi in quanto in passato erano spesso i vizi alimentari e l’eccesso di alcool che la provocavano. Soprattutto i re e i benestanti si ammalavano di gotta in quanto consumavano molta carne e cibi ricchi di proteine animali.

I  sintomi principali della gotta sono il gonfiore a carico delle articolazioni che può comparire e scomparire a seconda dell’andamento della malattia accompagnato da dolori di tipo acuto e sensazione di calore diffuso. Tutto questo può manifestarsi sia di giorno che, soprattutto, di notte causando risvegli molto fastidiosi o addirittura insonnia.

Generalmente le zone del corpo più colpite dalla gotta sono i piedi (in particolare l’alluce), le ginocchia, le mani e i gomiti. In alcuni casi è coinvolta solo una parte in altri invece gonfiori e dolori si manifestano contemporaneamente in più punti e nel giro di poco tempo.

Altri sintomi che possono derivare dalla gotta sono febbre, inappetenza ed eritemi nelle  zone articolari colpite dal problema. Quando la gotta si è ormai cronicizzata si possono creare anche dei  noduli visibili dalla superficie dell’epidermide che altro non sono che grandi depositi di acido urico.

Visto poi l’affaticamento dei reni che tentano di smaltire l’acido urico in eccesso, la gotta porta spesso con sé anche problemi di calcolosi.

In caso di gotta bisogna limitare il più possibile i cibi di origine animale e gli alimenti raffinati privilegiando invece cereali integrali, frutta e verdura fresca e di stagione. Alcuni frutti sono particolarmente utili in quanto tengono a bada l’eccesso di acido urico e hanno potere antinfiammatorio, tra questi ciliegie, amarene e visciole.

E’ importante, per evitare l’insorgenza di calcoli renali e per disintossicare l’organismo  eliminando  l’acido urico, bere molta acqua il più possibile lontano dai pasti.

Domanda: la gotta è difusa fra gli animali?

IX – Oddisseo e Antinoo

 

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Odisseo è sdraiato sotto il portico e si sveglia sentendo Penelope che nella sua angoscia invoca la morte:  ha sognato che lo sposo era accanto a lei nel letto, bello e giovane come al momento della sua partenza. Al mattino i Proci giungono al palazzo; arrivano anche il fedele Eumeo ed il capraio traditore Melanzio, che rinnova i suoi insulti contro il mendicante. Giunge alla reggia anche il saggio bovaro Filezio, che prende le difese dell’ospite.

È ormai ora di pranzo, Telemaco fa sedere il finto mendicante nella grande sala e promette di proteggerlo anche se Antinoo rinnova le sue minacce e Ctesippo scaglia contro il mendicante una zampa di bue.

Interviene una Dea a stravolgere la mente dei Proci, che si abbandonano a un riso folle, mentre le carni imbandite trasudano sangue e i loro occhi si riempiono di lacrime. L’indovino Teoclimeno vede il sinistro prodigio e lo interpreta come un segnale della loro morte imminente; ma Eurimaco lo tratta come un pazzo. Mentre gli altri Proci si abbandonano a insulti e schiamazzi, Telemaco aspetta dal padre il segnale d’inizio della strage.

Odisseo, con un movimento fulmineo, si toglie gli stracci che lo travestivano da mendicante e poi, con inaspettata energia, balza sulla soglia della grande sala e punta una freccia contro Antinoo che si sta divertendo e sta per bere. Odisseo mira alla gola e gli trapassa il collo con la freccia.

Gli altri Proci cercano le armi e  solo allora si accorgono della loro mancanza, abitualmente erano appese alle pareti della sala ma Telemaco e il padre la sera precedente le avevano spostate.

Pensano che lo straniero abbia ucciso per errore e  minacciano di ucciderlo e di lasciarlo  insepolto in pasto agli avvoltoi. Odisseo comincia a rinfacciare ai pretendenti le loro colpe: i Proci con la loro tracotante superbia, lo hanno offeso come marito, perché hanno cercato di prendere il suo posto accanto a Penelope; gli hanno fatto violenza come padre, perché hanno attentato alla vita di suo figlio; lo hanno disprezzato come ospite e padrone della reggia, perché hanno saccheggiato le sue sostanze e hanno spinto all’infedeltà servi e ancelle.

Eurimaco tenta di addossare tutte le responsabilità ad Antinoo e offre a Odisseo un indennizzo collettivo per i cibi e le bevande consumate nella sua casa e una somma come risarcimento del danno morale: i Proci attingeranno al loro patrimonio personale e daranno, ciascuno, un valore equivalente a venti buoi, in metalli preziosi. Odisseo rifiuta e dichiara di voler innanzitutto punire l’arroganza dei Proci; nessuna compensazione materiale potrebbe salvarli. Li invita a combattere già certo che nessuno di loro potrà salvarsi.

Domanda: chi è la Dea che stravolge la mente dei Proci?

Il colera

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Il colera è una malattia infettiva e contagiosa di origine batterica, determinata dal vibrione Vibrio cholerae. Si contrae attraverso l’ingestione di cibo o di acqua contaminati e si manifesta con diarrea abbondante  e dolori addominali. I principali veicoli dell’infezione colerica sono soprattutto l’acqua e gli alimenti da essa contaminati soprattutto vegetali e molluschi.

Il vibrione del colera sopravvive molto bene nelle acque potabili (da 7 a 14 giorni) e nei fiumi (uno o due giorni), mentre è particolarmente sensibile alle elevate temperature.Per inattivarlo è sufficiente far bollire l’acqua per pochi secondi o cuocere con cura gli alimenti.

E’ diffuso in Asia e in Africa ma negli ultimi decenni vi sono state piccole epidemie anche nei paesi industrializzati tra cui l’Italia. Ai confini del Ruanda nel 1994 il colera ha causato la morte di 20.000-50.000 persone, la diffusione della malattia fu favorita dalle condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene dei campi profughi Ruandesi.

In caso di strutture igienico-sanitarie scadenti, questi microrganismi possono inquinare le acque destinate all’alimentazione umana o all’irrigazione, con conseguente contaminazione dei prodotti ortofrutticoli.

Le falde inquinate possono anche raggiungere il mare e trasmettere l’infezione a molluschi come cozze e vongole. Anche le mosche e la manipolazione diretta di alimenti da parte di malati e portatori, favoriscono la diffusione della malattia.

Per tutti questi motivi l’isolamento ospedaliero dei malati è obbligatorio per legge. Penetrato per via orale, il vibrione del colera raggiunge e colonizza l’intestino tenue causando una diarrea acquosa classicamente associata da vomito, crampi muscolari e a volte febbre e sangue nelle feci. Bisogna subito garantire al paziente un elevato apporto di liquidi perchè la notevole perdita di acqua e sali minerali può portare alla morte dell’individuo. La cura del colera non può comunque prescindere da un idoneo trattamento antibiotico, necessario per ridurre la durata dell’infezione ed accelerare il recupero.

La vaccinazione anticolerica non è più obbligatoria da quando, nel 1973, l’OMS ha stabilito che tale pratica non dev’essere richiesta ad alcun viaggiatore. Nello stesso anno, nell’Italia meridionale, si registrò un epidemia di colera in Campania, attribuiti, per lo più, al consumo di frutti di mare infetti.

In caso di epidemia colerica la profilassi si basa sulla somministrazione di vaccini orali di recente commercializzazione e ai fini preventivi, una volta giunti a destinazione in aree a rischio, è buona regola accertare la provenienza dell’acqua destinata all’alimentazione (preferire quella imbottigliata o bollita) e all’igiene personale che, tra l’altro, dev’essere sempre scrupolosa. E’ inoltre necessario consumare alimenti ben cotti (i cibi più a rischio sono i molluschi e le verdure crude) e proteggere la cute dal contatto con insetti capaci di veicolare i vibrioni del colera sugli alimenti.

Domanda: in occasione dell’epidemia in Campania nel 1973 quanti casi e quanti morti vi furono?

L’hammam

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L’hammam è fra i trattamenti di bellezza più diffusi e desiderati. Il rituale dell’hammam consente di fermarsi e prendersi cura di sè purificando corpo e mente. Le proprietà del vapore stimolano, infatti, l’eliminazione delle cellule morte e delle tossine, riattivando la circolazione e rigenerando la pelle, in un percorso multisensoriale che alterna ambienti caldi e freddi tra luci e ombre.

Dopo un passaggio nel Tepidarium, una sala umida dove la temperatura è generalmente di 36°, utile per ambientarsi, segue la pulizia del corpo con il savon noir, questo step definisce infatti proprio la fase purificante. Si passa così al Calidarium (45°) dove la potente azione dell’umidità del vapore favorisce la sudorazione e rende la pelle luminosa. Il bagno di vapore favorisce una notevole perdita di liquidi (ideale per chi soffre di ritenzione idrica).A questo punto è necessario reidratarsi e  infatti in molte  strutture è sempre presente una sala relax con tisane, tè alla menta e frutta.

Ora la pelle è pronta per ricevere il gommage, la fase esfoliante, eseguito energicamente con il guanto di kassa e poi il lavaggio del corpo.S i conclude con l’immersione nel Frigidarium (28°) vasca di acqua fredda che richiude i pori e dal forte effetto tonificante.

Nel mondo arabo inizialmente il rito è intriso di significato religioso, come pratica di purificazione che permette di avvicinarsi ad Allah e poi è rito di benessere e luogo di aggregazione.

Interessante nei paesi arabi e mediorientali, la cerimonia del bagno della sposa che oltre ad essere un rituale estetico e di benessere/purificazione diventa simbolo di uno dei riti di passaggio più importanti quale è il matrimonio, una sorta di addio al nubilato in cui tutte le donne sono al servizio della sposa, il tutto accompagnato da canti e balli tradizionali. Molto belli i disegni floreali applicati sulle mani e piedi della sposa a base di hennè considerato simbolo di buon auspicio e prosperità, la pulizia del corpo prevede anche la tradizionale tecinica di epilazione halawa.

La halawa è una ricetta completamente naturale per preparare una ceretta fai da te secondo la tradizione araba. La preparazione è semplice ma sono necessari alcuni accorgimenti per dosare gli ingredienti ed evitare si scottarsi.

Il necessario è tutto facilmente reperibile nellecase: zucchero e limone, un tegame e un cucchiaio di legno. Le dosi sono quattro tazzine di zucchero e una tazzina di limone da mescolare insieme sul fuoco, eventualmente aggiungendo un pochino d’acqua, fino a che non si ottiene un composto caramellato.

Domanda: come viene chiamato anche l’hammam?

Il testamento

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L’art. 587 del codice civile definisce così il testamento: “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.

Il testamento rappresenta l’unico strumento possibile per poter disporre dei propri beni dopo la morte. Sono quindi prerogative essenziali del fare testamento, garantite dalla legge, la libertà e la revocabilità. E’ un atto personale, non può cioè essere redatto da terzi o da un rappresentante.

La libertà di disporre dei propri beni per testamento è però totale solo in mancanza di familiari prossimi; se invece chi fa testamento ha parenti stretti, può disporre per testamento solo di una parte del proprio patrimonio.

La quota disponibile è quella di cui colui che fa testamento può liberamente disporre, senza alcun vincolo. Il codice civile stabilisce con chiarezza di quali parti un testatore possa liberamente disporre con il proprio testamento e quali debbano invece essere riservate ai legittimari.

Tali quote variano in funzione del tipo di legittimari e del loro numero. Per esempio:

  • Se il testatore lascia unicamente un figlio, questi avrà diritto a metà del patrimonio del padre anche se il padre non volesse lasciargli nulla;
  • Se il testatore lascia il coniuge e due figli, il coniuge avrà diritto ad ¼ del patrimonio e i figli ad ¼ ciascuno; in questo caso la quota disponibile, cioè la parte della quale il testatore può liberamente disporre, sarà il residuo ¼.

Il nostro ordinamento giuridico prevede tre forme ordinarie di testamento, cui poi si aggiungono i cosiddetti testamenti speciali:

IL TESTAMENTO OLOGRAFO: è la forma di testamento più semplice. Per redigerlo è sufficiente scrivere di proprio pugno le disposizioni di ultima volontà su qualunque foglio, datarle e sottoscriverle.

IL TESTAMENTO PUBBLICO: prevede la presenza di un Notaio. Per redigere un testamento pubblico è opportuno recarsi da un Notaio, il quale, alla presenza di due testimoni, metterà per iscritto le volontà dichiarate.

IL TESTAMENTO SEGRETO: è un tipo di disposizione poco frequente. Si tratta di un testamento di cui il Notaio e i testimoni ignorano il contenuto. Alla presenza di due testimoni il Notaio riceve il testamento, che può essere sigillato dal testatore stesso o dal Notaio al momento del ricevimento.

I TESTAMENTI SPECIALI: sono testamenti ai quali si ricorre solo quando non è possibile redigere un testamento ordinario. I testamenti speciali prevedono una semplificazione delle formalità ma la loro validità è limitata.

Domanda: il testamento può essere revocato, si può rinunciare alla revoca?

Grigorij Efimevic Rasputin

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Grigorij Efimevic Rasputin, chiamato in famiglia  Grisha, era nato nel 1871 in un  piccolo villaggio siberiano vicino ai monti Urali. Adolescente, durante un attacco di febbre, ebbe una visione e, secondo le sue parole, gli apparve la Madonna che gli parlò e lo guarì.

Da quel momento Rasputin incominciò ad interessarsi alla religione ed in particolare agli “Starec” monaci e profeti erranti che allora venivano accolti con grande rispetto nei villaggi russi. Sposato a vent’anni dopo la morte del figlio a pochi mesi dalla nascita, cadde in un periodo di depressione dalla quale guarì grazie ad un’altra apparizione della Madonna, che gli ordinò di lasciare tutto e di partire.

Trasformato in Starec, venne a contatto con esponenti di una setta considerata illegale, ma molto popolare in Russia: i Chlisty. Questa setta era  critica nei confronti della Chiesa ortodossa ufficiale accusata di corruzione e decadentismo.

La visione religiosa dei chlisty era molto particolare: l’uomo avrebbe potuto purificarsi dal peccato solo abbandonandovisi totalmente e, attraverso il pentimento che ne sarebbe seguito, ascendere alla catarsi. Fisicità e religiosità si sposavano in questo credo che faceva del rito erotico e delle congiunzioni carnali, anche di gruppo, una delle sue caratteristiche fondamentali.

Lo sguardo intenso e allucinato con qualcosa di magnetico di Rasputin avevano una grande presa sulla gente, le sue parole, nella semplicità di un’analfabeta, erano convincenti e la fama di uomo santo si diffuse e così egli entrò in contatto con le figure più eminenti della chiesa russa e poi, attraverso il mondo dei pope ortodossi, venne accolto nei salotti dell’alta società.

Nel 1905 Rasputin, preceduto dalla fama di guaritore, venne ricevuto al Palazzo degli Zar dove riuscì misteriosamente ad arrestare il flusso di sangue che stava uccidendo il piccolo Alessio, figlio emofilitico dello Zar.

Seguendo la propria filosofia chlisty, si abbandonò ad ogni tipo di piacere, mantenendo però, in presenza della famiglia imperiale, una condotta irreprensibile atteggiandosi a tutore dello zarevic Alessio e suo protettore. I rapporti della polizia segreta sulla sua condotta vennero sempre considerati dallo Zar frutto di maldicenze .

Il monaco, pacifista convinto, cercò di opporsi alla prima Guerra Mondiale e, mentre lo Zar Nicola era al fronte, cercò di manipolare la Zarina Alexandra per portare la Russia alla pace. Con le sue manovre il monaco si fece nemici: la casta militare, l’aristocrazia nazionalista, la destra, ma anche l’opposizione liberale lo accusarono di tradimento a favore della Germania.

Una congiura di nobili decretò la fine di Rasputin che, attratto in una trappola, nella notte fra il 16 ed il 17 dicembre 1916 venne prima avvelenato , poi sparato con un colpo di pistola al cuore, infine abbattuto a randellate ed il suo corpo gettato nella Neva. Sembrava non volesse morire mai.

La zarina Alessandra accolse con disperazione la notizia, ma lo zar Nicola tenne un  atteggiamento tale che, tenuto conto che tra i congiurati c’erano nobili imparentati con la Corona, nessuno venne punito per il delitto.

Quando la notizia della morte di Rasputin si diffuse gli assassini vennero considerati dalla nobiltà eroi che avevano salvato la Russia dall’influenza di Alexandra, di discendenza germanica, e del folle monaco Rasputin.

Invece i contadini considerarono l’omicidio del monaco come l’ennesimo sopruso ai danni del popolo da parte degli aristocratici. La sua morte fu quindi la goccia che fece traboccare il vaso.

A soli tre mesi dalla morte di Rasputin, la famiglia reale fu imprigionata, molti membri furono arrestati e almeno venti fucilati sul posto. Meno di due anni dopo la morte del monaco pazzo, la famiglia reale veniva annientata.

Domanda: cosa significa in russo Rasputin?

I litigi dei bambini

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I bambini litigano spesso: per il possesso di un gioco, per ricevere l’attenzione dell’adulto, per dominare la situazione, per noia, per frustrazione, gelosia, ecc…
Di fronte ad un bambino che litiga si ritengono i genitori non adeguati ma litigare è un comportamento normale. I bambini per loro natura sono oppositivi, spesso in conflitto con coetanei, adulti o fratelli.

A rendere il litigio una opportunità di crescita, dipende soprattutto dall’atteggiamento dei genitori/adulti. In linea generale, in ogni tipo di convivenza è prevista una certa dose di conflitto, e ognuno di noi in base alla propria esperienza vive o ha vissuto diversi momenti di tensione e conflitto.

Ai bambini non si permette di litigare e alle prime avvisaglie di un conflitto, l’adulto-giudice individua subito il colpevole per sgridarlo, in quanto non è ritenuto in grado di poter stare serenamente con gli altri e di rispettare le regole della convivenza.

La cosa importante invece, è poter aiutare i bambini a gestire in modo adeguato i loro conflitti. L’adulto non dovrebbe concentrarsi su come risolvere la situazione. Il “problema” è dei bambini.

I bambini hanno il diritto di litigare e consentirgli di fare anche questo tipo di esperienza, gli sarà utile da adulti nel riconoscere la differenza fra la violenza e la legittima necessità di esprimere le proprie opinioni. Se i bambini imparano a gestire al meglio i loro litigi, saranno in grado da adulti di esporre chiaramente le ragioni alla base dei conflitti e potranno così affrontare in maniera costruttiva le loro eventuali problematiche relazionali.

Una sana litigata, aiuta i bambini a riconoscere se stessi e gli altri, a scoprire i propri limiti, a gestire le proprie forze e a valutare quelle degli altri. Imparano a riconoscere i propri difetti. Capiscono che si può sbagliare e a riconoscere che da un errore si può imparare molto.

Prima di una certa età non si può parlare di atti violenti così come li intendono e percepiscono gli adulti. A metterci in allarme, di solito, è la manifestazione di atti fisici che caratterizzano i conflitti dei bambini. Ma l’uso della forza fisica, serve solo per compensare la difficoltà nel verbalizzare ed esprimere le proprie emozioni e ragioni.

Spesso i litigi tra bambini sono scene veloci e spesso i contendenti si riconciliano in breve tempo. I bambini non portano rancore o sentimenti di vendetta, come invece sono presenti negli adulti. Teniamo sempre a mente che i bambini hanno una capacità innata di fare la pace.

Domanda: prima di quale età non si può parlare di atti violenti da parte dei bambini?

L’affido familiare

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L’affidamento familiare è un intervento temporaneo di aiuto e di sostegno a un minore che proviene da una famiglia che non è in grado di occuparsi in modo sufficiente delle sue necessità. Si tratta di accogliere un minore nella propria casa fino ad amarne tutta la sua storia  e la sua diversità.

I motivi per cui viene generalmente adottato questo provvedimento sono legati ad una malattia, alla detenzione, a motivi di tossicodipendenza, educativi o di molestie sessuali da parte di familiari. L’istituto è regolamentato dalla Legge n.184 1983, come modificata dalla Legge n.149 2001, che prevede anche, in caso non sia possibile procedere all’affidamento familiare, l’affido del minore a comunità cioè in strutture di tipo familiare, come le case famiglia.  La stessa Legge ha decretato la chiusura degli orfanotrofi al 31 dicembre 2006.

Si considera  l’affido come un’esperienza “eccezionale” invece è un’esperienza possibile per qualunque famiglia. Ciò che può sostenere una famiglia nell’affido è la relazione con altre famiglie che vivono la stessa esperienza che può giungere fino all’aiuto concreto nelle scelte quotidiane, anche le più difficili.

L’affidamento può essere consensuale o giudiziale. Nel primo caso la durata è stabilita al massimo in due anni, è rinnovabile dal Tribunale dei Minori ed è un accordo tra servizi sociali, famiglia di origine e famiglia affidataria. L’affidamento giudiziale è invece deciso dal Tribunale e cessa quando vengono meno i presupposti che lo hanno determinato.  In casi speciali dall’affidamento si può passare all’adozione o all’adozione mite che non  recide i rapporti del minore con la famiglia di origine.

Domanda: possono accedere all’affidamento familiare anche i single?

Mehran Karimi Nasseri

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La storia più celebre di persone che hanno vissuto lungo tempo in aeroporto è quella dell’iraniano Mehran Karimi Nasseri che visse all’aeroporto “Charles de Gaulle” di Parigi per 18 anni dopo l’espulsione dal suo paese. L’uomo, nato nel 1942, era stato privato della cittadinanza dell’Iran e cacciato dal paese a 35 anni per essersi opposto allo Scià, l’autoritario leader alleato dell’Occidente prima della Rivoluzione islamica del 1979.

Venne accolto in Belgio poi si spostò illegalmente in Francia dove fu fermato dalla polizia di frontiera a Parigi, in aeroporto, sprovvisto del passaporto  e anche del documento che lo dichiarava un rifugiato politico, mentre stava per andare in Inghilterra. Nasseri si stabilì su una panchina con le poche cose che possedeva, nell’area commerciale del Terminal 1 del “Charles de Gaulle” nell’agosto del 1988. Ci rimase fino al luglio 2006, anche perché né il Belgio, né la Francia, né il Regno Unito volevano prendersi a cuore la sua vicenda.

Le autorità gli permisero di lasciare l’aeroporto al termine di una battaglia legale durata dieci anni e portata avanti da un avvocato che si era interessato a lui. Poi una casa di produzione statunitense  gli pagò circa 300 mila dollari in diritti per usare la sua storia in un film.

Nasseri però continuò a dormire in aeroporto che lasciò con l’aiuto della Croce Rossa francese, a causa di una malattia che non venne mai chiarita e che lo costrinse a un ricovero ospedaliero di qualche settimana. Ma Nasseri, che durante la sua permanenza in aeroporto aveva cambiato il proprio nome in “Sir, Alfred” (la virgola non è un refuso), riuscì poi a scomparire. Nel 2008 venne fuori che viveva in una struttura per senzatetto di Parigi ma da allora  se ne sono perse le tracce.

Domanda: come si chiama il film che narra la sua storia?