L’anima

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E come le persone appartenenti allo stesso gruppo sanguigno sono le uniche che possono donare il loro sangue a chi è vittima di un incidente, così anche un’anima  può soccorrerne un’altra solo se non è diversa da questa, se la sua concezione del mondo  è la stessa, se tra loro esiste una parentela spirituale.

Sandor Mairai

L’albero del viaggiatore simbolo del Madagascar

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L’albero del viaggiatore o palma del viaggiatore (Ravenala madagascariensis), appartenente alla famiglia delle Strelitziaceae, è erroneamente assimilata alle palme ma è in realtà una pianta erbacea ad alto fusto, al pari del banano. È un simbolo del Madagascar e appare, in forma stilizzata, nel logo della compagnia aerea nazionale.

Il fusto è lungo in media 8–10 m e le foglie  sono disposte a ventaglio lungo un unico asse e si inseriscono sul fusto con un lungo picciolo nella cui concavità, rivestita da un guaina, si raccoglie l’acqua piovana. Deve quindi il suo nome al fatto che le sue caratteristiche foglie a ventaglio, la cui base a forma di coppa raccoglie l’acqua piovana, sono utilizzate dai viaggiatori per dissetarsi

I bianchi fiori sono grandi, numerosi, ermafroditi, asimmetrici e protetti da grandi brattee. I frutti sono delle capsule a 6 logge, contenenti numerosi semi e circondati da fibre di colore blu intenso che attirano gli uccelli in modo da favorirne la diffusione. L’ impollinazione  è assicurata dai pipistrelli e dai lemuri. 

La Ravenala (ravinala in lingua malgascia significa “foglie della foresta”) cresce in Madagascar non solo nelle foreste pluviali ma anche in ampie aree recentemente deforestate. Le foglie sono utilizzate inoltre come materiale per la costruzione delle tradizionali abitazioni dei paesi costieri malgasci. Dal fusto si ricava una materia grassa commestibile, simile all’olio di karité.

Questa pianta è presente anche nell’isola di Réunion, nell”isola di Mauritius nonché alle isole Hawaii, dove è stata importata per fini ornamentali per poi diffondersi come specie spontanea.

L’ipnosi clinica e l’inconscio

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L’ipnosi clinica è la modalità naturale di espansione delle capacità umane che facilita il ripristino e l’auto-regolazione delle funzioni neuro-psico-fisiologiche dell’organismo. Lavora con l’inconscio e sfrutta e potenzia i processi naturali di autoriparazione. 

Il cervello umano è plastico, cioè modifica in continuo le reti nervose in base alle esperienze, anche interiori, che facciamo rinforzando le vie più utilizzate che diventano sempre più efficienti. Nuove cellule nervose possono nascere anche in età adulta, costituendo una riserva strategica che l’ipnosi sa  come reclutare.

Infine l’essere umano è una entità psicosomatica e l’ipnosi è la via maestra per lavorare con successo sullo psicosomatico.

Nella sua funzione riparativa l’ipnosi serve a risolvere o aiutare nel trattamento di problemi medici e psicologici come ansia, attacchi di panico (sempre più frequenti tra i giovani), depressione, fobie, disturbi del sistema immunitario, dolore cronico e altri disordini del vivere contemporaneo, come dipendenze da sostanze e nuove dipendenze, sovrappeso e obesità.

Nella sua funzione generativa può servire a potenziare le performance umane a tutte le età, nello sport, agonistico e non, nel lavoro, nello studio, nelle relazioni personali: creatività, processi decisionali, attenzione, sono tutte facoltà che possono avere beneficio.

A livello regolativo, infine, può aiutare le persone a mantenersi in salute, perché le rende capaci, a un certo punto, di autoregolare le funzioni fisiologiche come le emozioni, gli ormoni, l’attività del sistema nervoso, i cicli sonno veglia, specialmente se l’autoipnosi viene imparata da subito e usata come pratica quotidiana che rinforza l’effetto della terapia. 

In ipnosi vi è uno spostamento dell’attività dalle regioni frontali dell’emisfero sinistro alle regioni posteriori dell’emisfero destro rendendoci così capaci di esplorare alternative creative impensabili nello stato ordinario filtrato dagli schemi rigidi della coscienza.

L’elettroencefalografia rileva inoltre il passaggio da una prevalenza di onde beta a onde alfa, tipiche del rilassamento, e theta tipiche del sonno REM e dell’attività onirica. Infine l’orologio interno rallenta come succede nell’amore e nelle esperienze piacevoli e la distorsione temporale è infatti uno degli indicatori più affidabili dell’avvenuta “trance”. 

In generale, i ritmi fisiologici, dal respiro, alle pulsazioni, al rilascio di ormoni, si regolarizzano, con un recupero di energie che è come ricaricare le batterie quando ce n’è bisogno. In stato di ipnosi il corpo rilascia oppioidi endogeni, endorfine, encefaline, anandamide e altre molecole con poteri antidolorifici, ansiolitici e antidepressivi, che sono come farmaci” naturali”. 

Con l’ipnosi molti  trovano finalmente il bandolo della matassa personale senza la necessità di rivangare nel passato alla ricerca delle colpe da attribuire a qualcun altro: semplicemente prendendo dimestichezza con una modalità di funzionamento rigenerativa. L’ipnosi forse funziona bene proprio perché ha a che fare  con il corpo nel suo insieme, mente compresa.

In Francia, Germania, Belgio e Stati Uniti, l’ipnosi è ormai una pratica diffusa negli ospedali perché ha il vantaggio di non avere effetti collaterali, di ridurre l’uso dei farmaci, anche  oppiacei, contro il dolore. 

È stato dimostrato che pazienti oncologici trattati con ipnosi e autoipnosi hanno percepito la metà del dolore e sono vissuti più a lungo rispetto a quelli trattati in modo convenzionale.

In Francia, grazie all’ipnosedazione, che evita l’anestesia generale ai pazienti, la mastectomia è diventata una pratica ambulatoriale nei principali istituti.  

Oggi vi è un’evidenza scientifica considerevole sull’efficacia degli interventi cosiddetti “mente-corpo”, in cui l’ipnosi ha un posto non certo marginale, che può essere di grande beneficio nel trattamento di diversi disturbi, dal dolore cronico all’ansia, dallo stress per le procedure mediche ai sintomi della menopausa, dai disturbi del sonno ai disturbi intestinali.

Alcuni stimano in un 90% circa l’attività cerebrale che avviene quasi all’insaputa della nostra coscienza. Basta notare cosa succede quando vogliamo mettere in atto una decisione presa soltanto a tavolino, quando ci innamoriamo o sentiamo un certo feeling “a pelle” per una determinata persona o situazione.

L’inconscio rappresenta un magazzino di risorse utili alla nostra sopravvivenza in quanto una delle sue funzioni più interessanti è quella protettiva: ci protegge, ad esempio, quando ci fa sentire l’emozione di paura prima ancora che la coscienza riesca a individuare il pericolo, mettendoci in prontezza operativa per reagire, scappando o affrontando la situazione. 

L’ipnosi aiuta a ritrovare in se stessi la propria autonomia vitale, uscendo per sempre da quella condizione dell’esistenza che vuole tutti cronici e bisognosi, relegati in un angolo da cui è sempre più difficile uscire. 

Il bonobo non fa la guerra

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Il bonobo (Pan paniscus) è un primate della famiglia degli ominidi, noto anche come  scimpanzé pigmeo o scimpanzé nano.

È stata riconosciuta come specie distinta dallo scimpanzé Comune nel 1933 e studi genetici successivi hanno stimato una differenza pari allo 0,3% tra i patrimoni genetici delle due specie. 

I bonobo si distinguono dagli scimpanzé comuni per il colore nero di tutto il muso tranne le labbra e i ciuffi di peli alla sommità della testaErano quasi sconosciuti fino a quando, negli anni ’70, una spedizione si recò in Congo per studiarli nel loro habitat naturale.

Le comunità dei bonobo seguono un modello matriarcale favorito dalla tendenza delle femmine ad associarsi fra di loro. Il sesso è parte integrante di tutte le loro relazioni sociali ma nonostante ciò il tasso di riproduzione è piuttosto basso.

Per i bonobo il sesso è la chiave dell’intera vita sociale, il bonobo maschio si eccita sessualmente con estrema facilità e la femmina è quasi sempre sessualmente attraente e attiva.

Fanno sesso per evitare conflitti, per ingraziarsi gli altri membri, per consolarsi, per far pace dopo un litigio, per rilassarsi dopo un’impresa faticosa. Qualunque cosa, compreso il cibo, che risvegli contemporaneamente l’interesse di più di un individuo, tende a sfociare in un contatto sessuale.

Tutto questo potrebbe dare l’impressione di una specie patologicamente iper sessuata, ma gli studi hanno dimostrato che la loro attività sessuale è piuttosto casuale e rilassata.

Tra i bonobo, nessun maschio è sicuro di quali siano i propri figli e  quindi nessuno di loro aggredisce o molesta i piccoli. Maschi e femmine si dividono in piccoli gruppi per andare in cerca di cibo durante il giorno, poi si riuniscono per passare la notte tutti insieme, su rifugi costruiti sugli alberi, in una grande comunità che può contare anche più di cento individui.

Non sono mai stati osservati scontri seri tra gruppi di bonobo in libertà al contrario, sono stati documentati episodi di mescolamento pacifico, che includono sesso e contatti fisici reciproci, tra membri di comunità diverse.

Il fatto che i combattimenti tra gruppi diversi siano veramente rari può essere spiegato proprio dal fatto che la società dei bonobo sembra fondata sui legami tra femmine.

I bonobo maschi rimangono strettamente legati alla madre per tutta la loro vita, rimanendo dipendenti dalla loro protezione anche in caso di scontri con altri maschi. Di conseguenza, i maschi di più alto rango di una comunità di bonobo tendono a essere i figli delle femmine più autorevoli.

Sono anche creativi nel gioco e adorano giocare a mosca cieca: uno di loro si copre gli occhi con foglie di banano, o con un braccio, scontrandosi con gli altri e non può guardare fino a che non perde completamente l’equilibrio.

Si esprimono per mezzo di espressioni facciali e di gesti delle mani, molti dei quali sono presenti anche nella comunicazione non verbale degli umani. Per esempio per chiedere cibo stendono la mano aperta  (qualche volta il piede!) e fanno il broncio emettendo suoni piagnucolosi se la richiesta viene ignorata.

Dato che il bonobo condivide con gli uomini più del 98 per cento del patrimonio genetico è molto più vicino a noi di quanto, ad esempio, la volpe sia simile al cane.

L’unica minaccia che incombe su questa specie sono proprio gli uomini: bracconaggio e deforestazione selvaggia minacciano l’habitat dei bonobo, ridotti ormai a poche migliaia, e come tutte le altre grandi scimmie antropomorfe è a rischio di estinzione.

 

Le fate del bosco

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Anche quell’anno in primavera

le fate del bosco fecero fiorire

le primule che si trovarono, così,

abbracciate alle odorose verbene

ed all’edera sfrontata e vigorosa.

E quello stesso giorno il sole

riprese a vegliare su di te e raccolse

nella sua luce il tuo sconforto.

Lo trasportò lontano oltre

le terre infuocate, attraversando

la barriera di quelle ombre bizzarre

che si accatastavano scomposte

lungo i pontili scardinati di quel

maleodorante ed ombreggiato porto.

E fu un’aurora ardente

quella che capovolse il sole

ed albeggiò inebetita e luminosa

circondando ed intrecciando,

con puntiglio, la tua chioma

morbida e scontrosa.

Il primo matrimonio gay spagnolo

Si erano conosciute durante un corso per diventare insegnanti a Coruña e si innamorano ma la loro relazione non era accettata dalla famiglia di Marcela che la fece trasferire  a Madrid.

Riuscirono a ricongiungersi quando iniziarono a  lavorare nelle scuole di due paesi confinanti ma la loro unione diventò però presto di dominio pubblico ed il paese cominciò ad avere atteggiamenti di intolleranza nei loro confronti.

Marcela raccontò allora a tutti di aver litigato con Elisa e disse di essere rimasta incinta di un uomo chiamato Mario che aveva  intenzione di sposare. Poi organizzò il matrimonio con quest’uomo, che diceva fosse il cugino di Eliza, cresciuto a Londra da famiglia atea.

Non avendo pertanto ricevuto il battesimo, Mario nello stesso giorno ricevette due sacramenti: battesimo e matrimonio. All’altare si presentò un uomo longilineo, dai capelli corti e con un accenno di baffi e così Marcela e Mario si sposarono. Mario, in realtà, era Elisa travestita da uomo.

Ma sul giornale La Voz de Galicia, pochi giorni dopo, uscì un articolo intitolato «Un matrimonio senza lo sposo» e le due donne furono costrette a trasferirsi in Portogallo dove Marcela partorì una bambina.

Nel frattempo in Spagna fu emesso un ordine di estradizione, ma il matrimonio non venne comunque annullato. Le due donne, prima di subire il processo, riuscirono a scappare a Buenos Aires in Argentina.  Da qui le notizie su di loro diventarono scarse e parlarono del matrimonio di Elisa con un vecchio danese e poi del suo suicidio nel 1909 a Veracruz in Messico.

Boudica la prima regina d’Inghilterra

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La regina Boudica (Vittoria), chiamata anche Boudicca, Budiga o Boadicea, fu descritta così da Dione Cassio nella “Storia romana”:

Era di statura imponente, dall’aspetto terribile, di sguardo lampeggiante ferocissimo e di voce glaciale; una gran massa di capelli fulvi le calava sulle spalle; intorno alla sua gola c’era una grossa collana d’oro e indossava una tunica di vari colori con sopra un mantello fermato da una fibbia. Questo era il suo invariabile abbigliamento

Indossava quindi il torquis la pesante collana Celtica, considerata simbolo di nobiltà e del legame con l’aldilà, e coraggiosa e fiera incitava gli uomini alla battaglia, spostandosi  sul carro. 

Nel 43 gli Iceni abitanti dell’Inghilterra orientale e alleati con Roma, si rivoltarono quando il proconsole Publio Ostorio Scapula ordinò il disarmo totale della tribù a causa di diverse ribellioni scoppiate sull’isola.

Gli Iceni si coalizzarono con altre tribù vicine, tuttavia furono sconfitti e il re Antedio fu deposto e sostituito da un re filo-romano Prasutagus anche se la tribù mantenne la propria indipendenza.

Boudica era la sposa di Prasutagus e quando egli morì  nel 60 d.C., senza eredi maschi, lasciò tutte le sue ricchezze alle due figlie e all’imperatore Nerone, sperando, così, di ottenere protezione per la sua famiglia. 

Come racconto’ lo storico latino Tacito negli “Annali”, i Romani invece, per annettersi il regno, occuparono e saccheggiarono i suoi territori ed umiliarono la sua famiglia, picchiando la moglie e stuprando le figlie. Fu allora che Boudica si armò contro gli invasori.

Desiderosa di giustizia, per lavare l’oltraggio subito, ed anche per ribellione contro le continue vessazioni dei Romani, Boudica organizzò un grande esercito, con il quale riuscì a cacciare i nemici da Camulodunum (Colchester) e a riprendersi  Londinium (Londra) e Verulanium (St. Albans).

Ben presto, però, i Romani si riorganizzarono e riconquistarono il suo regno, falcidiando 80.000 dei 100.000 britannici mentre loro, invece,  persero solo 400 uomini su 1.200. Costretta ad arrendersi, fu condotta in carcere, ma qui, pur di non sottomettersi ai nemici, si uccise,  ingerendo del veleno. 

La mitica regina guerriera viene considerata oggi nei libri scolastici  inglesi  una delle eroine della patria e riconosciuta come la prima regina d’Inghilterra. 

E’ immortalata trionfante, insieme alle figlie, mentre  guida il  suo carro da guerra, in una statua in bronzo, eretta nel 1902 e opera dello scultore Thomas Thorneycroft, che si trova sul Tamigi, a Londra, ai piedi del  Big-Ben, all’estremità nord del ponte di Westminster,

 Nel 2004, nei dintorni di Hunstanton, a Norfolk, è stato ritrovata la seconda parte (la prima era stata ritrovata 40 anni prima) di una collana che gli storici ritengono appartenuta proprio a lei