
La regione ucraina della Zaporizhzhia, che vuol dire oltre le rapide in riferimento al fiume Dnepr, sede peraltro di una delle centrali nucleari, è di fatto, insieme alle rive del Don in Russia, la culla dei cosacchi. L’inno nazionale ucraino infatti dice: «Mostreremo, fratelli, che siamo la nazione cosacca». Mito russo per eccellenza e mito letterario per Gogol e Tolstoj, i cosacchi hanno in realtà un ruolo molto più importante nell’identità ucraina che in quella russa.
I cosacchi erano una popolazione seminomade di diversa provenienza che si muoveva a suo piacimento nelle immense pianure a Nord di Mar Nero e Mar Caspio e costituivano una comunità autonoma di guerrieri, a cui si univano avventurieri e servi della gleba in fuga, che eleggeva democraticamente il loro capo, l’atamano o etmano, dal tedesco Hauptmann. Tutte le cariche erano di norma elettive e le questioni più rilevanti erano affrontate dall’assemblea della comunità (krug) secondo principi di uguaglianza e autonomia assoluta.
Il loro abbigliamento era costituito da un caffettano o dalla čerkessa, tunica lunga con le cartuccere. Il loro armamento tradizionale comprendeva un pugnale ricurvo, la sciabola e la frusta. Maneggiavano una lancia molto lunga e la loro preparazione militare prevedeva anche una danza chiamata hopak che eseguivano accovacciati, a braccia conserte. Il loro grido di battaglia era Gu-Rai! (Verso la beatitudine del cielo!) da cui si pensa derivi il grido di battaglia urrà, diffuso nel mondo dai soldati della prima guerra mondiale che l’avrebbero udito al fronte dai cosacchi.
Originario della Zaporizhzhia è il cosacco più famoso della letteratura: Taras Bulba, creato dall’ucraino russificato Nicolaj Gogol e reso famoso dal film degli anni Sessanta «Taras Il Magnifico» interpretato da Yul Brynner e Tony Curtis. La violenza è tra gli elementi più caratteristici della storia cosacca ma quando Hollywood decise di produrre questo film prese come spunto la trama del libro ma cambiò i toni e il finale, inventando un lieto fine più adatto ai gusti del pubblico cinematografico di quel periodo.
Tra cosacchi russi e ucraini vi è però una grande differenza: i primi non riuscirono mai ad esprimere la propria indipendenza politica rispetto alla potenza degli zar mentre i secondi, almeno dal XIV al XVII, rimasero autonomi e grazie alle capacità dei loro atamani si giostrarono tra le grandi potenze dell’epoca: il nascente impero russo, il regno polacco-lituano, il Khanato della Crimea, erede delle orde di Gengis Khan, il Sultano di Costantinopoli.
Alleandosi a volte con gli uni a volte con gli altri, i cosacchi ucraini riuscirono infatti alla metà del XVII secolo a creare una specie di stato indipendente e nel 1654 a firmare un trattato con lo zar fino a quando nel 1775, Caterina di Russia fece distruggere definitivamente la Zaporizhzhia.
Alla fine dell’800, lo storico ucraino Mykhailo Hrushevsky ha dichiarato che i cosacchi, liberi guerrieri della steppa selvaggia, sono i predecessori dell’Ucraina moderna e rappresentano uno dei simboli dell’identità ucraina. Ed infatti quando tra il 2013 e il 2014 a Kiev è esplosa la protesta di EuroMaidan (EuroPiazza) contro il presidente filo-russo Yanukovich, i manifestanti accampati per settimane in piazza si sono organizzati secondo le antiche usanze cosacche: hanno formano una starshina, cioè un consiglio dei capi, si sono divisi in sòtni o centurie alla cui guida vi era un sòtnik cioè un leader dal nome cosacco.
Il potere in Ucraina ha quindi all’origine un rapporto di tipo contrattuale in quanto i guerrieri cosacchi si accordavano ed eleggevano democraticamente i propri leader in cambio del riconoscimento dei propri diritti e delle proprie libertà. Di questa mentalità cosacca, anarchica e insofferente all’autorità, sono testimonianza le molte ribellioni che li hanno visti contrapporsi al potere dello zar.
Chiedeva la liberazione dei servi della gleba Emel’jan Ivanovic Pugacëv, immortalato nella Figlia del capitano di Pushkin, che tra il 1773 e il 1775 sotto il regno di Caterina II, capeggiò la più grande rivolta contadina della storia zarista andando incontro ad una morte orrenda tra atroci sofferenze.
Tipicamente cosacco è anche il gusto della sfida e della beffa. Il quadro di Il’ia Repin, il più noto tra i realisti russi della seconda metà dell’Ottocento, intitolato «I cosacchi della Zaporozhzhia scrivono una lettera al Sultano» racconta un episodio leggendario. A metà del XVII secolo, durante una delle periodiche guerre russo-turche, il Sultano aveva chiesto agli avversari cosacchi di sottomettersi e loro gli avevano risposto imitando lo stile aulico delle missive ufficiali arricchito di beffardi e sanguinosi insulti.
Lo stesso gusto per l’impudente coraggio si è visto nell’episodio recente dell’Isola dei serpenti, quando una sparuta pattuglia di ucraini ha risposto con insulti alla nave russa che li invitava ad arrendersi. E il francobollo commemorativo dell’evento, che rappresenta un soldato che alza il dito medio alla nave russa ritratta sullo sfondo, è letteralmente andato a ruba nel Paese.
Oggi il mito dei cosacchi viene sbandierato da entrambe le parti impegnate nell’attuale conflitto e se gli ucraini ne rivendicano origini e valori, i russi con una legge del 2005 hanno ricreato una milizia paramilitare ispirata al passato. Secondo l’associazione che li rappresenta «L’Unione delle forze cosacche», 5mila tra loro, cittadini ucraini, hanno già combattuto per le milizie separatiste in Donbass a partire dal 2014.
Altri 30mila provenienti dalla Russia li hanno affiancati e tutti i loro morti sono stati sepolti in Ucraina perchè, come ha dichiarato Viktor Vodolatsky deputato della Duma di Mosca ed ex atamano, volevano riposare nella terra dei loro antenati.
Custodi delle tradizioni e legatissimi alla religione ortodossa i Cosacchi russi sono stati nel tempo impiegati come cavalleria specializzata dagli zar, fuori legge ai tempi del comunismo e rinati con la perestroika. Negli anni Novanta sono stati inviati nelle aree ribelli e spesso vengono impiegati con compiti di ordine pubblico. Hanno contribuito così a soffocare le proteste dei seguaci di Alexey Navalny e sono stati mobilitati in gran numero per il referendum in Crimea sull’annessione alla Russia. Secondo gli ucraini a loro era stato affidato il compito di picchiare e mettere in galera chi protestava.