I nutrienti frutti dell’ albero del pane

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L’albero del pane, conosciuto anche con il nome di Ulu, fa parte della famiglia delle Moracee, piante che crescono spontanee nell’Asia tropicale e in Oceania.

Questa pianta da frutto può raggiungere un’altezza di 25 metri. Il fusto è ricoperto da una corteccia marrone chiaro e i rami producono una chioma espansa, con belle foglie lobate e di colore verde lucido.
fiori di questa pianta si distinguono in maschili (gialli e riuniti a grappolo) e femminili (di colore verde e riuniti in infiorescenze globose). 
Il frutto, anche detto panfrutto o panassa, ha la forma di un piccolo melone con una buccia verde coriacea e rugosa ed una polpa quasi interamente bianca; cresce da un peduncolo che si sviluppa sul ramo. Di solito il frutto maturo pesa all’incirca un chilo anche se raramente può raggiungere i cinque chilogrammi. semi contenuti all’interno sono anch’essi commestibili.
Questi frutti sono particolarmente nutrienti essendo ricchi di carboidrati, vitamine e sali minerali. Possono essere consumati arrostiti, bolliti o fritti; inoltre vengono utilizzati per produrre una farina perfetta per i dolci.

Il frutto dell’albero del pane (Artocarpus altilis) ha un  diametro  di almeno 10 centimetri, la forma è tonda o leggermente allungata. Il suo nome deriva dal sapore, che non ricorda per nulla quello di un frutto, ma che sembra più vicino al gusto del pane appena sfornato o delle patate.

In Italia è molto complicato coltivare questa pianta per via delle condizioni climatiche. Tuttavia all’interno di serre e ambienti controllati molto grandi è possibile farla crescere ricreando il clima caldo e umido tipico dei paesi tropicali.
L’albero del pane si moltiplica per semina. Quando le piante sono abbastanza resistenti si trapiantano a dimora in piena terra in una buca profonda distanziandole almeno 10 metri l’uno dall’altro e poi iniziano a dare i frutti dopo 4 anni. 

La depressione

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La depressione può uccidere, sia chi ne soffre, sia chi gli sta accanto. Ma per chi trova la forza e la capacità di scendere all’inferno e guardare in faccia il “male oscuro” (nella celebre definizione di Giuseppe Berto), di sciogliere con pazienza ed intelligenza tutti i nodi della sua psiche, di affrontare con tenacia i fallimenti, il premio è l’acquisizione di una nuova consapevolezza. La lotta alla depressione è una gloriosa lotta di liberazione di sé stessi e delle proprie potenzialità, un meraviglioso seppur doloroso viaggio nella propria interiorità alla scoperta del proprio valore e della propria forza.
(Vittorino Andreoli)

Criseide o Astinome preda di guerra degli Achei

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La giovane Astinome, chiamata anche Criseide in quanto figlia di Crise, è la moglie di Eezione re di Lirnesso e viene catturata da Achille, insieme e ad altre donne, come preda di guerra degli Achei durante  il loro viaggio di andata a Troia.

Nel primo libro dell’Iliade il padre, sacerdote di Apollo, chiede ad Agamennone, al quale era stata assegnata come schiava, la restituzione della figlia Criseide. 

Per averla indietro Crise offre ad Agamennone un riscatto, ma questi caccia il sacerdote dal campo acheo, dichiarando che la fanciulla avrebbe finito i suoi giorni come schiava ad Argo.

Crise chiede allora aiuto ad Apollo e il dio, per vendicare l’offesa fatta al suo sacerdote, scaglia dal cielo una pioggia di frecce che provocarono una pestilenza fra i guerrieri achei.

I capi achei consultano l’indovino Calcante e costringono Agamennone a restituire Criseide al padre al fine di far cessare la pestilenza. Egli allora in cambio pretende però di avere Briseide che era diventata invece schiava di Achille. 

Questo atto offende il guerriero Achille tanto da indurlo a rifiutarsi di proseguire la guerra contro Troia fino a che Agamennone, alla fine, è costretto a cedere e a restituirgli Briseide.

Questi episodi testimoniano che la schiava veniva trattata come una cosa ed era considerata come un vero bottino di guerra. Alla donna, l’opportunità degli uomini di diventare eroi, non era consentita ed ella esisteva in quanto compagna di un uomo.

In guerra le donne sono il bottino da conquistare e sono più preziose quanto di maggior rango sociale. Il rispetto che le è concesso è legato alla parentela con un uomo: madri, spose, sorelle di eroi, quando questi sono morti in campo, non hanno più difese da opporre ad un destino di schiavitù.

La virtù delle donne è particolarmente incentrata su attività più manuali, come la filatura al telaio, la preghiera e la protezione dei beni del padrone di casa, compresi i figli generati con lui.

C’è un limite al dolore

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C’è un limite al dolore
in quel limite un caro conforto
un’improvvisa rinunzia al dolore.
Il pianista cerca un fiore nel buio
e lo trova, un fiore che non si vede
…e ne canta la certezza.
Il gioco è questo: cercare nel buio
qualcosa che non c’è e trovarlo

Ennio Flaiano

Filippo II re Macedonia e i suoi amanti

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Nel 359 a. C. Filippo II divenne re di Macedonia ereditando però un regno diviso e sull’orlo del disfacimento perché pressato dalle vicine tribù dell’ Illiria e della Tracia.

Ma in vent’anni egli riuscì ad unificare la Macedonia, rafforzare le frontiere nei Balcani ed ampliare i domini a sud ai confini di Sparta anche attraverso i suoi matrimoni con principesse dei regni rivali. Da Olimpiade, principessa dell’Epiro con la quale rimase sposato per vent’anni, aveva avuto i figli Alessandro e Cleopatra. 

Nel 338 a. C. Filippo fondò la Lega di Corinto che raccoglieva molte città-stato greche con il progetto di conquistare l’ Impero persiano. A quarant’anni decise di sposare Cleopatra Euridice, una giovane e nobile macedone, ma durante il banchetto di nozze Attalo, zio della sposa, auguro’ a Filippo di avere finalmente un legittimo erede al trono di puro sangue macedone.

Alessandro gli tiro’ una coppa in faccia dicendo di non essere un bastardo e Filippo si lanciò con la spada contro il figlio ma era ubriaco per cui inciampo’ e cadde a terra.

Alessandro dopo le  nuove nozze del padre portò la madre Olimpiade in Epiro dove regnava il fratello di lei Alessandro il Molosso. Allora nel 336 a. C. Filippo II, per smorzare la possibile influenza di Olimpiade sul fratello, concordo’ il matrimonio della loro figlia Cleopatra con lo zio Alessandro.

Gli ambasciatori delle città greche si recarono al matrimonio a Ege ma quando nel teatro Filippo avanzò solo e disarmato sul proscenio per rivolgere un discorso al pubblico, prima di sedersi sul trono e di presiedere alla cerimonia, Pausania di Orestiade, membro della guardia reale, gli affondò una corta daga celtica nel petto.

Pausania scappò a cavallo ma un suo sandalo si impiglio’ in una vite, egli cadde al suolo e fu ucciso dalle lance dei soldati per cui non si conoscono con esattezza i motivi e gli eventuali mandanti dell’omicidio.

Filippo da giovane aveva vissuto a Tebe dove esisteva il Battaglione sacro formato da coppie di soldati – amanti che si proteggevano a vicenda. Pausania era stato amante di Filippo ma poi era stato scalzato nel cuore del re da un amico di Attalo di nome sempre Pausania che, accusato dal primo di essere un ermafrodita, si fece uccidere in battaglia proteggendo Filippo.

Attalo per vendicare l’amico disonoro’ Pausania facendolo violentare per una notte intera dai suoi stallieri. Pausania chiese vendetta a Filippo che però si limitò a risarcirlo con doni e facendolo diventare membro della guardia personale e a mandare Attalo in Asia a dirigere i preparativi per l’invasione dell’impero persiano.

Secondo alcuni dietro al regicidio, oltre al desiderio di Pausania di riscattare il suo onore, vi fu anche la mano di Olimpiade e forse il coinvolgimento di Alessandro. Sta di fatto che improvvisamente a  22 anni Alessandro divenne re della Macedonia, si sbarazzo’ di tutti i suoi avversari politici interni, compresi Attalo e Cleopatra Euridice, e cambiò il corso della storia.

Il patriota Giuseppe Fortunino Verdi

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Giuseppe Fortunino Verdi nacque nel 1813 a Le Roncole, a metà fra Milano e Modena, e l’atto di nascita fu redatto in francese dato che Busseto faceva allora parte dell’Impero Napoleonico.
Il primo strumento che Verdi suonò fu una spinetta ma ben presto il suo talento venne notato da Pietro Baistrocchi, organista della chiesa  dove Verdi era chierichetto, che lo indirizzò gratuitamente verso lo studio della musica e dell’organo.
Verdi con l’aiuto di Antonio Barezzi, un negoziante amante della musica che  divenne suo benefattore,  pur rifiutato dal Conservatorio milanese che oggi porta il suo nome, continuò gli studi come allievo di Vincenzo Lavigna, maestro alla Scala.
Nel 1836 sposò Margherita, la ventiduenne figlia di Barezzi e nel 1839 venne finalmente rappresentata alla Scala la prima opera, l’Oberto, Conte di San Bonifacio che ebbe un discreto successo. 
Nell’arco di tre anni, morirono i figli Virginia Maria e Icilio entrambi di pochi mesi e infine la loro madre, Margherita. Il 9 marzo 1842, mise in scena il Nabucco al Teatro alla Scala e il successo trionfale e il Va, pensiero che diventò l’inno del popolo italiano, oppresso dagli austriaci. 
La cantante Giuseppina Strepponi conobbe Giuseppe Verdi dopo la morte della prima moglie di lui e dei figli quando Verdi era chiuso emotivamente ai sentimenti e lei, percepita la genialità del compositore, l’ aveva segnalato ai suoi impresari.
Dopo il successo del Nabucco, Verdi andò a Parigi, e lei gli fece conoscere l’ opera parigina. Tra i due nacque un sentimento ma quando andarono a vivere a Busseto, la coppia fu contestata perché non erano sposati e inoltre la Strepponi aveva già avuto tre figli da due uomini diversi e allora si trasferirono a Villa Sant’ Agata. 
Dalla loro unione non nacquero figli ma essi si presero cura, adottandola, di Filomena una bambina parente del compositore. Ad un certo punto si inseri nel loro rapporto Teresa Stolz, cantante boema ed incominciò una storia a tre tanto che la Stolz andò ad abitare con la coppia per sempre.
Le opere del Maestro erano legate a schemi passati della tradizione lirica facente capo a Rossini, Bellini e Donizzetti. Nonostante questo I Lombardi alla prima crociataLa battaglia di LegnanoGiovanna d’Arco, e I masnadieri furono opere di successo.
Ernani (1843), tratto dal dramma di Victor Hugo, e Macbeth (1843) con il loro approfondimento psicologico dei personaggi trasportano la produzione di Verdi nella fase della maturità la cui massima espressione è la trilogia popolare rappresentata da Rigoletto (Venezia, 1851), Il trovatore (Roma, 1853) e La traviata (Venezia, 1853).
In particolare in Rigoletto dove un buffone di corte, un emarginato è protagonista di un dramma e molte donne possono rispecchiarsi nella situazione di subalternità in cui versano i personaggi femminili.
Nel 1842 il Va, pensiero del Nabucco, atto di accusa degli ebrei contro la dominazione straniera, fu letto in chiave anti-austrica anche perché Verdi fu sostenitore dei moti risorgimentali e durante l’occupazione austriaca la scritta “Viva V.E.R.D.I.” era letta come “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”.
Il Cigno di Busseto fu parlamentare del Regno d’Italia (1861-1865) e poi senatore dal 1874. Ismail Pashà, il kadivè d’Egitto aveva invano tentato di ottenere da Verdi un inno per l’inaugurazione del Canale di Suez. Tuttavia il compositore accettò più tardi l’invito a comporre musica per l’inaugurazione del teatro del Cairo.
Lì nel 1871 risuonaro trionfali le note di Celeste Aida e della marcia Gloria all’EgittoDopo l’Aida Verdi si ritirò a vita privata e morì a Milano nel  1901, a 87 anni. Volle una cerimonia semplice senza musica. Nei giorni di agonia le strade circostanti vennero cosparse di paglia affinché lo scalpitio dei cavalli e il rumore delle carrozze non ne disturbassero il riposo.
Undicimila persone seguirono il feretro e venne sepolto con la moglie a Milano presso la Casa di Riposo per i Musicisti che lui stesso aveva istituito. 

Giacomo Puccini, innamorato dell’amore

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Giacomo Puccini  nacque nel 1858 a Lucca da una famiglia di musicisti e compositori. Il padre gli insegnò a suonare a cinque anni appoggiando sui tasti dell’organo monetine di rame che Giacomo correva a raccogliere.

Il padre morì a soli 52 anni e Giacomo proseguì gli studi nell’ Istituto musicale di Lucca fino a quando nel 1876 vide l’Aida a Pisa e decise di dedicarsi agli studi operistici.

La madre allora, per consentirgli di proseguire gli studi al Conservatorio di Milano, chiese aiuto alla regina Margherita che gli fece avere una borsa di studio di cento lire al mese che gli consentì di diplomarsi in composizione.

Nel 1884 andò in scena la sua prima opera” Le Villi” che riscosse un grande successo di pubblico e di critica, la sua seconda opera però non piacque ma l’editore Giulio Ricordi gli volle dare un’altra opportunità.

Il successo ritornò con l’Opera Manon Lescaut rappresentata al teatro Regio di Torino nel 1893. Da allora le sue opere vennero acclamate nei teatri più prestigiosi del mondo tanto che Puccini fu definito il più grande compositore del Novecento. 

Nel 1896 sempre al Regio di Torino rappresentò la Boheme,  nel 1900 la Tosca al Costanzi di Roma e Madame Butterfly nel 1904 alla Scala di Milano dove fu però fischiata forse a causa delle gelosie che Puccini suscitava.

I compositori infatti apparivano spesso spettinati, poco curati nel vestire e nei modi mentre Puccini era elegante e raffinato. Le donne erano affascinate dalla sua musica e dal suo aspetto fisico e lui amava le donne ed era innamorato dell’amore.

Era però un uomo schivo che non amava la folla, timido, dolce ed affettuoso che preferiva la compagnia degli amici più cari, campagnoli schietti ed onesti.

A Torre del lago, vicino a Lucca, componeva lontano da tutti, sognava e godeva di meravigliosi tramonti sul lago. Nel 1884 conobbe lì Elvira Bonturi, moglie di un droghiere di Lucca, che aveva due figli e si innamorò perdutamente di lei.

Elvira lasciò il marito ed il figlio e si trasferì da Puccini portando la figlia Fosca che egli amò come fosse propria, poi nel 1886 ebbero insieme l’unico figlio Antonio.

Sposò Elvira nel 1904 nonostante ella fosse gelosa, irascibile e a volte violenta tanto che nel 1909 la loro domestica Doria, dolce e sensibile, si suicido’ perché accusata pubblicamente di essere l’amante di suo marito.

Questa triste vicenda incise molto sullo stato d’animo di Puccini incrinando il rapporto con sua moglie anche se continuò a restarle accanto. Ebbe inoltre altre storie extraconiugali ed amò  con passione Corinna, una studentessa torinese, ed ebbe un rapporto profondo e romantico con la baronessa austriaca  Josephine.

Puccini per comporre aveva bisogno di provare forti sentimenti d’amore e cercava “piccoli giardini” per poter regalare al pubblico musica viva ed appassionata.

Dopo la prima guerra mondiale lo stile musicale stava cambiando ed il pubblico desiderava storie e musiche meno appassionate e con Turandot, la gelida principessa che si trasforma per amore, Puccini riuscì ad essere più innovativo.

Il periodo della composizione di Turandot coincise però con l’aggravamento delle condizioni fisiche del Maestro, fumatore incallito, che si sottopose ad un intervento a Bruxelles per togliersi un papilloma letale sotto l’epiglottide. I medici non riuscirono a salvargli la vita e Puccini morì nel 1924 a soli 66 anni lasciando l’opera incompiuta.

Morì così il creatore di una musica celestiale e sofferta ma le sue eroine Mimi, Manon, Tosca, Butterfly, e Turandot continuano a commuovere il mondo.