Non est ad astra mollis e terris via.
Non esiste una strada facile dalla terra alle stelle
(Lucio Anneo Seneca)
Non est ad astra mollis e terris via.
Non esiste una strada facile dalla terra alle stelle
(Lucio Anneo Seneca)
Per gli antichi abitanti di Micene la morte aveva una importanza fondamentale e nel corso del tempo le pratiche funerarie acquisirono forme diverse.
In una prima fase i Micenei disponevano gruppi di tombe a fossa, ognuna contraddistinta da una stele e poi recintata da un muro, che sono poi state denominate “circoli funerari”. Dentro sono stati trovati armi, gioielli e maschere mortuarie in oro.
Attorno al 1500 a.C. si diffuse fra le famiglie aristocratiche una nuova moda funeraria e pertanto venivano costruiti i tholoi cioè tombe monumentali composte da una sala delle offerte sotterranea in pietra a pianta circolare che era sormontata da una falsa volta e da una camera mortuaria. A queste camere si accedeva tramite un lungo corridoio che si restringeva in prossimità dell’entrata.
Questo tipo di monumento rappresentava con più evidenza il potere e la ricchezza dei proprietari ed era più facile da riutilizzare perchè era sufficiente aprire una porta per seppellire insieme vari membri della stessa famiglia mentre le tombe a fossa richiedevano nuovi scavi.
Ah no, io al buio con uno con tutte quelle mani non ci rimango!
(Dal film A qualcuno piace caldo)
Nell’antico Egitto i pittori erano considerati non artisti ma artigiani abili con le dita o con le mani e a volte venivano chiamati scribi del contorno. Apprendevano il mestiere dai padri e si dedicavano principalmente alla pittura tombale che non aveva finalità estetica ma rispondeva a bisogni più profondi.
Il ka, l’essenza vitale del morto, aveva bisogno di nutrirsi per sopravvivere nell’aldilà e per scongiurare che cessassero le offerte alimentari con l’ estinguersi della famiglia del morto, gli Egizi ricorrevano alla magia della pittura in quanto era sufficiente rappresentare un oggetto perché questo diventasse reale.
Ma affinché il cibo non si esaurisse era necessario raffigurare tutto il processo di produzione alimentare del frumento, della caccia, della pesca ecc. Spesso le opere restavano incompiute perché la vita era continuità e un’opera conclusa era come morta. Dovere completare una pittura simboleggiava la speranza di avere davanti un futuro.
Il colore giallo era molto amato perché rappresenta l’incorruttibilità e l’eternità ed era anche il colore dell’oro di cui erano fatti i corpi degli dei. Nel nuovo Regno l’arte raggiunse un livello tecnico molto alto anche se molto accademico e solo lo stile introdotto da Akhenaton portò un po’ di freschezza. Questa leggerezza in parte si conservò anche dopo con i primi faraoni della XIX dinastia fondata da Ramses I. Con loro si concluse però l’età dell’oro della pittura egizia.