Se devi amarmi, per null’altro sia se non che per amore. Mai non dire: t’amo per il sorriso, per lo sguardo, la gentilezza del parlare, il modo di pensare così conforme al mio, che mi rese sereno un giorno. Queste son tutte cose che possono mutare, amato, in sé o per te, un amore così sorto potrebbe poi morire. E non amarmi per pietà di lacrime che bagnino il mio volto. Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto, e perderti. Soltanto per amore amami – e per sempre, per l’eternità.
Elizabeth Barrett Browing
Questa poesia inizia con la richiesta di un amore puro, che non conosce spiegazioni e motivazioni perché le altre cose che compongono una persona possono mutare, possono svilupparsi e portare alla morte dell’amore. Amando per amore si ama per l’eternità.
La Browning ci ha raccontato dell’amore incondizionato verso suo marito, Robert Browning e della sua vita fatta di questo sentimento che non conosce banali motivazioni d’esistere, ma esiste perché è, nella sua essenza più pura.
Elisabeth Barrett nacque nel 1806 a Durham e visse, con i suoi undici fratelli, un’infanzia privilegiata poichè il padre aveva fatto fortuna grazie a delle piantagioni di zucchero in Giamaica e aveva comprato una grande tenuta a Malvern Hills.
Qui Elizabeth trascorreva il tempo andando a cavallo e allestendo spettacoli teatrali con la sua famiglia. Non ancora adulta, aveva già letto Milton, Shakespeare e Dante e all’età di dodici anni scrisse un poema epico. La sua passione per i classici e i metafisici fu bilanciata da un forte spirito religioso.
Poi, a seguito di dissesti finanziari, la famiglia Barrett si trasferi a Londra dove nel 1838 fu pubblicata la raccolta The Seraphim and Other Poems. Nello stesso periodo, Elizabeth Barrett ebbe gravi problemi di salute che la resero invalida agli arti inferiori e la costrinsero a restare in casa e a frequentare solo poche persone oltre ai familiari.
La lettura della sua raccolta di poesie spinse il poeta Robert Browning a scriverle, nel 1845 si incontrarono e poco dopo, essendo il padre di Elizabeth contrario alle loro nozze, si sposarono di nascosto e fuggirono a Firenze dove nacque il figlio, Pen. A Firenze risiedevano in un appartamento a Palazzo Guidi che oggi è diventato un museo dedicato alla loro memoria.
Elizabeth Barrett Browning pubblicò in seguito Sonnets from the Portuguese, Casa Guidi Windows, Aurora Leigh e Poems before Congress (raccolta dei suoi poemi, 1860). Fu una grande sostenitrice del Risorgimento italiano e descrisse gli avvenimenti del 1848-1849 in Casa Guidi Windows.
Dopo mesi di proteste, che provocarono circa 130 morti fa manifestanti e agenti di polizia, nel 2014 il popolo ucraino cacciò il presidente filorusso Viktor Yanukovich, che non voleva firmare il Trattato di associazione fra l’Ucraina e l’Unione europea.
Vladimir Putin rispose annettendosi la Crimea e incoraggiando i separatisti filorussi nel Donbass, regione nel Sud-est dell’Ucraina, poichè ritiene che la Russia abbia un «diritto storico» sull’Ucraina, nazione che peraltro aveva fatto parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991.
La Crimea, penisola a maggioranza russofona, nel 1954 era stata donata a Kiev dal leader dell’Unione Sovietica Nikita Krusciov che era ucraino. Per Putin, riannettere la Crimea alla Russia ha avuto quindi il significato di correggere «un’ingiustizia storica».
Nel 2014, stesso anno dell’annessione della Crimea, i separatisti filorussi del Donbass, regione orientale abitata da russofoni, si scontrarono con l’esercito regolare. I ribelli presero il controllo di parti del territorio, dichiarandole indipendenti con il nome di Repubblica Popolare di Lugansk e Repubblica Popolare di Donetsk.
Nel 2015, Mosca e Kiev firmarono un cessate il fuoco che prevedeva elezioni nelle regioni separatiste e il ritiro delle forze filo russe. È il cosiddetto accordo di Minsk 2 che però non è mai stato del tutto implementato.
Oggi l’attuale presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, eletto nel 2019, è invece vicino all’Occidente e lo scorso anno è stata approvata una legge che proibisce a 13 oligarchi di possedere dei media per influenzare la politica, colpendo così anche Viktor Medvedchuck, ricchissimo petroliere amico di Putin.
L’oligarca, che è ancora ai domiciliari accusato di alto tradimento, è il leader di Piattaforma dell’Opposizione, principale partito filorusso d’Ucraina e il proprietario di un impero televisivo attraverso il quale influenzava la politica ucraina a favore di Mosca. Già dopo il suo arresto, Putin ha cominciato ad ammassare truppe al confine.
L’Ucraina vuole entrare nella Nato ma per essere ammessa ha bisogno prima di combattere la corruzione che domina nel Paese e di intraprendere un percorso di riforme politiche e militari. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha dichiarato che la possibilità che l’Ucraina si unisca alla Nato in tempi brevi è molto remota.
Al momento solo il 6% dei confini russi toccano Paesi della Nato, l’Ucraina però condivide con la Russia una frontiera lunga 2.200 chilometri. Il Cremlino vuole mantenere la sua sfera d’influenza nell’area e vuole che la Nato rinunci alle sue attività nell’Est Europa, tornando alla situazione del 1997.
Dopo quella data l’Alleanza atlantica si è infatti allargata ad EST e ne sono diventati membri: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord.
In tutti questi Paesi, che prima facevano parte del blocco Sovietico, ora la Nato ha installato truppe e missili che per Mosca rappresentano un pericolo. Inoltre dopo la Seconda guerra mondiale la Finlandia scelse la neutralità ma ora sembra che pensi di chiedere l’ingresso nella Nato.
Oggi in Ucraina i cittadini possono protestare, criticare, mobilizzarsi e votare e Putin, che vede questo paese come una parte integrante della Russia, ha paura anche che possa proporre un modello ideologico alternativo per il popolo russo.
Per Putin l’identità russa, la sua cultura e il suo popolo nascono in territorio ucraino e solo in seguito si sono estesi ad altri territori slavi, quelli della Russia attuale. È Vladimiro, il principe di Kiev, che convertitosi al cristianesimo diede avvio alla lunga storia della Chiesa ortodossa russa.
Solo più tardi l’Ucraina diventò una regione marginale, di frontiera come dice il suo nome, e venne sottomessa dalla Polonia. La Russia, nel 500, impose la sua egemonia con Ivan il Terribile.
In Ucraina si parla il russo prevalentemente a est, l’ucraino a ovest e il Surzhyk, che è un misto dei due, nelle campagne ma si parlano anche l’ungherese, il rumeno e il tartaro in Crimea. La maggior parte della popolazione è bilingue e l’attuale presidente Zelensky è di madrelingua russa.
L’europeizzazione del Paese ha portato un aumento dell’uso dell’ucraino, che è la lingua di Stato, ma il russo è ancora molto parlato anche se si cerca di disincentivarlo. Per Mosca l’insistenza sulla lingua è uno strumento di nazionalismo e di oppressione delle minoranze e per questo i governanti di Kiev sono dipinti come «fascisti» che vogliono emarginare i russofoni.
L’Europa ha peggiorato negli ultimi anni la sua dipendenza dal gas e in questo ha contribuito la decisione di dismettere il nucleare in Germania. Naturalmente, la chiusura dei rubinetti è una arma molto forte per la Russia, che ha già ridotto le forniture tranne che in Germania, in un tentativo di dividere l’Europa.
Nel 2021 la Russia ha chiesto agli Stati Uniti di bloccare l’espansione della Nato verso est, di negare l’adesione all’Ucraina e di annullare il dispiegamento di truppe nel blocco di Paesi, da quelli baltici ai Balcani, che si sono uniti dopo il 1997.
L’Alleanza atlantica non ha ritenuto di concederetale assicurazione in ottemperanza ai principi dell’art.10 del trattato Nato in difesa del diritto di ogni popolo di scegliersi il proprio destino e le proprie alleanze, compresi Ucraina e tutti gli altri Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e che negli anni Novanta sono passati con la Nato.
Dopo avere accumulato ai confini dell’Ucraina 190 mila soldati, oltre a mezzi militari di ogni tipo, il 24 febbraio le truppe russe sono entrate nei territori delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, riconosciute come indipendenti il 21 febbraio.
I potenziali militari della Russia sono inferiori a quelli della Nato ma la Russia è un Paese dotato di armamenti nucleari e per alcune componenti supera il livello di diversi Paesi. Intanto la Cina sta osservando attentamente la risposta occidentale, mentre valuta i rischi di reincorporarsi a sua volta Taiwan.
Insolitamente la Casa Bianca, la Nato e l’Unione europea hanno diffuso una grande quantità di informazioni di intelligence, minacce e accuse e materiale di solito riservati ai negoziati al fine di evitare una guerra.
La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.
Bertolt Brecht, Der Krieg, der kommen wird
Der Krieg, der kommen wird Ist nicht der erste. Vor ihm Waren andere Kriege. Als der letzte vorüber war Gab es Sieger und Besiegte. Bei den Besiegten das niedere Volk Hungerte. Bei den Siegern Hungerte das niedere Volk auch.
I campi di lavoro forzato, chiamati gulag, cambiavano nel tempo seguendo le necessità interne dell’Unione Sovietica e il lavoro dei detenuti ha permesso di industrializzare il Paese, di realizzare grandi opere pubbliche e di sfruttare i giacimenti del sottosuolo in Siberia
All’inizio, la maggioranza dei prigionieri dei gulag era composta da criminali comuni e da kulaki, cioè contadini benestanti, che spesso furono arrestati quando si ribellarono alla collettivizzazione imposta dal governo sovietico che obbligava i contadini ad abbandonare le fattorie individuali per unirsi all’agricoltura collettiva.
Successivamente furono rinchiusi nei gulag anche i prigionieri politici in quanto il Codice penale sovietico, all’art. 58, puniva con la detenzione nei gulag “ogni attività controrivoluzionaria”. Con le grandi purghe dell’epoca di Stalin, tra il 1937 e il 1953, il numero dei reclusi crebbe in modo esponenziale e durante questo periodo, soprannominato “il Grande Terrore”, le epurazioni raggiunsero il loro apice: un totale di 3.7 milioni di persone passò attraverso i gulag per motivi politici.
Pertanto nei campi di lavoro erano spesso presenti delle unità speciali dedicate ai prigionieri politici tra le quali la Psichuška , cioè “manicomio”, dove si veniva sottoposti a dei trattamenti psichiatrici forzati. Esistevano anche i cosiddetti “campi per mogli dei traditori della Patria”, dove venivano incarcerati i familiari di coloro che erano considerati disertori e spie dell’Occidente.
Nel ‘900, verso la fine degli anni Venti, la Repubblica di Komi, che si trovava all’estremo nord della Siberia centrale, venne scelta come zona di confine per i detenuti che, dopo aver scontato la pena, erano stati liberati dal campo delle isole Solovki. I bolscevichi avevano trasformato il monastero di queste isole da luogo di eremitaggio in campo a scopo speciale per la reclusione e l’isolamento dei detenuti.
Dall’estate del 1929, si cominciò nel Komi la costruzione delle infrastrutture, prima fra tutte una ferrovia, capaci di trasformare l’area e di costruire il centro minerario di Vorkuta utile per l’estrazione di carbone e di petrolio.
Nel 1931, iniziò la costruzione del grande complesso di Karaganda in Kazachstan dove negli anni Quaranta circa 60 000 deportati lavorarono in aziende agricole che si estendevano su un territorio di 20.800 chilometri quadrati.
Un altro segmento importantissimo del sistema fu l’insieme dei cantieri destinati al raddoppio della ferrovia transiberiana; il tratto su cui venne concentrato il principale intervento fu quello che andava dal lago Bajkal al fiume Amur che erano distanti circa 2.000 chilometri uno dall’altro. Nel 1938, in questa vasta regione lavoravano circa 200.000 detenuti, divenuti 260.000 l’anno seguente.
Nel novembre 1931, una risoluzione del Comitato centrale stanziò 20 milioni di rubli per la creazione del Dal’stroj, un’enorme azienda di Stato incaricata di sfruttare le risorse minerarie della regione del fiume Kolyma che si trovava sempre nella Siberia nord-orientale. Una spedizione geologica inviata là nel 1928, infatti, aveva scoperto enormi giacimenti d’oro.
Nel 1941, il Dal’stroj controllava un territorio di 2.266.000 chilometri quadrati che, ampliandosi, nel 1951 avrebbe toccato i 3.000.000 di chilometri quadrati. Nel 1939, a Kolyma c’erano circa 138.000 deportati, divenuti 190 000 nel 1940. Dal 1932 al 1939, la produzione di oro era passata da 276 Kg a 48 tonnellate.
La regione della Kolyma, però, era molto difficile da raggiungere e i prigionieri, arrivavati in treno a Vladivostok, erano poi condotti in nave al porto di Magadan, costruito dai detenuti stessi insieme a tutte le altre infrastrutture indispensabili: ferrovie, strade, ponti ecc.. Infine, dalla città di Magadan, i deportati raggiungevano i vari centri minerari nell’interno.
A Kolyma le condizioni climatiche erano terribili, per non dire estreme, in quanto la temperatura invernale può scendere fino a –40° o addirittura –50°. Malgrado ciò, nel 1939, a Kolyma erano costretti a lavorare 138.000 detenuti.
Il sistema Gulag, che era arrivato ad avere fino a 384 centri, caratterizzò tutto il periodo leniniano e staliniano e cominciò ad essere riformato soltanto dopo la morte di Stalin, avvenuta nel 1953. Nel 1956 ne rimanevano 37. La chiusura dell’intero “Arcipelago”, espressione che si deve allo scrittore Aleksandr Solzenicyn autore dell’opera Arcipelago gulag pubblicata nel 1971, si avrà solo nel 1987 con Michail Gorbachev.
I Fuegini o Fueghini erano una popolazione autoctona della Terra del Fuoco, sita nella zona più meridionale del Sud America, in corrispondenza della Patagonia cilena e argentina. La denominazione “Terra del fuoco” si riferisce al fatto che le tribù fuegine usavano accendere le braci, sfregando e colpendo un materiale come la selce su un pezzo di pirite. Queste braci erano numerose e spesso venivano introdotte anche sulle canoe, inoltre venivano utilizzati i fumi come mezzo di comunicazione per cui gli esploratori che osservarono i Fuegini, restarono impressionati dal grande uso di fuochi.
È un popolo considerato ormai estinto, infatti ad oggi rimane solo qualche discendente non più purosangue poichè l’ultimo Fuegino nativo indigeno purosangue è morto nel 1999. Quando gli europei cileni e argentini si trasferirono nelle isole verso la metà dell’Ottocento, portarono con sé anche un bagaglio di malattie virali, quali il vaiolo e il morbillo. Verso queste malattie l’organismo dei Fuegini mancava però degli anticorpi specifici e quindi in pochi decenni il loro numero passò da circa 10.000 a circa 350.
I loro antichi antenati furono i Mongoli dei quali avevano conservato il colore della pelle giallo-scura, gli occhi a fessura, il corpo robusto e tozzo, l’altezza piuttosto bassa, tranne la tribù degli Ona, gli arti inferiori piccoli. La popolazione era composta da varie tribù che avevano uno stile nomade e usi e costumi diversi.
La tribù Ona abitava all’interno della grande isola della Terra del Fuoco, praticava la caccia, soprattutto del guanaco, e durante le battute di caccia impiegava i cani e utilizzava arco, frecce e fionda.
Le tribù Yamana, definiti gli “Indiani delle canoe”, praticavano la pesca utilizzando fiocine, lance e arpioni, si nutrivano di pesci, uccelli di mare, foche e talvolta di carne di balene e si trasferivano utilizzando canoe rudimentali e fragili.
La loro dieta era povera di cibi vegetali e ricca di grassi animali, che venivano conservati in particolari budelli, tendenzialmente sepolti sotto terra, per farli irrancidire in modo ottimale.
La loro vita sociale si esercitava all’interno di tendoni grandi, adibiti a centri di formazione per i giovani, di istruzione e apprendistato per gli sciamani, oltre come luoghi di riti e di iniziazioni. Vivevano in comunità costituite da poche famiglie, di tipo monogamico, anche se i cacciatori della tribù Ona sequestravano la moglie del nemico ucciso.
Le tribù presentavano però molte affinità per quanto riguarda i miti e credevano nella esistenza di una precedente epoca matriarcale. Praticavano una religiosità in cui emergeva la figura di una divinità immateriale, che dimorava nel cielo, alla quale si rivolgeva una specie di sciamano che, durante uno stato di trance, usciva dal suo corpo e si trasferiva nell’aldilà per invocare aiuti e favori tra i quali guarigioni, rivalse, vendette e controllo dei fenomeni atmosferici. Ritenevano inoltre gli spiriti maligni colpevoli di molte calamità e sciagure e quindi eseguivano una serie ben definita di riti per liberarsene.
Darwin decrisse gli Yamana, incontrati la prima volta nel 1832, come esseri selvaggi, sudici e spesso dediti all’antropofagia. I Fuegini che furono portati come fenomeni da baraccone e rieducati in Inghilterra mostrarono però sorprendenti capacità di adattamento e di apprendimento, anche se una volta riportati nella loro terra di origine, ripresero le abitudini primitive.
Una delle caratteristiche che colpì gli Occidentali fu in particolare la loro incredibile capacità di sopportare il freddo glaciale dato che il loro abbigliamento era costituito solo da un mantello di pelle di guanaco.
Per lungo tempo i meccanismi della loro straordinaria resistenza al freddo sono rimasti misteriosi in quanto l’uomo è l’unico mammifero che si veste perchè glabro. Ora ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con scienziati di altri Istituti, sono riusciti a individuare due varianti genetiche che servivano ai Fuegini per utilizzare al meglio il cosiddetto grasso bruno, che attivava una sorta di “stufetta” interna in grado di sfidare temperature esterne proibitive.
Essendo oggi praticamente estinti la valutazione genetica è stata quindi fatta studiando i 12 scheletri di Fuegini adulti, maschi e femmine, conservati nel museo universitario Sergio Sergi di Roma, raccolti nel 1883 dall’esploratore Giacomo Bove. Stranamente mostravano una forte densità minerale ossea e le ossa si presentavano spesse mentre nei mammiferi che stanno al freddo, uomo compreso, ci si dovrebbe al contrario aspettare una fragilità ossea.
Si sa da tempo che il tessuto adiposo detto grasso bruno è un tipo particolare di grasso che, in risposta alle basse temperature, produce calore e ha un effetto protettivo sullo scheletro. L’esposizione prolungata al freddo, però, lo riduce e ciò ha conseguenze sulla massa ossea dello scheletro. Tuttavia, nonostante vivessero in un clima sfavorevole, la densità minerale ossea dei Fuegini era vicina a quella osservabile negli umani moderni delle zone temperate.
Anche noi europei moderni siamo in grado di attivare il grasso bruno: basta stare senza vestiti al freddo per una ventina di minuti e si accende un “calorifero” interno, ma con dei limiti. La particolarità unica dei Fugini è che potevano alzare di molto il loro termostato fisiologico. L’analisi effettuata ha mostrato il legame tra le mutazioni genetiche dei Fuegini e l’accumulo e l’attivazione del grasso bruno che permetteva loro di stare praticamente nudi a basse temperature.
In particolare, tra Fuegini e altre popolazioni che devono coprirsi nei climi freddi ci sono differenze significative nella frequenza della variante rs190771160 della proteina HOXC4, un gene coinvolto proprio nella differenziazione del grasso bruno. La variante aumenta l’espressione di HOXC4 e spiega il maggiore accumulo di grasso bruno, l’estrema resistenza al freddo dei Fuegini e la protezione contro i danni alle loro ossa.
Vieni inseguimi tra i cunicoli della mia mente tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure. Trovami nell’angolo più nero osservami. Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti. Io ti seguirò. Ovunque.
Warren Jeffs, finito nel 2005 nella lista FBI dei 10 criminali più pericolosi d’America, è il capo di una comunità religiosa americana accusato di poligamia, abusi sessuali verso minori, episodi di violenza e celebrazione di matrimoni illegali fra adulti e minorenni. La sua comunità è anche accusata di incoraggiare la frode e l’evasione fiscale e la sua Chiesa è considerata una “forma di criminalità autorizzata”.
La comunità nasce in una cittadina vicino a Eldorado, accanto al deserto e al confine dello Utah, in Arizona. Anticamente, nel 19esimo secolo, i seguaci erano mormoni ma, nel 1890, il governo federale chiese ai fedeli di eliminare la poligamia considerata illegale.
In disaccordo con tale richiesta, un gruppo di persone si staccò dalla Chiesa creando una piccola comunità di fondamentalisti e dando origine alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Fundamentalist Church of Jesus Christ of Laster Day Saints) nota come FLDS.
Le regole della comunità religiosa sono molto rigide: le donne sono obbligate a soddisfare i bisogni dei suoi leader fin dalla nascita, mentre gli uomini sono invitati ad avere almeno 10 mogli, pratica che ha favorito la diffusione degli stupri e delle gravidanze tra le ragazzine minorenni.
Le donne indossano abiti colori pastello con i capelli intrecciati in stile francese mentre gli uomini hanno jeans e camicie a maniche lunghe, abbottonate fino ai polsi. La città è circondata da un campo con alte mura e cancelli di sicurezza impenetrabili agli estranei.
Sono numerose le testimonianze raccolte da ex membri fuggiti dalla setta e aiutati dalla HOH, Holding Out Guida, una associazione di a sostegno delle vittime. Il 22enne Brigham Johnson, uno dei figli di Warren, racconta del padre: “Aveva circa 80 mogli e quando io avevo 14 anni, ho avuto madri che erano due o tre anni più giovane di me, di solo 11 anni. Erano le sue mogli e quindi sono state considerate come mie madri“. Si pensa che Jeffs abbia più di 250 figli.
Rebecca Musser, invece, aveva 19 anni quando fu costretta a sposare l’85enne, Rulon Jeffs, allora capo della comunità e padre di Warren, che aveva già altre 60 mogli. Quando Rulon morì nel 2002, all’età di 92 anni, il potere passò nelle mani del figlio. Rebecca, fuggita durante la notte, è diventata una testimone chiave nel processo contro Warren Jeffs ed ha scritto un libro intitolato “La testimone vestiva di rosso”, per ricordare il colore proibito all’interno della comunità.
Il Dipartimento di Giustizia ha anche accusato la FLDS di essere una teocrazia corrotta, imposta da un dipartimento di polizia disonesto, dove i sindaci delle cittadine di Hildale e Colorado City e i loro consiglieri comunali fanno parte della setta.
Nella causa federale, anche le aziende di servizi pubblici locali e il dipartimento di polizia, conosciuto come l’ufficio del maresciallo, sono accusati di rispondere alla Chiesa e di discriminare gli ex FLDS e i non credenti. Vi è una intera comunità di seguaci che occupano uffici, locali e posizioni istituzionali, un vero e proprio controllo e dominio sugli abitanti.
Nel 2008, il senatore Harry Reid del Nevada sostenne che la FDLS è “una criminalità organizzata” e accusò di usare la religione per nascondere la bigamia, la pedofilia, lo stupro, la frode, l’evasione fiscale e la “corruzione massiccia“ e le “maniere forti” utilizzate per controllare la loro gente. La FLDS è anche indagata dal Dipartimento del Lavoro per il presunto uso e diffusione del lavoro minorile.
Warren Jeffs è stato arrestato nel 2011 ad un posto di blocco a Las Vegas e condannato e ancora detenuto in Texas per aver violentato due ragazze di 15 e 12 anni, considerate sue mogli spirituali. Egli continua però a gestire la setta anche da dentro alla prigione. Molte delle sue vittime, che sostengono la sua innocenza e la sua buona fede verso i fedeli, definiscono i suoi abusi “atti di Dio” e dimostrazione del suo amore verso le mogli e verso il Signore.
I capi d’accusa verso di lui sono molteplici: 80 matrimoni illegali tra cui 24 matrimoni con minori, celebrazione di 67 matrimoni di minori, celebrazione di 500 matrimoni bigami tra il 1980 e il 2006, 60 casi di rottura di matrimoni e di riassegnazione delle mogli, espulsione dei giovani per cattiva condotta dalla comunità, elusione dell’applicazione della legge.
Il film “Il caso di Warren Jeffs” è basato sul libro “When Men Become Gods” di Stephen Singular che, insieme al documentario “Prophet’s Prey” di Amy Berg, documenta le atrocità presenti nella comunità.