Il precariato della grande scienziata Amalie Emmy Noether

Emmy Noether la più importante matematica - Una donna al giorno

Il nome della scienziata tedesca Amalie Emmy Noether (1882 – 1935) è legato all’omonimo teorema, ricevuto da Einstein in anteprima e pubblicato poi nel 1918, che mette in luce la profonda connessione tra simmetrie e leggi di conservazione.

Figlia primogenita del matematico Max Noethel e di Ida Amalia Kaufmann, entrambi di origini ebraiche, nacque nella città bavarese di Erlanger. Il suo primo nome era “Amalie” ma usò sempre il suo secondo nome.

Emmy era miope e non spiccava a scuola. Le fu insegnato a pulire e a cucinare e le furono impartite lezioni di pianoforte ma non aveva passione per nessuna di queste attività. Dopo aver acquisito l’abilitazione all’insegnamento del francese e dell’inglese non potè subito accedere all’università perchè allora era preclusa alle donne. Riuscì solo nel 1904 quando l’ateneo di Erlangen, dove suo padre insegnava, aprì le porte all’iscrizione femminile. Si laureò in soli tre anni e dopo lavorò all’Istituto di Matematica per sette anni senza però essere retribuita.

Nel 1915 fu invitata da David Hilbert e Felix Klein a far parte del Dipartimento di Matematica dell’Università di Göttingen dove, a causa dell’opposizione perchè donna da parte di alcuni membri della Facoltà di Filosofia, lei trascorse quattro anni tenendo lezione a nome di Hilbert. Nel 1919 le fu concesso di ottenere l’abilitazione ma continuò però a insegnare senza stipendio fino al 1923.

A Göttingen ottenne stima a livello mondiale per i suoi innovativi lavori matematici ma nel 1933 il regime nazista le vietò l’attività di insegnamento in quanto ebrea e pertanto dovette trasferirsi al Bryn Mawr College in Pennsylvania. Ma ancora una volta è la sua condizione di donna a impedirle l’accesso ai centri di ricerca più prestigiosi, come l’Università di Princeton, dove venne invece accolto Einstein.

Nel 1935 si sottopose a un intervento chirurgico per una cisti ovarica e morì quattro giorni dopo. Albert Einstein ne scrisse un necrologio sul New York Times poco dopo la morte e il topologo russo Pavel Alexandrov la definì «il più grande matematico donna di tutti i tempi».

Il Teorema di Noether è uno strumento fondamentale della fisica ed è insegnato regolarmente nella teoria quantistica dei campi e in fisica delle particelle. Fu solo con la pubblicazione nel 1918 dei due teoremi originali nell’ambito del calcolo delle variazioni – che i fisici chiamano oggi collettivamente “teorema di Noether” – che Emmy si impose all’attenzione della comunità scientifica.

Ella riuscì a dimostrare teoricamente il legame tra le simmetrie di un sistema fisico e le leggi di conservazione, legame già scoperto dai fisici nei decenni precedenti. Pertanto se un esperimento dà gli stessi risultati a New York e a Roma, l’anno scorso e oggi, significa che le leggi che lo regolano sono simmetriche rispetto alla traslazione nello spazio e nel tempo. Il teorema di Noether garantisce che da queste simmetrie derivino le leggi di conservazione del momento e dell’energia.

E tale legame profondo tra i principi di conservazione di una quantità fisica e l’invarianza formale delle leggi matematiche sottostanti si rivelerà fondamentale in molti ambiti di ricerca della fisica moderna, dalla meccanica analitica a quella quantistica.

Il teorema è un importante risultato teorico ma anche uno strumento pratico per ricavare le quantità conservate a partire dalle simmetrie osservate nel sistema fisico. Se si propone una nuova teoria per spiegare un dato fenomeno fisico, infatti, il teorema di Noether garantisce che, in caso di simmetria continua, nella teoria devono anche esistere delle quantità conservate. Rappresenta quindi una guida per gli esperimenti e ogni teoria sarà dimostrata vera solo se la conservazione di tali quantità sarà osservata nell’esperimento.

Si può dire che la soluzione di Noether aiuta a demistificare quella fisica ottocentesca in cui concetti molto usati, come per esempio i principi di conservazione, erano in realtà poco compresi.

Sebbene il nome di Emmy Noether sia indissolubilmente legato oggi al teorema, le altre sue ricerche riguardano settori della matematica diversi dal calcolo delle variazioni. Notevoli sono stati i suoi contributi in particolare nell’algebra astratta: dalla scoperta degli anelli – poi detti noetheriani – fino alla più moderna algebra non-commutativa, passando per la teoria degli ideali e la teoria algebrica dei numeri. Molta dell’algebra moderna può dirsi riconducibile ai suoi fondamentali lavori.

“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” sonetto di Francesco Petrarca

Petrarca upoznao svoju voljenu Lauru u Avignonu –1327. | Povijest.hr

Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) è stato uno dei più straordinari scrittori e poeti italiani e la sua opera più famosa è il Canzoniere, raccolta di 366 sonetti che egli scrisse nell’arco di buona parte della sua vita in lingua volgare, l’antenata dell’odierno italiano.

Egli lo scrisse come una sorta di diario poetico personale e all’inizio fu criticato dai pochi che lo avevano letto ma a partire dalla fine del Quattrocento, e per molti secoli successivi, fu ritenuto un testo esemplare per il lessico poetico, le forme metriche e le tematiche.

L’umanista Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470 – Roma, 18 gennaio 1547) propose il poeta come modello per la poesia e contribuì alla nascita del fenomeno di imitazione di massa, detto petrarchismo, anche per la straordinaria maestria di Petrarca nel condensare in un verso un suono perfetto legato anche al suo significato. 

Argomento principale dei versi, anche se non l’unico, è l’amore del poeta per Laura, una donna che ogni tanto sembra dargli qualche speranza, ma che alla fine non lo vuole. Ad un certo punto Laura muore scatenando la disperazione nell’animo di Petrarca, evento che segna una divisione netta nelle poesie: la prima parte contiene le poesie in vita di Laura, la seconda quelle in morte di Laura.

Un elemento di assoluta novità e rottura rispetto alla tradizione è che, con Petrarca, si assiste all’irruzione in scena dell’io dell’autore, con la sua interiorità. E il modo in cui il poeta descrive la propria personalità e rappresenta il proprio io, costantemente straziato per qualcosa, fa provare anche empatia nei suoi confronti.

Egli passa infatti buona parte del suo tempo non solo a lamentarsi per la situazione amorosa infelice in cui si trova, ma anche a criticarsi ferocemente per la propria incapacità di dominare le passioni, che hanno il gravissimo effetto di allontanarlo da Dio.

Petrarca è un uomo medievale profondamente religioso e l’amore per Laura è per lui una doppia tragedia perché non è corrisposto, ma soprattutto perché lo allontana dall’unico amore degno, cioè quello per Dio.

In un modo nuovo, il poeta si racconta spesso dubbioso, tormentato, incapace di superare le spaccature all’interno del suo animo che vive il conflitto tra ragione e passione, tra volontà e debolezza, tra ciò che è giusto e ciò che desidera. 

Un altro aspetto molto importante è la straordinaria capacità di Petrarca di donare ai suoi versi una musicalità e una cadenza che non hanno eguali. I versi suonano bene e sono bellissimi: il suo stile è inconfondibile perchè crea endecasillabi con una veste complessa ma aggraziata. Il poeta presta infatti un’attenzione estrema alle figure retoriche di suono, prima tra tutte l’allitterazione, cioè la ripetizione non casuale di un suono all’interno di un verso.

Nella ricerca di equilibrio nel verso, e nella produzione di un codice linguistico chiaro, si ricompone il dramma interiore di un’inconciliabilità tra l’aspirazione a una vita ascetica e il tentativo di conciliare cielo e terra. A un’interiorità travagliata non coincide dunque uno stile burrascoso, ma invece uno limpido, equilibrato e musicalmente armonioso.

Sull’esistenza di Laura tutto è incerto e un gruppo di studiosi sostiene che ella non sia mai esistita storicamente e che sia stata un’invenzione letteraria necessaria per consacrare la poesia d’amore. Ciò sarebbe testimoniato anche dalla scelta del nome che richiamerebbe il laurus, pianta sacra ad Apollo, dio della poesia.

Altri hanno visto in Laura l’ombra di un’altra donna, forse la madre del poeta, leggendovi le frustrazioni e le attese di un rapporto difficile. Altri ancora sono più possibilisti sull’esistenza storica della donna amata, ma ne sottolineano anche il valore simbolico. Sarebbe stata Laura de Noves, nata forse nel 1310 e sposa di Ugo de Sade, un marchese francese dal quale ebbe undici figli.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi è il sonetto numero XC (90) del Canzoniere nel quale l’autore loda la bellezza angelica di Laura e giustifica il suo amore verso la donna:

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?

Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro che, pur voce umana;

uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.

I biondi capelli di Laura erano sparsi al vento
che li avvolgeva in tanti boccoli soavi,
e il seducente fulgore di quegli occhi, ora assai meno luminosi,
scintillava in maniera straordinaria;

e mi sembrava che il viso, non so se davvero
o solo nella mia immaginazione, si colorasse di pietà;
io, che avevo deposta in cuore l’esca amorosa,
c’è forse da meravigliarsi se subito avvampai d’amore?

Il suo incedere non era quello di un corpo mortale,
ma di un angelo celeste, e la sua voce
suonava come qualcosa di diverso dalla voce umana.

Uno spirito celeste, un sole splendente,
fu ciò che io vidi, e se anche ora non fosse più tale,
la ferita non si rimargina allentando l’arco.

Non ci intendiamo mai

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!

Luigi Pirandello

Il branco e le Taharrush Jama’i cioè gli assalti e le aggressioni sessuali programmate.

identificati i primi protagonisti degli assalti a sfondo sessuale della  notte di capodanno a milano - Cronache

Maryan Ismail, antropologa italo-somala presidente dell’ associazione Unione Islamica Italiana spiega che quello che è accaduto a Milano la notte di Capodanno a parecchie ragazze in piazza Duomo, in mezzo alla folla e davanti alla polizia, è di fatto una tecnica ben conosciuta e collaudata, già usata in altre città europee come a Colonia nel 2016.

Le vittime, come negli altri casi precedenti, sono state isolate e assalite con azione precisa che prevede la formazione di 3 cerchi stretti di uomini e/o ragazzi. Il primo è quello che violenta fisicamente la ragazza, il secondo cerchio filma, fotografa e si gode lo spettacolo, infine il terzo cerchio distrae la folla vicina con urla e rumori per non fare capire cosa accade.

A volte uno o due maschi del primo cerchio si fingono “protettori e salvatori” e rassicurano la vittima convincendola che sono lì per aiutarla ma poi essi stessi partecipano attivamente alla violenza di gruppo. La tecnica di protezione ha lo scopo di disorientare la ragazza e  di spezzarne la resistenza perché non sa più di chi fidarsi. Si tratta di un ulteriore supplizio di tipo psicologico. La vittima subisce palpeggiamenti, svestimenti, percosse, morsi, penetrazioni digitali o di corpi estranei e se ci sono condizioni di tempo, violenza sessuale vera e propria.

Il fenomeno è esploso in Egitto nel 2011 durante la caduta di Mubarak ed è stato documentato dalla giornalista della CBS Lara Logan, vittima di un assalto in Piazza Tahrir mentre svolgeva un servizio televisivo. Da allora sono state raccolte tante altre testimonianze di vittime esposte a violenza di gruppo in circostanze di eventi pubblici, raduni, concerti o feste religiose.

Vengono assalite donne con o senza il velo, di qualsiasi religione o provenienza e di tutte le età (dai 7 ai 70). Nel mondo arabo islamico il problema viene affrontato senza nascondere che è specificamente culturale e che si tratta di ulteriore forma di devianza misogina, patriarcale e maschilista. Il senso è il dominio e il controllo sulle donne.

Ora questo terribile fenomeno è sbarcato in Europa, anche se si sono registrati casi in India, Pakistan, Indonesia ecc. E’ già accaduto a  Colonia e a Capodanno anche a Milano e pertanto è necessario affrontare questa nuova forma di violenza senza sminuirne l’importanza e la specificità per paura di passare per islamofobici o razzisti.

Bisogna tenere presente anche che il branco aiuta a sentirsi più potenti, più forti e la paura si trasforma in adrenalina spingendo con maggior facilità verso atti brutali. Leffetto contagio porta a pensare “lo fanno gli altri, sono i miei amici, lo faccio anche io, non posso tirarmi indietro”.

Inoltre, la responsabilità delle azioni viene divisa tra i vari membri attraverso l’effetto deresponsabilizzazione: il gruppo funge da scudo e si commettono azioni gravi attraverso il disimpegno morale e la “deumanizzazione della vittima” che viene considerata semplicemente come un oggetto di cui si può abusare.

Sono ragazzi che hanno la percezione che stanno commettendo un qualcosa che non devono fare, lo fanno per quello, sanno che stanno andando oltre ma vogliono vivere quelle emozioni. Vivono in un profondo egoismo e sono poco educati al senso dell’altro, alla vicinanza, alla condivisione, al fatto che anche l’altro ha delle emozioni e dei sentimenti. Mancano completamente di empatia.

Purtroppo, la violenza in branco è la più devastante e vile e non c’è una via d’uscita per chi la vive, sono troppi e l’umiliazione che si subisce è pari al numero delle persone appartenenti al branco.

E’ necessario mettere in atto un serio programma d’intervento nelle periferie, scuole, parrocchie, consultori, ambulatori, stadi e centri di aggregazione e di culto con una visione di prevenzione e tutela. Ed è necessario non fare finta di nulla sperando che passato il momento tutto ritorni come prima.

Sarebbe anche ora che i padri, anche italiani, smettessero di considerare le foto in cui i loro figli appoggiano i genitali sul viso di una ragazza dormiente come delle ragazzate o di negare le prove degli stupri trovate addirittura nelle loro case. Dovrebbero pensare che non stanno facendo un buon servizio alla collettività e all’educazione sentimentale dei figli e che forse non è così vero che alla fine….sono tutti bravi ragazzi.

Ego non

Etiamsi omnes,

ego non.

Anche se tutti, io no

Dal Vangelo di Matteo – Gesù predice che sarà abbandonato dai discepoli e Pietro protesta: “Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non lo farò”

La frase era scritta sulla casa di Philipp von Boeselager, l’ufficiale tedesco coinvolto nel fallito attentato a Hitler del 1944 e fu anche associata alla Rosa Bianca, gruppo di resistenza al nazismo.

Il greco antico e il greco moderno

Attualmente in Grecia si usa la lingua popolare (dhimotikì) e quella dotta (katharévousa). Il greco dotto, poco usato, è tuttora la lingua ufficiale ed è molto simile al greco antico proveniente dal dialetto attico del V e IV secolo avanti Cristo.

Dal greco dotto si è sviluppata poi, per evoluzione e semplificazione, anche la lingua parlata popolare che solo nel 1917 è stata introdotta nelle scuole e che da allora ha soppiantato la katharévousa anche in letteratura.

Nella dimotikì la grafia resta la stessa ma dal 1982 sono stati aboliti gli accenti gravi, circonflessi e gli spiriti cioè i segni di aspirazione. Le lettere sono sempre 24 ma cambiano alcune pronunce (la beta si legge “vita”, la tau si legge “thaf”, la eta non è più “e” ma “i”, il dittongo “ai” si legge “e” ecc.

Esistono ancora le declinazioni degli articoli, dei nomi e degli aggettivi, ma non è più presente il caso dativo. Inoltre i sostantivi hanno tre declinazioni: la prima per tutti i maschili, la seconda per i femminili, la terza per i neutri.