La prosopagnosia deficit che impedisce di riconoscere i volti delle persone

La prosopagnosia è un deficit percettivo acquisito o congenito del  sistema nervoso centrale che impedisce alle persone di riconoscere i tratti di insieme dei volti delle persone. Può presentarsi in forma pura o associata ad agnosia visiva ed è causata soprattutto da lesione bilaterale, o di rado unilaterale destra, dei lobi occipitali e temporali.

Questa disfunzione fu studiata accuratamente nel corso del XIX secolo da vari scienziati ma il termine prosopagnosia, che è l’unione delle parole greche πρόσωπον , «faccia», e ἀγνωσία, «ignoranza», fu coniato nel 1947 dal neurologo tedesco Joachim Bodamer.

La prosopagnosia non è un disordine unitario in quanto le persone possono mostrare tipi e livelli differenti di deficit con grandi differenze qualitative. È per questo alcuni presuppongono la presenza di un’area specifica dedicata al riconoscimento dei volti.

Nonostante questo deficit si accompagni spesso anche a problemi di riconoscimento visivo degli oggetti, vi sono casi in cui la percezione dei volti sembra essere danneggiata in modo selettivo.

Secondo l’indirizzo Gestalt ogni percezione si presenta all’esperienza come un tutto unico, come una struttura definitiva avente una sua forma individuale e non come una giustapposizione di unità elementari. La prosopagnosia potrebbe essere un deficit generalizzato nella comprensione di come tutti i componenti della percezione individuale costruiscano la struttura di un oggetto.

Fino al XX secolo si pensava che la prosopagnosia fosse un disturbo molto raro e si presentasse solo in associazione a danni celebrali o a malattie neurologiche riguardanti specifiche aree del cervello. Alcuni dati suggeriscono però che potrebbe esistere una forma di prosopagnosia congenita e alcune persone nascerebbero con un deficit selettivo nel riconoscimento e percezione dei volti.

Alcune ricerche recenti suggeriscono quindi che potrebbe essere ereditabile e molto più comune di quanto si pensasse tempo addietro in quanto circa il 2% della popolazione potrebbe esserne affetta.

Un aspetto particolarmente interessante della prosopagnosia è che essa presenta una dissociazione tra il riconoscimento esplicito e il riconoscimento implicito . Alcuni esperimenti dimostrano che se posti davanti a una serie di volti trai quali alcuni familiari, le persone affette dal deficit potrebbero essere incapaci di identificare con successo le persone rappresentate o anche dare un semplice giudizio di familiarità o meno.

Tuttavia, quando si effettua una misurazione del responso emotivo si registra una tendenza a una risposta emotiva davanti a immagini di persone familiari, anche se non si verifica nessun riconoscimento consapevole.

Ciò suggerisce che le emozioni giocano un ruolo cruciale nel riconoscimento dei volti tanto più che la sopravvivenza e la sicurezza personale dipende anche dalla capacità di riconoscere le persone che ci circondano.

È quindi possibile che esista oltre alla via per il riconoscimento esplicito dei volti, che coinvolge circuiti occipito-temporali, anche la via per il riconoscimento implicito dei volti che coinvolgerebbe il sistema limbico, implicato nelle risposte emotive. Nella prosopagnosia sarebbe quindi danneggiata la via del riconoscimento esplicito ma non quella del riconoscimento implicito.

Al contrario nella sindrome di Capgras il soggetto riconosce correttamente un volto familiare ma ha la convinzione delirante che quella persona sia in realtà un sosia. In questo caso è possibile che a essere danneggiata sia la via del riconoscimento implicito con assenza di emozioni alla vista del volto che pure viene riconosciuto ma non la via del riconoscimento esplicito.

Anche l’attore hollywoodiano Brad Pitt ha dichiarato di convivere con il deficit cognitivo della prosopagnosia, disfunzione del sistema nervoso centrale.  

E ti prego parlami, parlami ancora

La tua solitudine immersa nel rumore del silenzio

si spande e scivola incontro all’aria mattutina

che alleggia leggera scompigliando le frasche

e i pampini dell’uva settembrina.

Vorrei chiederti di ascoltarmi ancora

anche se l’eco delle parole s’allontana

e si dispande senza suscitare alcun rimpianto.

E si alza il sole a ricordare che

ogni parola alla fine muore ma forse,

giorno dopo giorno, ritorna dolorosamente

in superficie ogni lontana memoria.

E credi che tutto sia finito

quando non è ancora finito niente

quando tutto inizia solo a diventare altro,

un tiepido ed intorpidito altro che ti attorciglia il cuore.

E ti prego parlami, parlami ancora.

Il significato dei simboli del Battaglione Azov

Il simbolo più diffuso tatuato sulla pelle dei soldati del Battaglione Azov è avvolto dai colori gialli e blu della bandiera ucraina e si tratta del Wolfsangel, l’amo dei lupi, che fu il primo stemma del partito fondato da Adolf Hitler, poi entrato anche nell’iconografia delle Schutzstaffel cioè le Ss.

Altri soldati portano sulla pelle il sole nero, usato prima dalla Società Thule, una delle organizzazioni esoteriche che contribuirono al pensiero e all’ascesa del nazismo e poi usato dalle Ss.

Un altro simbolo che ricorre frequentemente è il Totenkopf, la “testa di morto” cioè un cranio dalla cui nuca emergono delle tibie incrociate. A partire dal 1809, questo simbolo venne ampiamente usato dall’iconografia militare e politica tedesca ma è durante il Terzo Reich che il Totenkopf viene usato dalle Ss e, in particolare, dalle Ss-Totenkopfverbände. Fondate nel 1936, dopo l’annessione dell’Austria da parte della Germania, Hitler affidò loro la custodia dei campi di concentramento.

Le rune inoltre sono molto diffuse e in particolare l’Ôþalan, letteralmente “patrimonio, eredità”. Simbolo di ferro, nell’antichità veniva sfoggiato per proteggersi contro i troll e, in generale, le influenze malvagie. Sotto il nazismo, questa runa fu usata dalla Settima divisione di montagna “Prinz Eugen”, una unità delle Ss che venne impiegata sul fronte jugoslavo durante la Seconda guerra mondiale.

Molti soldati del Battaglione Azov si sono fatti tatuare inoltre il Lebensrune, impiegato dalle Ss e usate nel progetto eugenetico Lebensborn, voluto e sostenuto da Heinrich Himmler per difendere la razza ariana. Le svastiche poi sono molto diffuse anche se Michail Pirog, capo del quarto Battaglione, ha dichiarato che si tratta solamente di un “antico simbolo slavo, pan-europeo, persino indiano”.

Altri hanno sul collo il Sigrune, simbolo che indicava il sole ma che poi è stato associato alla vittoria (in tedesco Sieg) e poi alle iniziali delle Ss. È stato notato anche un tatuaggio che raffigura un uomo incappucciato che sembra tenere in mano una torcia o, forse, una molotov. Una scena raffigurante una curva da stadio (è presente anche un uomo con un megafono) oppure un’immagine che potrebbe celebrare l’Euromaidan.

Sono presenti anche grandi croci celtiche e due cifre: 14 88 che sono una combinazione di due popolari simboli numerici dei suprematisti bianchi. Il 14 è l’abbreviazione dello slogan 14 parole: dobbiamo garantire l’esistenza del nostro popolo e un futuro per i bambini bianchi”. L’88 invece rappresenta l’esclamazione Heil Hitler (l’H è infatti l’ottava lettera dell’alfabeto).Altri hanno preferito immortalare addirittura Hitler, con annessa svastica d’ordinanza al braccio.

Infine esiste il filone esoterico, ovviamente presente anche nelle rune che hanno, appunto, un significato nascosto. Alcuni miliziani hanno tatuaggi con caproni, animali mitologici e pentacoli che richiamano il satanismo. Del resto, il nazismo, prima ancora di essere un movimento politico, è stato prima di tutto una cultura esoterica nata nel sottobosco dei circoli tedeschi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Putin non sta combattendo per “denazificare” l’Ucraina poiché Il Battaglione Azov oggi può contare su qualche migliaio di uomini in tutto. Eppure i tatuaggi presenti sul corpo di questi soldati inseriti regolarmente nell’esercito ucraino dimostrano il legame tra loro e il Terzo Reich.

Maria Maddalena portatrice delle prime scintille di emancipazione ed eguaglianza fra i sessi

Maria Maddalena in estasi, è un dipinto a olio su tela (106,5×92,5 cm) di Michelangelo Merisi da Caravaggio, databile attorno al 1606, anche se alcuni studiosi e storici dell’arte, propendono per il 1610.

Per volontà di Papa Francesco, la memoria di Maria Maddalena, è stata elevata al grado di Festa il 22 luglio 2016, per significare la rilevanza di questa fedele discepola di Cristo . Tale decisione è espressione di una rivoluzione antropologica che tocca la donna e investe l’intera realtà ecclesiale. Il significato di questa festa è che uomo e donna insieme possono diventare annunciatori del Risorto.

Tommaso d’Aquino la cito’ come Maria Maddalena e la definì anche «apostola degli apostoli». Il suo nome deriva da Magdala, il villaggio di pescatori di cui era nata sito sulla sponda occidentale del lago Tiberiade e centro commerciale ittico denominato in greco Tarichea che significa ‘Pesce salato’ .

A Magdala, sono state condotte estese campagne di scavi che hanno portato alla luce una vasta porzione del tessuto urbano comprendente anche una grande piazza a quadriportico, una villa mosaicata, un complesso termale, resti di strutture portuali e la sinagoga cittadina che, essendo sulla strada che collega Nazaret e Cafarnao, si ritiene che probabilmente sia stata frequentata da Gesù.

La tradizione ha fatto di Maria Maddalena una prostituta ma solo perché nel capitolo 7 del Vangelo di Luca, si narra la storia della conversione di un’anonima “peccatrice nota in quella città”, che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, e li aveva bagnati con le sue lacrime e asciugati coi suoi capelli. Senza nessun reale collegamento testuale, Maria di Magdala è stata così identificata con quella prostituta senza nome.

Inoltre l’unzione con l’olio profumato è un gesto che è stato compiuto anche da Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, in una diversa occasione di cui riferisce l’evangelista Giovanni. E così, Maria di Magdala da alcune tradizioni popolari fu confusa anche con questa Maria di Betania.

Maria Maddalena compare nei Vangeli nel momento più terribile e drammatico della vita di Gesù, quando lo accompagna al Calvario e insieme ad altre donne rimane ad osservarlo da lontano. Ed è presente ancora quando Giuseppe d’Arimatea depone il corpo di Gesù nel sepolcro, che viene chiuso con una pietra. Ed è lei che dopo il sabato, torna al sepolcro e scopre che la pietra è stata tolta e corre ad avvisare Pietro e Giovanni che poi correranno al sepolcro scoprendo l’assenza del corpo del Signore.

Mentre i due discepoli fanno poi ritorno a casa, Maria Maddalena rimane in lacrime e poi, volgendosi indietro, vede Gesù che affida proprio a lei, una donna, la missione di annunziare la sua resurrezione. E così Maddalena rappresenta l’Umanità intera e una società afflitta e smarrita alla ricerca del Salvatore.

Quando giunse il tempo del Calvario, Maria Maddalena era insieme a Maria Santissima e a San Giovanni sotto la Croce. Non fuggì per paura come fecero i discepoli, non lo rinnegò come fece il primo Papa, ma rimase presente dal momento della sua conversione fino al Santo Sepolcro.

Maria Maddalena fa la sua comparsa nel capitolo 8 del Vangelo di Luca: Gesù andava per città e villaggi annunciando la buona notizia del regno di Dio e c’erano con lui i Dodici Apostoli ed alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità. Fra loro vi era Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni.

Essendo sette il numero della pienezza, l’espressione sette demoni poteva indicare un gravissimo male fisico o morale, di cui si ignora la natura, che aveva colpito la donna e da cui Gesù l’aveva liberata. Maria Maddalena appartiene dunque a quel popolo di uomini, donne e bambini in molti modi feriti che Gesù sottrae alla disperazione restituendoli alla vita e ai loro affetti più cari. La liberazione ha innescano in lei sentimenti di amore, affetto, riconoscenza, tenerezza, desiderio di seguire il maestro, di servirlo, di ascoltarlo e di stargli vicino.

Maria Maddalena, nel corso dei secoli, è stata raffigurata in vari modi. Spesso è ritratta come una delle mirofore, le pie donne che la mattina di Pasqua si recarono al sepolcro portandola mirra per l’unzione del corpo del Signore. Fra loro la Maddalena è riconoscibile poiché , a partire dalla fine del Medioevo, viene raffigurata con lunghi capelli sciolti, spesso biondi.

Questo fa capire che gli artisti, secondo una tradizione affermatasi in Occidente, ma non condivisa nell’Oriente cristiano, la identificavano con la donna peccatrice che aveva asciugato i piedi di Gesù con i propri capelli. I capelli lunghi sono quindi un’allusione alla condizione di prostitute poiché le donne per bene non andavano in giro con i capelli sciolti.


Nell’arte del tardo Medioevo Maria Maddalena compare anche come penitente perché secondo una leggenda ella era una grande peccatrice che, dopo la conversione e l’incontro con il Risorto, era andata a vivere come romitessa nel sud della Francia, vicino a Marsiglia, dove annunciava il vangelo.

Come penitente la Maddalena in genere viene raffigurata con abiti simili a quelli del Battista oppure è coperta solo dai capelli. La bellezza esteriore l’ha abbandonata, il volto è segnato dai digiuni e dalle veglie notturne in preghiera, ma è illuminata dalla bellezza interiore perché ha trovato pace e gioia nel Signore. La statua della Maddalena penitente di Donatello, scolpita per il Battistero di Firenze, è un autentico capolavoro. 

Sovente la Maddalena è ritratta anche ai piedi della croce e una delle opere più significative, è un piccolo pannello di Masaccio nel quale la Maddalena addolorata è ritratta di spalle, sotto la croce, le braccia protese a Cristo, i lunghi capelli biondi che cadono quasi a ventaglio su un enorme mantello rosso. Non di rado il dolore composto della Vergine è stato contrapposto a quello della Maddalena che sembra quasi senza controllo.


Umberto de Romans afferma:” Dopo la Vergine Maria, non si trova donna alla quale sia data maggior gloria” e San Gregorio Magno la definisce ”Testis divinae Misericordiae”. Maddalena è esempio e modello di ogni donna nella Chiesa.

Il ruolo di Maddalena fu sminuito dagli uomini del tempo e così Pietro e Paolo prevalsero ma la fama di Maddalena perdurò intatta nell’ambiente gnostico. La figura di questa donna del Vangelo è tra le figure più controverse ed enigmatiche ed è portatrice delle prime scintille di emancipazione ed eguaglianza fra i sessi.

Candele

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese
dorate, calde, e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine dànno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

Konstantinos Petrou Kavafis ( Κωνσταντίνος Καβάφης). Alessandria d’Egitto 1863 – 1933. E’ stato un poeta e giornalista greco.

Penso a te nel silenzio della notte

Marc Chagall, il cui nome ebraico era Moishe Segal e quello russo Mark Zacharovič Šagal, trascritto poi in francese come Chagall (1887-1985) è stato un pittore russo naturalizzato francese d’origine ebraica chassidica.

Penso a te nel silenzio della notte 

Penso a te nel silenzio della notte 
quando tutto è nulla,
e i rumori presenti
nel silenzio sono il silenzio stesso,
allora solitario di me, passeggero fermo 
di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
Tutto il passato in cui fosti un momento eterno
è come questo silenzio di tutto. 
Tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi.
è come questi rumori,
tutto l’inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
è come il nulla che sarà 
in questo silenzio notturno.
Ho visto morire o sentito che morirono,
quanto amai o conobbi,
ho visto non saper più nulla di quelli che un po’ andarono
con me, e poco importa se fu un’ora
o qualche parola;
o un passeggio emotivo e muto,
e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
bianco e nero di tombe e alberi e di chiar di luna,
ed è in questo quiete assurda di me e di tutto 
che penso a te.

Poesia di Fernando Pessoa

I sakura o fiori di ciliegio protagonisti dell’hanami giapponese

Hanami” significa “ammirare i fiori” e si tratta di una tradizione iniziata in Giappone 1300 anni fa tanto che è addirittura il servizio meteo giapponese che allerta la popolazione prevedendo quando avverrà la fioritura.

La fioritura avviene in periodi diversi a seconda della latitudine, in quanto le regioni meridionali sono più calde e le fioriture avvengono prima, ma si concentra tendenzialmente verso l’ultima settimana di marzo e le prime due di aprile in coincidenza con l’inizio delle scuole e dell’anno fiscale giapponese: un vero periodo di “rinascita” in molte attività quotidiane.

I fiori protagonisti dell’hanami sono i sakura, i fiori di ciliegio, che sbocciano in modo molto appariscente ma solo per pochi giorni e quindi sono diventati il simbolo della stagionalità, della caducità della bellezza e, per estensione, della vita.

La metafora del sakura è centrale nel buddismo, soprattutto nel buddismo zen, dove il fiore del ciliegio ricorda ogni anno la natura effimera di tutte le cose, anche di quelle che sembrano destinate a durare.

Non a caso i fiori di ciliegio erano paragonati al bushido, ovvero la morale dei Samurai: come il ciliegio mette tutta la sua energia in piccoli fiori che insieme danno vita ad uno spettacolo maestoso, così i samurai con la loro modestia possono formare un’armata molto forte.

Allo stesso modo, come il ciliegio può vedere la sua intera fioritura spazzata via dal vento così nel bushido si dà tutta la propria energia sapendo che può essere uno sforzo effimero. In battaglia, i samurai affrontavano gli scontri con lo spirito del sakura : mettere il massimo impegno e dedizione in ogni cosa senza essere influenzati dalla paura della morte.

In tempi più moderni, i fiori di ciliegio venivano spesso dipinti sugli aerei delle missioni kamikaze durante la seconda guerra mondiale e i piloti portavano con sé un ramo di ciliegio prima del decollo.

In Giappone vengono coltivate diverse varietà di questi fiori ma per i periodi di fioritura si preferisce fare riferimento alla varietà di sakura nota come il Somei Yoshino, la più diffusa in tutto il Paese.

La tradizione dell’hanami porta oggi milioni di giapponesi e di turisti nei parchi cittadini e nelle campagne e le feste sono bei party all’aperto che possono consistere in un semplice picnic o anche intrattenimenti con balli e musiche. Le più suggestive sono quelle notturne, dove i ciliegi sono adornati con le caratteristiche lanterne di carta.

Durante l’hanami si mangia il tradizionale bento, chiamato hanami bento, cioè il vassoio a scomparti che contiene specialità giapponesi di stagione di solito a base di verdure intagliate artisticamente e spesso a base di pesce.

La bomba “Quicksink” o “affondo rapido” è l’ultima arma testata dagli americani

La bomba di ultima generazione, in grado di affondare e distruggere rapidamente le navi nemiche in un solo colpo, si chiama “Quicksink”, letteralmente: affondo rapido, ed è l’ultima arma testata dagli Stati Uniti lo scorso 28 aprile per aumentare i vantaggi strategici nelle battaglie navali.

La simulazione è stata effettuata al largo del golfo del Messico e la “Quicksink”, sganciata da un caccia F-15EX Strike Eagle, ha distrutto una nave mercantile spezzandola a metà e affondandola.

Al momento per affondare navi nemiche il metodo più utilizzato e letale sono i siluri lanciati da sottomarini che però hanno la controindicazione di rendere visibile il sottomarino al nemico, esponendolo così a un possibile controattacco.

Il principale vantaggio di Quicksink è quindi che può essere sganciato dagli aerei, attaccando dal cielo le navi nemiche e garantendo la sicurezza dei sottomarini, mezzi che possono essere molto più costosi degli aerei.

Un sottomarino ha la capacità di lanciare e distruggere una nave con un solo siluro in qualsiasi momento, ma il “Quicksink” mira a sviluppare un metodo a basso costo per ottenere attacchi simili a quelli dei siluri agendo dall’aria e su un’area molto più ampia.

I siluri pesanti sono infatti efficaci ma sono costosi e impiegati da una piccola parte delle risorse navali ed inoltre solo una minoranza di navi possiede capacità antiaeree. In aggiunta i caccia possono essere schierati in tutte nelle basi aeree americane che si trovano in tutto il mondo, tra cui Giappone, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Estonia, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Turchia, Niger, Gibuti, Corea del Sud e Singapore.

Inoltre possono essere utilizzati nelle 11 portaerei americane: tra queste l’USS Harry S. Truman è al largo delle coste della Sicilia, la USS George Washington al largo delle coste australiane, la USS Ronald Regan vicino al Giappone mentre le altre si trovano nelle acque degli Stati Uniti.

Il destino dei libri

Vincent Willem Van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) è stato un pittore olandese.

Pro captu lectoris habent sua fata libelli

Secondo l’intelligenza del lettore i libri hanno il loro destino

(Terenziano Mauro – visse verso la fine del II secolo.  Il soprannome Mauro fa ritenere che fosse originario della provincia della Mauretania.)