Il Northrop Grumman RQ-4I Global Hawk, l’aereomobile a pilotaggio remoto

Il RQ-4 Global Hawk è un aereomobile a pilotaggio remoto (APR) realizzato dall’americana Northrop Grumman e usato dalla U.S. Air Force come mezzo di ricognizione. La “R” è la designazione del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America per la ricognizione; la “Q” invece viene usata per identificare gli aerei senza pilota ed il “4” è il riferimento alla quarta serie di una proposta di sistema di velivoli non pilotati.

Il Global Hawk, simile al Lockheed U-2 che era l’aereo spia in uso negli anni 50, è in grado di fornire un radar ad apertura sintetica (SAR) ad alta risoluzione, che può penetrare attraverso le nuvole e le tempeste di sabbia, ed una immagine elettro-ottica/a infrarossi (EO/IR) a lungo raggio con capacità di stare più a lungo sull’area del bersaglio.

E’ in grado di sorvegliare quasi 100 000 chilometri quadrati di terreno in un giorno e quindi se un Global Hawk vola fuori da San Francisco, è in grado di operare nel Maine per 24 ore, osservare una griglia di 370 x 370 kilometri e poter quindi ritornare alla base di partenza. Ha un’apertura alare di quasi 40 metri e una lunghezza di 14 metri.

I potenziali utilizzi del Global Hawk riguardano la raccolta di informazioni sia in tempo di pace sia durante operazioni militari e il veivolo consente una precisa localizzazione di armamenti e una migliore protezione delle forze sul campo.

Ogni singolo Global Hawk, il cui costo previsto alla progettazione era di circa 35 milioni di dollari, costa attualmente 131 milioni e sommando i costi di sviluppo, si arriva a circa 222,7 milioni di dollari per esemplare. L’aereo prototipo ha operato con l’U.S. Air Force durante la guerra dell’Afghanistan.

E’ stata iniziata una lenta produzione dell’aereo mentre era ancora in sviluppo e per incrementare le sue capacità nel tempo è stata ridisegnata l’avionica con la sezione del muso e le ali allungate . Tali cambiamenti hanno permesso allo APR di portare 3 000 libbre di carico interno.

La NATO si è dotata di una flotta di otto Global Hawk, equipaggiati con sistemi radar MP-RTIP, e in Europa la base principale è l’aereoporto di Sigonella, a sud di Catania, in Italia. Questo aeromobile decolla ogni giorno da questa base e dopo tre ore è pronto a spiare dai cieli ucraini le mosse delle milizie filorusse e, appena al di là dei confini con Russia e Bielorussia, delle truppe di Mosca.

Le armi al fosforo bianco e la Convenzione di Ginevra del 1980

Gli ordigni al fosforo bianco rientrano nella definizione di armi incendiarie vietate dalla Convenzione delle Nazioni Unite firmata a Ginevra nel 1980 e sottoscritta anche dalla Russia nel 1981. Tra le armi considerate eccessivamente dannose ci sono infatti le così dette armi incendiarie concepite per dare fuoco a oggetti o per provocare ustioni a persone mediante la fiamma, il calore o una combinazione di fiamma e di calore sprigionate dalla reazione chimica di una sostanza lanciata sul bersaglio. Tra queste, per caratteristiche, rientrano le bombe realizzate con materiali come napalm, termite e fosforo bianco.

Nel testo della Convenzione viene tuttavia precisato che le armi incendiarie sono però consentite in casi specifici, cioè quando queste bombe vengono usate come copertura per le truppe o per colpire determinati obiettivi militari. Quindi potrebbero essere utilizzate in particolare a scopo di illuminazione, per spaventare il nemico o per creare una cortina fumogena, per nascondere le proprie truppe, coprire la ritirata o impedire al nemico di avanzare

Nel stesso testo viene inoltre sottolineato che è vietato usare tali armi contro la popolazione civile o contro un obiettivo militare sito all’interno di una concentrazione di civili e anche su boschi e foreste salvo che tali elementi naturali siano utilizzati per coprire o mascherare dei combattimenti o altri obiettivi militari.

Sebbene non siano generalmente classificate tra le armi chimiche, le bombe al fosforo provocano ustioni gravissime, estese ed estremamente dolorose. Se tale sostanza entra a contatto con gli occhi i danni sono quasi sempre irreversibili tanto più che il fosforo è una sostanza tossica anche per inalazione.

Il fosforo bianco quando viene a contatto con l’aria produce anidride fosforica generando calore; l’anidride fosforica, a sua volta, reagisce violentemente con composti contenenti acqua, come il corpo umano, e li disidrata producendo acido fosforico che nell’uomo agisce penetrando nella pelle e bruciando i tessuti sottostanti causandone la necrosi fino alle ossa.

Il Tunnel dell’Amore ucraino

In Ucraina occidentale, nascosto nei boschi del villaggio di Klevan nella regione di Rivne, si trova il Tunnel dell’Amore che si è creato con l’armoniosa collaborazione dell’uomo e della natura. Le sue origini riportano ad una antica leggenda, ambientata agli inizi del XX, che racconta l’amore proibito fra due giovani.

Il protagonista è un giovane ingegnere polacco, venuto nella città di Orzhel per i lavori di costruzione di una nuova ferrovia, che per caso vede ed incontra una bella ragazza ucraina della quale subito si innamora.

Dopo notti insonni, egli cerca un’occasione di incontro, a cui ne succedono molti altri, e poi inizia anche fra i due una corrispondenza segreta perchè i genitori della ragazza sono contrari alla relazione, in quanto la figlia è di religione ortodossa mentre il giovane è cattolico.

Iniziano i momenti difficili e lui, per vederla di tanto in tanto, la sera si reca dall’innamorata in bicicletta nel villaggio di Klevan facendo una via scomoda e lunga, attraverso una strada di campagna e un bosco. A quel tempo la prevista costruzione della ferrovia, che avrebbe dovuto collegare il villaggio di Klevan con il vicino villaggio di Orzhev, non era ancora iniziata ed avrebbe richiesto la demolizione di molte case.

Il giovane ingegnere polacco allora propose di posare la ferrovia direttamente nel bosco, che per lui rappresentava semplicemente la via più breve per raggiungere la ragazza amata. L’idea fu accolta e fu costruita la ferrovia che rappresentava una nuova strada dritta “come una freccia” permettendo agli amanti anche di inviarsi segnali con l’aiuto delle torce e anche di vedersi più spesso. Più tardi la vita li separò di nuovo poichè l’uomo dovette ritornare in Polonia e poi la ragazza si innamorò di un ‘altro ma entrambi vissero comunque felici e contenti.

Un’altra leggenda racconta invece che gli ingegneri abbiano nascosto intenzionalmente la ferrovia da occhi indiscreti poiché vi erano delle basi militari nei villaggi vicini e per nasconderle fu costruita la ferrovia attraverso il bosco. Quando però con il passare del tempo, le basi militari passarono in secondo piano, la popolazione smise di potare gli alberi lungo il tracciato, permettendo alla natura di gestire il bosco stesso.

Anno dopo anno, i rami si sono intrecciati fra loro formando una vera e propria grotta vivente lunga circa quattro chilometri di incredibile bellezza. Gli alberi continuerebbero a crescere, tessendo insieme i rami ancora più vicini tra loro, se non passasse qualche treno occasionale che porta ancora oggi ad una fabbrica locale.

Questi viaggi non sono regolari e il treno viaggia a seconda delle necessità. A volte è una volta ogni pochi giorni mentre a volte passa anche cinque volte al giorno e quindi è possibile vedere un vecchio treno che si muove lentamente attraverso questo tunnel verde.

I visitatori del tunnel spesso sono turisti giapponesi perchè questo luogo è apparso in un film del regista giapponese Akiyoshi Imazeki all’Hanoi International Film Festival nel 2014. In questo posto, che i locali dicono essere pieno di energia, sono stati realizzati tanti servizi fotografici romantici, annunci pubblicitari e persino video musicali.

Chi non ha un partner dovrebbe esprimere il desiderio di trovare il vero amore mentre si trova in piedi nel tunnel, mentre tutti coloro che lo hanno già trovato dovrebbero esprimere il desiderio di vivere insieme nell’amore per tutta la vita.

Il guerriero

Gli scarponi sudici e slacciati corrono veloci

affogando nel fango, mentre,

come dentro ad una antica fotografia,

la mano tremolante ed inzuppata di sangue

si riapre serena, disegnando la metamorfosi

di quella squallida e stridente monografia.

L’ultimo rombo esplode improvviso

rivoltando cupamente il cielo, poi un sibilo

guizza adirato e  rischiara, crepitando,

una giostra variopinta di lucide stelle che

precipitano di colpo a raggiera, ondeggiando

briose la loro brillante ed mortale criniera.

Il corpo si avvolge allo spazio infinito,

intrecciando frementi ghirlande per

agghindare, per un breve istante, il ricordo

della ormai lontana e perduta amante.

A terra, sognando, lo stanco guerriero

ascolta il tuo esile pensiero,

poi  si addormenta sgomento ma

non ti perdona ed infine, dolorosamente,

guarda dentro ai tuoi occhi e si abbandona.

Gli ultimi versi della Divina Commedia: ” l’ Amor che move il sole e l’altre stelle.”

Il canto XXXIII del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri, che si svolge nell’Empireo, è anche l’ultimo dell’intero poema e il canto si chiude, dopo una preghiera alla Vergine, con la visione di Dio, della Trinità e dell’Incarnazione.

L’Empireo, cielo di luce, rende visibile il Creatore che è circondato dagli angeli e dai beati che qui risiedono normalmente, salvo spostarsi liberamente nei cieli sottostanti, che stanno disposti in una Candida Rosa e possono essere visti da Dante, per concessione divina, come saranno dopo il Giudizio Universale e cioè con i propri corpi terreni.

Dapprima Dante vede Dio come unità, ma poi lo vede come Trinità poiché la sua vista si rafforza e s’addentra sempre di più nella luce divina. La Trinità appare come tre cerchi di tre colori ma di stessa dimensione e uno di essi (il Figlio) sembra riflesso dall’altro (il Padre) come un secondo arcobaleno si genera dal primo, e il terzo (lo Spirito Santo) sembra fuoco che spira allo stesso modo dall’uno e dall’altro.

Per tentare di spiegare la Trinità Dante si inventa la storia delle tre luci che si illuminano e si riflettono a vicenda; tre, ma sovrapposte così che al tempo stesso appaiono come una sola. Ciascuno ricava l’esistenza dalla luce dell’altro, uno genera l’altro in continuazione.

Poi Dante si focalizza su uno di quei tre cerchi, sul Figlio, e vede in esso un’immagine dello stesso colore che assume forma umana: è l’Incarnazione, visione incomprensibile con facoltà umana così come lo è la quadratura del cerchio.

Mentre tenta invano di capirla, viene illuminato dalla Grazia di Dio che folgorandolo gli permette finalmente di comprendere anche se ritiene che questo ultimo passaggio sia davvero del tutto inesprimibile con le parole.

Il poema si chiude con questi versi:

«ma già volgeva il mio disìo e il velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’Amor che move il sole e l’altre stelle.»
(vv. 143-145)

L’amore e l’armonia universale di Dio hanno ormai placato la volontà di Dante di conoscere volgendola come una ruota che si muove in modo regolare e uniforme. Con quest’ultima immagine, che colloca l’uomo nella perfezione del moto circolare divino, si chiude la cantica ed il poema.

Il fiore ed il cocktail mimosa

La mimosa è originaria dell’Australia e della Tasmania, anche se ora si trova in tutto il mondo. I fiori crescono quando le temperature iniziano a salire, le giornate si allungano e sta per arrivare la primavera.

Il loro colore giallo intenso porta allegria ed è perfetto per dare un tocco di luce a qualsiasi spazio interno mentre l’aroma dei fiori è speciale perchè ha l’odore caratteristico di quando piove e il terreno si bagna anche se, per la loro coltivazione, le alte temperature e il sole sono i migliori alleati. 

Regalare un bouquet di mimose è una forte dichiarazione di amicizia ma il significato della mimosa è anche strettamente legato alla femminilità, perciò è considerata il simbolo della Festa della donna dal 1946.

Esiste anche il cocktail Mimosa che per la prima volta fu servito in Francia al Ritz di Parigi nel 1925 e che venne chiamato con questo nome  per la significativa presenza di questi splendidi fiori nel sud della Francia. Altri dicono che il nome potrebbe essere dovuto al colore del suo contenuto perché è un mix di champagne e succo d’arancia e quindi ha una tonalità simile a quella della mimosa. Un’altra versione ancora narra che questo drink sia stato ideato invece intorno agli anni Venti, a Londra, in un bar chiamato Buck’s Club e che, oltre a succo d’arancia e champagne, contenesse anche un po’ di vino bianco.