Emiliano Zapata Salazar e la Comune di Morelos

Emiliano Zapata

Il generale Emiliano Zapata Salazar (1879 – 1919) è stato un capo della Rivoluzione messicana. Era il penultimo dei dieci figli di una delle tante famiglie rese povere dal regime dittatoriale di Porfirio Díaz e all’età di sedici anni rimase orfano. Essendo un meticcio parlava due lingue, spagnolo e nahuatl che era una antica lingua locale.

Nel 1909 Zapata appoggiò il candidato dell’opposizione, Patricio Leyva, a governatore ma a seguito della  sconfitta di Lyva vi furono dure rappresaglie e nuove perdite di terre. E così nel 1910, dopo vari tentativi di risolvere i problemi della ridistribuzione dei terreni per via legale, Zapata e i suoi cominciarono a occupare e a ridistribuire terre.

Verso la fine del 1910, Zapata iniziò la lotta armata, diventando capo indiscusso della rivoluzione del Sud. Nel giugno del 1911 si confrontò con Francisco Madero, liberale oppositore del regime dittatoriale messicano. L’incontro non ebbe frutti positivi e nell’ottobre del 1911, Zapata lanciò il piano Ayala che era un elenco completo dei principi cardine che erano alla base del suo pensiero nonché della rivoluzione messicana. 

Iniziò così una guerra lunga e difficile, prima contro Madero, poi contro Victoriano Huerta e poi contro Venustiano Carranza. Gli zapatisti erano inafferrabili: applicando la tecnica della guerriglia, colpivano i distaccamenti militari e scomparivano. Nel 1913, grazie anche alle vittorie di Pancho Villa al nord, Zapata costrinse alla fuga Huerta. 

Nell’autunno 1914 si tentò una convenzione tra le differenti fazioni rivoluzionarie che però non riuscirono a trovare l’accordo. Zapata fu presente alla successiva convenzione, che adottò il piano di Ayala ed elesse Eulalio Gutierrez presidente provvisorio. I gruppi di Pancho Villa e Zapata accettarono la convenzione ma non il gruppo del generale Venustiano Carranza e questo provocò la prosecuzione della guerra civile.

In dicembre, in seguito alla rottura con Venustiano Carranza, che rappresentava la borghesia agraria del nord, le truppe contadine di Villa e Zapata entrarono trionfanti a Città del Messico inalberando i vessilli della Vergine di Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. Fu in quei giorni che Zapata rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”.

Tornò nello stato di Morelos, dove nel 1915 giovani intellettuali, studenti provenienti da Città del Messico e zapatisti distribuirono terre e promulgarono leggi per restituire il potere ai pueblos. La Comune di Morelos fu un’esperienza di democrazia diretta e rappresentò l’apice della rivoluzione zapatista.

Le  vittorie di Obregón su Villa capovolsero però la situazione e la rivoluzione contadina entrò in una fase di declino da cui non si riprese più. Zapata fu attirato in un’imboscata e assassinato il 10 aprile 1919 per mano del generale costituzionalista Jesús Guajardo. I mandanti furono Pablo Gonzales Garza, comandante di Guajardo, e Venustiano Carranza. 

Aveva nove mogli e la prima Inés Alfaro, con cui aveva cinque figli, veniva descritta come una contadina dolce e un po’ rassegnata, che perdonava a suo marito tutte le sue infedeltà.

La sua seconda moglie era l’unica ufficiale, il suo nome era Josefa Espejo ed era conosciuta come La Generala. Veniva da una famiglia ricca che lasciò per seguire il rivoluzionario. Da lei, sposata nel 1911, ebbe due figli che morirono mentre erano ancora bambini.

Di Zapata fu la frase: 

Preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio.

La preghiera

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Datemi o Signore un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettete che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama io. Datemi, o Signore, il senso del ridicolo. Concedetemi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche ad altri.
(Tommaso Moro)

Pancho Villa contro i gringos americani

662Pancho Villa, ‹bìl’a›, o Francisco Villa era lo pseudonimo del generale rivoluzionario messicano José Doroteo Arango Arambula (1878 – 1923). Figlio di contadini, a 16 anni fu costretto a darsi alla macchia per aver ferito il padrone della hacienda nella quale lavorava perché aveva insidiato sua sorella.
Nel 1910 egli aderì alla rivolta di Francisco Madero contro la dura dittatura di Porfirio Díaz ma, dopo la vittoria di Madero, nel 1911 fu fatto arrestare per insubordinazione dal generale Victoriano Huerta.
Fuggito negli USA, tornò in Messico ai primi del 1913 per combattere Huerta che intanto, con un colpo di stato, si era insediato illegalmente alla presidenza. Unificati nella División del norte i vari gruppi guerriglieri attivi nel Nord del Messico, Villa diede prova delle sue doti militari e inflisse una sconfitta decisiva alle truppe di Huerta a Zacatecas  nel giugno 1914.
Alleatosi poi con Emiliano Zapata, egli ruppe però con Venustiano Carranza, prima suo alleato nella lotta contro Huerta, e lo costrinse ad abbandonare Città di Messico. Fu però sconfitto ripetutamente da Alvaro Obregón, che combatteva insieme a Carranza,  contro il quale  intraprese nelle regioni montuose del nord azioni di guerriglia, riuscendo anche a eludere una spedizione punitiva statunitense, inviata in risposta a un suo attacco in territorio statunitense contro la cittadina di Columbus, New Mexico, nel marzo 1916.
Caduto Carranza (1920), Villa depose le armi, ottenendo in cambio dal presidente provvisorio Adolfo de la Huerta una hacienda, dove fu assassinato tre anni dopo.

Il mito di Villa non si fonda però sulla sua attività politico-militare, altalenante come quella dei tanti rivoluzionari del primo Novecento messicano, né dalle prestazioni da macho di cui andava fiero in quanto vantava almeno diciotto mogli sposate, sembra, con rito religioso.

Il mito resiste perché, come Zapata, egli si pose dalla parte dei poveri contro i ricchi e i profittatori e perché fu a capo dell’unico esercito straniero che abbia invaso con successo il territorio degli Stati Uniti, battendo a più riprese i gringos alleati con i dittatori messicani.

Pancho rappresentò i bisogni posti dalla questione sociale del suo paese ma il presidente americano Woodrow Wilson schierò la sua poderosa forza a difesa di privilegi ingiusti, contro i poveri del mondo.

Zapata e Villa avevano iniziato nei primi anni del Novecento a partecipare alla rivolta dei peones contro la rigida divisione di classe del Messico, dando un significativo contributo alla fine della lunga dittatura di Porfirio Díaz. Con il secondo decennio però vi fu un tragico periodo di guerra civile passato alla storia come la “rivoluzione messicana”.

Villa agiva con gruppetti di uomini a cavallo e con azioni di guerriglia, al confine con Texas e Nuovo Messico e sconfino’ quando l’America cominciò a sostenere militarmente la repressione del presidente Carranza realizzando azioni come l’attacco del 1916 a Columbus, Nuovo Messico, che era protetta da una consistente guarnigione. La città fu incendiata e saltò in aria un albergo. Wilson mise una taglia di 5.000 dollari su Villa e inviò invano altri diecimila uomini al comando di Pershing e Patton, futuri protagonisti della Grande guerra.

Carranza nel 1917, dopo aver sconfitto Villa e Zapata e aver ottenuto il riconoscimento ufficiale dagli Stati Uniti d’America, fu eletto di nuovo Presidente ma morì assassinato nel 1920 nel corso di una ribellione guidata da Álvaro Obregón.

Villa si ritirò a vita privata nel 1920, dopo l’eliminazione di Carranza e l’elezione di Álvaro Obregón alla presidenza. Gli vennero assegnate una consistente protezione armata e una hacienda che trasformò in una “colonia militare” per i suoi ex soldati ma poi fu assassinato, molto probabilmente per ordine di Obregón.

Pancho aveva poco più di quarant’anni e la prospettiva di una serena vecchiaia da proprietario terriero, ma si fece incastrare dal debole per le donne. Uscì per fare da padrino al battesimo del figlio di un suo uomo e poi andò a far visita, con scorta ridotta, ad un’amante. Sulla strada del rientro, cadde sotto il fuoco incrociato di cecchini. Al funerale piansero e si consolarono a vicenda tre delle sue mogli.

Il DNA italico secondo una linea longitudinale

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ll popolo degli Italiani, con l’eccezione dei sardi, presenta oggi un miscuglio di geni e legami frutto di diverse invasioni. Questo è emerso da una recente ricerca dell’Università di Bologna, che ha creato una banca di campioni di Dna per tracciare la storia genetica degli italiani insieme al Dipartimento di Beni Culturali di Ravenna.

Lo studio ha sottolineato il segno lasciato dai molteplici scambi e contaminazioni che hanno interessato l’Italia sin dai tempi più remoti e che hanno lasciato un segno nel DNA degli abitanti. Infatti per la sua posizione nel mezzo del Mediterraneo, l’Italia ha sempre fatto da ponte tra Africa ed Europa con  millenni di spostamenti e scambi culturali. 

I ricercatori hanno raccolto 3 mila campioni di sangue di italiani, coinvolgendo i centri di donazione AVIS, provenienti da tutte le regioni. Di questi ne sono stati per ora utilizzati circa 900 e ogni persona presa in esame doveva avere i 4 nonni provenienti dalla stessa provincia. Sono stati presi in considerazione i marcatori uniparentali: il cromosoma Y, trasmesso per via paterna, e il Dna mitocondriale, per via materna.

Da qui è emerso che la variabilità genetica del Paese non segue del tutto un cambiamento secondo un asse Nord-Sud poiché dal punto di vista del cromosoma Y (linea paterna), emerge, a parte la Sardegna, un’Italia divisa secondo una linea più longitudinale, che separa una zona nord-occidentale da una sud-orientale. Ciò non si osserva però con il Dna mitocondriale (linea materna), che ha una distribuzione più omogenea, dato forse dalla maggiore mobilità femminile legata a pratiche matrimoniali che prevedevano lo spostamento della donna.

Il quadro complessivo è frutto di spostamenti lungo due traiettorie diverse iniziati nel neolitico, con l’avvento delle tecnologie agricole e dell’allevamento. Nei periodi successivi poi sono passati in Italia, lasciando i loro geni, Germani, Greci, Longobardi, Normanni, Svevi e Arabi. 

Quindi dal punto di vista genetico l’Italia è divisa più da una linea che separa Est da Ovest che da una che separa Nord da Sud. Invece fa storia a sé la Sardegna, che non ha subito grosse invasioni e si è distinta da tutte le popolazioni europee consentendo pochi innesti nel tempo di Dna differente.

Un’altra ricerca dell’Università di Bologna ha rilevato inoltre che  l’evoluzione delle popolazioni dell’Italia settentrionale è stata condizionata da un clima freddo, che ha reso necessaria una dieta molto calorica e grassaLa selezione naturale ha favorito in queste popolazioni,  e non in quelle del sud, la diffusione di varianti genetiche in grado di modulare il metabolismo di trigliceridi e colesterolo e la sensibilità all’insulina, riducendo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete.

In Sardegna inoltre la malaria ha rappresentato una delle principali caratteristiche ambientali, mentre nel meridione la selezione naturale ha reso più forti le risposte contro i batteri di tubercolosi e lebbra, le quali potrebbero però essere una delle cause evolutive a una maggiore vulnerabilità a malattie infiammatorie dell’intestino, come il morbo di Crohn.

I capelli inclinati e la carenza di zinco

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I capelli, come i peli del corpo, una volta avevano lo scopo di proteggere l’uomo dal caldo e dal freddo. l capelli inoltre, come altri peli del corpo, sono generati dai follicoli piliferi distribuiti su quasi tutta la superficie cutanea in quanto mancano solo sul palmo delle mani, sulla pianta dei piedi e su altre piccole zone come le labbra. 

I follicoli del cuoio capelluto danno origine ai capelli che  sono chiamati peli terminali, per distinguerli dai peli vello, sottili e quasi invisibili che si trovano nelle altre parti del corpo. Ogni capello è  composto dal fusto, che adorna il capo,  e dal follicolo pilifero interno che è una specie di “sacco” che affonda nella cute fino al derma con una certa inclinazione e per questo motivo i peli normalmente non sono diritti, ma leggermente inclinati.

Ad ogni follicolo pilifero sono annessi una ghiandola sebacea che produce il sebo, secrezione grassa che lubrifica il pelo, e un muscolo piloerettore che è il responsabile del fenomeno della “pelle d’oca”. La parte inferiore del follicolo, leggermente allargata, è denominata bulbo pilifero e comprende la papilla dermica, che è una struttura ricca di vasi sanguigni che fornisce gli elementi indispensabili all’attività del bulbo, e la matrice germinativa

La matrice germinativa ha la funzione di assicurare la nascita e la crescita del capello, la sua colorazione e le sue caratteristiche strutturali. Le sue cellule  moltiplicandosi, si sospingono verso l’alto all’interno del follicolo e, man mano che si arricchiscono di cheratina, danno luogo alla formazione del fusto.

Il fusto ha una forma cilindrica ed è formato da tre strati chiamati – cuticola, corteccia, midollo – dall’esterno verso l’interno. Il colore del capello è dato dai pigmenti, prodotti da melanociti situati nel bulbo pilifero, che si concentrano nello strato intermedio del fusto cioè nella corteccia.

Oltre all’acqua il capello è costituito da: cheratina, minerali, pigmenti e una piccola quota di lipidi.

La cheratina è una proteina ricca di zolfo e  grazie agli atomi di zolfo tra le catene di cheratina si possono formare legami chimici molto forti  che conferiscono solidità e resistenza in particolare a unghie, peli e capelli. Il processo di cheratinizzazione dei peli è regolato da fattori genetici, ma anche dagli ormoni e da  vitamine.

I principali minerali del capello sono: Ferro, Magnesio, Rame e Zinco. In particolare in caso di carenza di Zinco, infatti, il capello si indebolisce e rallenta il ritmo di crescita.

In ogni follicolo pilifero e per tutta la vita dell’uomo continuano a ripetersi momenti di crescita e momenti di riposo quindi si parla di ciclo del capello. La durata media del ciclo del capello è compresa tra 2 e 7 anni. Si stima pertanto che ogni follicolo produca circa 20 capelli nel corso della vita. Questo ciclo prevede tre fasi: anagen, catagen e telogen.

La fase ANAGEN di crescita vera e propria, in cui si verifica l’allungamento del capello, è la più lunga con una durata media di diversi anni. Nell’uomo dura 2-4 anni, nella donna invece 3-7 anni. Nell’uomo quindi il ricambio di capelli avviene a velocità doppia o tripla rispetto alla donna. Poiché la crescita in lunghezza è praticamente uguale nei due sessi, il capello del maschio cade pertanto ad una lunghezza teorica di circa 30-35 cm, mentre quello della donna può raggiungere anche i 100-120 cm. Ecco perché normalmente le donne hanno i capelli più lunghi dell’uomo.

La fase CATAGEN è di involuzione cioè diminuiscono le funzioni vitali e la crescita si blocca. Questa fase dura 2-3 settimane.

La fase TELOGEN è di riposo, le attività funzionali cessano completamente, ma il capello si trova ancora nel follicolo pilifero e cade principalmente quando viene lavato e pettinato.  Questa fase che mediamente dura 3-4 mesi, segna l’inizio di un nuovo ciclo. In condizioni normali quindi ogni volta che un capello in telogen cade, il follicolo ne forma uno nuovo quindi la caduta dei capelli è un evento fisiologico. Tuttavia altri numerosi fattori possono causare una caduta abbondante e continua con conseguente diradamento e maggiore visibilità del cuoio capelluto.

 

Il tono dell’anima

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” Strapazzando un uomo so, da come reagisce, che cosa pensare di lui. Vedo a quale tono è salita la sua anima: se colpite un bronzo con un guanto, non vi darà alcun suono; ma colpitelo con un martello e risuonerà.” 
Napoleone Buonaparte

TESS e la GJ 357d, la Super Terra

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YIl Transiting Exoplanet Survey Satellite, detto TESS, è un telescopio spaziale progettato nell’ambito del programma Explorer della NASA, con l’obiettivo di ricercare pianeti extrasolari.  In effetti il telescopio ha già scoperto tre esopianeti nel sistema della stella GJ 357. 

Il primo è GJ 357b, di poco più grande della Terra ma molto caldo, in quanto ha  una temperatura media di 245°C, e questo perché orbita ad una distanza ben 11 volte inferiore a quella tra Mercurio ed il Sole.

Il secondo è GJ 357c con una temperatura di 127°C ed una massa di circa 3 volte la Terra.

Infine c’è GJ 357d, la Super Terra: posizionato nei limiti della fascia abitabile della stella, potrebbe avere acqua liquida ed una atmosfera capace di sostenere forme di vita. Orbita intorno alla sua stella ogni 55,7 giorni ed ha una temperatura di equilibrio di circa -53 °C. Potrebbe sembrare un po’ bassa per considerare il pianeta abitabile, ma questa è solo una misurazione della radiazione solare; basti pensare che la temperatura di equilibrio della Terra è pari a -18°C, ma la presenza di atmosfera ne aumenta la temperatura della superficie.

La composizione e lo spessore dell’atmosfera ipotizzata risultano ad oggi sconosciute, mentre la massa potrebbe far supporre dimensioni 1 o 2 volte quelle della nostra Terra. La massa è sei volte quella della Terra e realizza un’orbita intera intorno alla stella di riferimento in 55,7 giorni terrestri.

Quindi non sono ancora note le dimensioni e la composizione, anche se appare chiara una ”natura rocciosa”. GJ 357 d si trova all’interno del bordo esterno della zona abitabile della sua stella e riceve approssimativamente la stessa quantità di energia che, nel nostro Sistema, riceve Marte.

Secondo gli esperti la presenza di un’atmosfera densa, potrebbe consentire alla gravità di intrappolare abbastanza calore per riscaldare il pianeta e consentire all’acqua di scorrere sulla sua superficie. L’assenza di un’atmosfera, invece, renderebbe il pianeta un luogo glaciale; sicuramente non abitabile. Ma è la vicinanza alla Terra a rendere unica GJ 357d, dal momento che si tratta della super-terra più vicina all’umanità in grado di ospitare la vita.