Ave atque vale

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Il passaggio dal dì alla notte e viceversa non avviene repentinamente: infatti prima di apparire all’orizzonte, il Sole manda i suoi raggi agli alti strati dell’atmosfera che li rimanda a noi dandoci il chiarore mattutino, cioè l’aurora.
Così pure avviene durante il tramonto ove, prima del sopraggiungere della notte, si ha il crepuscolo.

E così anche la nostra vita è un alternarsi di luce e di ombre. Forse più spesso di ombre come descritto nella poesia che avevo già postato….

SEE   YOU  SOON !!!

Notte scura

Correre e volare

verso l’incanto

del sentiero scosceso

che accompagna

al dirupo sconquassato

mentre la luna solitaria

soffia scapigliata

sulle nuvole riottose e stanche.

Correre e sognare

verso braccia sconosciute e sicure

che accolgono e cullano

quel pensiero persistente

mimetizzato tra le foglie arse

che cadono a fiotti dall’albero

sulla famelica e fredda collina.

Correre e pensare di amare

mentre le vertigini del sogno

soccorrono i respiri che

come rantoli volontari

si spezzano contro

alla corteccia tagliente

di questa immensa

e torbida notte scura.

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

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Un pastore errante si rivolge direttamente alla luna ponendogli diverse domande sulla vita e sull’ esistenza dell’ essere umano. Giacomo Leopardi sceglie di servirsi della semplice ed ingenua voce di un pastore, ritenendo quest’ultimo meglio di altri adatto ad interpretare l’ansia di conoscenza comune a tutti gli uomini e le domande che egli pone sono le domande che tutti gli uomini si portano dentro.

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?


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Paris at Night

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Jacques Prévert, nato a Neuilly-sur-la Seine nel 1900 e morto a Omonville nel 1977, è stato un poeta e sceneggiatore francese.
La sua poesia è scritta per essere letta e ciò che esce con prepotenza è il concetto di amore come unica salvezza del mondo, un amore implorato, sofferto, tradito, ma alla fine sempre ricercato.
 
La breve poesia di Prévert “Paris at Night” esprime l’immensa emozione di certi momenti di felicità amorosa e, al tempo stesso, la loro estrema semplicità ed umiltà: tre piccoli fiammiferi bastano a illuminare l’amore.
Prévert la dedica a Parigi che in questi versi viene personificata in una donna,splendida e seducente, resa ancora più affasciante dalla luce fioca dei fiammiferi accesi nel buio della notte.
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Domanda: da quale libro è tratta questa poesia?

Ferragosto

 

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Il nome della festa di Ferragosto deriva dal latino feriae Augusti (riposo di Augusto), in onore di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, da cui prende il nome anche il mese di agosto. La festa fu istituita dall’imperatore stesso nel 18 a. C. e  traeva origine dalla tradizione dei Consualia, che celebravano la fine dei lavori agricoli, dedicate a Conso il dio della terra e della fertilità.

In tutto l’Impero si organizzavano feste e corse di cavalli e gli animali da tiro, che erano di solito utilizzati per i lavori nei campi, venivano adornati di fiori. Inoltre i contadini facevano gli auguri ai proprietari dei terreni ricevendo in cambio una mancia.

Anticamente il ferragosto era quindi una festa pagana ed era celebrata il 1 agosto. Ma i giorni di riposo e di festa erano molti di più: a volte anche tutto il mese con il giorno 13, in particolare, dedicato alla dea Diana.

Questa festa fu assorbita dalla Chiesa cattolica che, intorno al VII secolo,  iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria nel giorno del 15 agosto. Il dogma dell’Assunzione, che fu riconosciuto come tale solo nel 1950, stabilisce che la Vergine Maria sia stata accolta in cielo sia con l’anima che con il corpo.

Domanda:“Pranzo di ferragosto ” è un film del 2008 da chi è scritto, diretto ed interpretato?

Chiare, fresche e dolci acque

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Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel 1304 e mori ad Arquà nel 1374. Fu uno scrittore, poeta e filosofo italiano considerato il fondatore dell’umanesimo e uno dei fondamenti della letteratura italiana, soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il Canzoniere emblema di eccellenza stilistica.

Chiare, fresche e dolci acque è la canzone più celebre ed è la numero 126 del Canzoniere. Questa canzone è forse il componimento più innovativo dell’autore, fondatore della poesia moderna sia per la sua sostanza psicologica, sia per il suo senso del paesaggio.  Un ulteriore aspetto di modernità è la dialettica tra piani temporali: piano della memoria e piano del presente in cui avviene l’atto di memoria.

Amore e morte risultano saldamente intrecciati, come spesso nei Rerum vulgarium fragmenta: il poeta prefigura la propria fine e immagina che Laura faccia visita alla sua tomba, emettendo un sospiro tale che, per grazia divina, possa finalmente restituire all’amante l’agognata pace.

E’ una canzone-manifesto: il luogo descritto da Petrarca rispecchia la chiarezza e la trasparenza espressiva della lingua nel rappresentare la complessità psicologica del poeta.

Il paesaggio è un’estensione della psicologia del soggetto, che proietta sul paesaggio  il fantasma dell’amata Laura. Negli ultimi tre versi di congedo, Petrarca si rivolge direttamente al componimento, invitandolo ad uscire tra la gente.

Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole extreme…….:::::::::::

La gotta

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La malattia detta gotta è la conseguenza di un eccesso di acido urico nel sangue che provoca infiammazioni alle articolazioni e quindi forti dolori e gonfiore  dovuti dal deposito di cristalli di urato. Le cause sono diverse: un’alimentazione sregolata in cui si eccede con proteine animali e carboidrati, scarsa attività fisica, un periodo di forte stress ma anche ereditarietà a questo genere di problema metabolico.

La gotta è nota fin dall’antichità come la malattia dei ricchi in quanto in passato erano spesso i vizi alimentari e l’eccesso di alcool che la provocavano. Soprattutto i re e i benestanti si ammalavano di gotta in quanto consumavano molta carne e cibi ricchi di proteine animali.

I  sintomi principali della gotta sono il gonfiore a carico delle articolazioni che può comparire e scomparire a seconda dell’andamento della malattia accompagnato da dolori di tipo acuto e sensazione di calore diffuso. Tutto questo può manifestarsi sia di giorno che, soprattutto, di notte causando risvegli molto fastidiosi o addirittura insonnia.

Generalmente le zone del corpo più colpite dalla gotta sono i piedi (in particolare l’alluce), le ginocchia, le mani e i gomiti. In alcuni casi è coinvolta solo una parte in altri invece gonfiori e dolori si manifestano contemporaneamente in più punti e nel giro di poco tempo.

Altri sintomi che possono derivare dalla gotta sono febbre, inappetenza ed eritemi nelle  zone articolari colpite dal problema. Quando la gotta si è ormai cronicizzata si possono creare anche dei  noduli visibili dalla superficie dell’epidermide che altro non sono che grandi depositi di acido urico.

Visto poi l’affaticamento dei reni che tentano di smaltire l’acido urico in eccesso, la gotta porta spesso con sé anche problemi di calcolosi.

In caso di gotta bisogna limitare il più possibile i cibi di origine animale e gli alimenti raffinati privilegiando invece cereali integrali, frutta e verdura fresca e di stagione. Alcuni frutti sono particolarmente utili in quanto tengono a bada l’eccesso di acido urico e hanno potere antinfiammatorio, tra questi ciliegie, amarene e visciole.

E’ importante, per evitare l’insorgenza di calcoli renali e per disintossicare l’organismo  eliminando  l’acido urico, bere molta acqua il più possibile lontano dai pasti.

Domanda: la gotta è difusa fra gli animali?

X – Oddisseo e la strage dei Proci

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I Proci restano terrorizzati e Eurimaco li incita a sguainare le spade e ad utilizzare come scudo le «mense» cioè i tavolini destinati a sorreggere i piatti e i cibi.
Eurimaco attacca Odisseo con la spada, ma viene colpito da una sua freccia ancor prima di raggiungerlo. Ferito a morte, rovescia il cibo e una coppa, scalcia contro il sedile («trono») e si abbatte al suolo con la fronte, agonizzando, finché la tenebra non dilaga i suoi occhi.

Ora è Anfinomo che tenta di attaccare Odisseo con la spada, ma viene colpito alle spalle da Telemaco. Odisseo è armato solo di frecce; Telemaco propone di procurare al più presto scudo, elmo e aste per sé, per il padre e per i servi fedeli, perché i Proci hanno con sé le proprie spade. Si dirige pertanto nella stanza al piano superiore dove la sera precedente assieme al padre aveva depositato le armi. Afferratele raggiunge rapidamente Odisseo, che freccia dopo freccia sta facendo strage dei Proci.

Il capraio Melanzio trova un passaggio per arrivare alla stanza in cui stanno le armi e rifornisce i Proci di elmi, lance e scudi. Eumeo e Filezio  sorprendono il capraio traditore nella stanza delle armi e lo legano a una colonna, lasciandolo appeso a soffrire atrocemente.

Atena trasforma in una rondine e si pone a guardare lo scontro su una trave dell’alto soffitto. I Proci superstiti, armati per intervento di Melanzio, cercano di organizzarsi. Li guida Agelao,che con altri cinque pretendenti (Eurinomo, Anfimedonte, Demottolemo, Pisandro, Polibo) forma la prima fila del gruppo armato. Agelao propone alla prima fila di scagliare tutti insieme le lance contro il solo Odisseo, l’avversario più pericoloso; ma i loro colpi, per volere di Atena, vanno tutti a vuoto. Essi invece vengono tutti trafitti mortalmente.

L’ultimo a morire è l’indovino Leode che supplica invano Odisseo di salvargli la vita, affermando di non avere colpe, ma l’eroe lo decapita e la sua testa cadde nella polvere, mentre lui ancora cercava di parlare.  Alla fine, Odisseo guarda attentamente la grande sala: tutti i Proci giacciono nel sangue.

Telemaco va a chiamare l’anziana Euriclea, e le chiede di far scendere nella sala, mentre Penelope è ancora immersa in un sonno profondo, le ancelle infedeli. Esse, afferma Euriclea, sono dodici su cinquanta. Odisseo ordina a Telemaco, Eumeo e Filezio di ucciderle con le spada. Ma prima le dodici ancelle sono costrette a portare nell’atrio tutti i cadaveri e a ripulire la sala. Infine Telemaco le impicca spietatamente; poi, con Eumeo e Filezio, mutila e uccide in modo orribile Melanzio, che era rimasto appeso ad agonizzare nella stanza delle armi.

Odisseo chiede ad Euriclea di portare dello zolfo, con il quale disinfetta tutta la casa. L’anziana nutrice chiama anche le ancelle fedeli, che si affollano affettuosamente intorno a Odisseo, baciandogli la testa, le spalle e le mani; egli le riconosce tutte e piange  per la commozione.

AIDS

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AIDS è la sigla dell’inglese acquired immune deficiency syndrome, che significa “sindrome da immunodeficienza acquisita”. L’AIDS è cioè una malattia infettiva grave che colpisce e distrugge in modo lento e progressivo il sistema immunitario ed è  causata dal virus dell’HIV. Quando il sistema immunitario è molto compromesso non consente più una difesa ottimale dell’organismo ed il malato può avere  numerose malattie e infezioni, che, se non sono curate subito, causano la morte della persona

A distanza di venti anni dalla sua scoperta l’AIDS risulta presente in tutto il mondo; tuttavia il maggior numero di malati si registra nei paesi più poveri, come quelli dell’Africa subsahariana. In questa zona geografica si calcola che, nel 2004, più di 25,4 milioni di persone vivano con la malattia, ma a causa dell’alto costo dei farmaci viene curata solo una bassissima percentuale. In tutto il mondo si stima che ci siano circa 39 milioni di persone con l’infezione da HIV, di cui circa 2,1 milioni sono bambini.

 La trasmissione del virus avviene attraverso il sangue, oppure per via sessuale (attraverso lo sperma), o infine durante la gravidanza, il parto e l’allattamento al seno. Quindi il virus dell’HIV non si trasmette per via aerea, cioè con il respiro, né con la saliva; non si trasmette neppure toccando una persona che ha l’infezione.

È sufficiente effettuare un semplice prelievo di sangue per individuare gli anticorpi specifici del virus. Gli individui nel cui sangue è presente il virus dell’HIV sono detti sieropositivi. Gli anticorpi però compaiono solo dopo un periodo tra due e sei mesi dal contagio e rimangono nel sangue per tutta la vita. Esiste quindi un periodo detto finestra, che va dal momento del contagio alla comparsa degli anticorpi, durante il quale il virus è presente, ma il test risulta ancora negativo. In questo ‘periodo finestra’ l’individuo può inconsapevolmente infettare altre persone se non utilizza precauzioni..

Una volta l’infezione da HIV era definita acuta a evoluzione fatale, cioè il malato era destinato a morire in poco tempo. I farmaci a disposizione erano infatti solo due o tre e in molti casi risultavano inefficaci. La ricerca scientifica ha portato all’individuazione di  nuovi farmaci, potenti ed efficaci. Questi sono in grado di bloccare la moltiplicazione del virus, ma non di eliminarlo e quindi hanno trasformato l’infezione da HIV da acuta a cronica. La cura per combattere il virus  consiste nell’assunzione contemporanea di più tipi di farmaci che attaccano il virus da più punti ma perché la cura sia efficace deve essere seguita meticolosamente.

Purtroppo questa cura è molto costosa e molti paesi poveri, che sono anche quelli in cui la malattia è più diffusa, non sono in grado di sostenerne i costi. D’altronde, fino a che in questi paesi la malattia non verrà arginata e curata, essa continuerà a diffondersi sempre di più. Per queste ragioni c’è attualmente una forte pressione sulle industrie che producono le medicine anti-AIDS perché i prezzi vengano drasticamente ridotti.

Molti studi e ricerche sono diretti alla scoperta di un vaccino terapeutico, che elimini il virus dal sangue di chi è già infettato, e di un vaccino preventivo che impedisca il contagio; ma si incontrano molte difficoltà dovute al fatto che il virus muta molto facilmente, cioè si trasforma adattandosi alle nuove condizioni.

Le condizioni che facilitano il contagio sono : l’uso di siringhe in comune con altri, oppure di oggetti che tagliano o pungono, come aghi, rasoi, forbicine; il ricorso ad agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing nel caso in cui gli aghi utilizzati non siano monouso (si usano cioè una sola volta e poi si gettano) o non siano stati sterilizzati; la frequentazione di numerosi partner occasionali; la presenza di lesioni a livello degli organi genitali.

Le maggiori probabilità di trasmissione si hanno quando i pazienti infetti da HIV non seguono la terapia, perché nel loro sangue o nelle secrezioni genitali è presente un virus con una maggiore carica virale.

Domanda: fino a quale data l’infezione da HIV era definita acuta e evoluzione fatale?

IX – Oddisseo e Antinoo

 

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Odisseo è sdraiato sotto il portico e si sveglia sentendo Penelope che nella sua angoscia invoca la morte:  ha sognato che lo sposo era accanto a lei nel letto, bello e giovane come al momento della sua partenza. Al mattino i Proci giungono al palazzo; arrivano anche il fedele Eumeo ed il capraio traditore Melanzio, che rinnova i suoi insulti contro il mendicante. Giunge alla reggia anche il saggio bovaro Filezio, che prende le difese dell’ospite.

È ormai ora di pranzo, Telemaco fa sedere il finto mendicante nella grande sala e promette di proteggerlo anche se Antinoo rinnova le sue minacce e Ctesippo scaglia contro il mendicante una zampa di bue.

Interviene una Dea a stravolgere la mente dei Proci, che si abbandonano a un riso folle, mentre le carni imbandite trasudano sangue e i loro occhi si riempiono di lacrime. L’indovino Teoclimeno vede il sinistro prodigio e lo interpreta come un segnale della loro morte imminente; ma Eurimaco lo tratta come un pazzo. Mentre gli altri Proci si abbandonano a insulti e schiamazzi, Telemaco aspetta dal padre il segnale d’inizio della strage.

Odisseo, con un movimento fulmineo, si toglie gli stracci che lo travestivano da mendicante e poi, con inaspettata energia, balza sulla soglia della grande sala e punta una freccia contro Antinoo che si sta divertendo e sta per bere. Odisseo mira alla gola e gli trapassa il collo con la freccia.

Gli altri Proci cercano le armi e  solo allora si accorgono della loro mancanza, abitualmente erano appese alle pareti della sala ma Telemaco e il padre la sera precedente le avevano spostate.

Pensano che lo straniero abbia ucciso per errore e  minacciano di ucciderlo e di lasciarlo  insepolto in pasto agli avvoltoi. Odisseo comincia a rinfacciare ai pretendenti le loro colpe: i Proci con la loro tracotante superbia, lo hanno offeso come marito, perché hanno cercato di prendere il suo posto accanto a Penelope; gli hanno fatto violenza come padre, perché hanno attentato alla vita di suo figlio; lo hanno disprezzato come ospite e padrone della reggia, perché hanno saccheggiato le sue sostanze e hanno spinto all’infedeltà servi e ancelle.

Eurimaco tenta di addossare tutte le responsabilità ad Antinoo e offre a Odisseo un indennizzo collettivo per i cibi e le bevande consumate nella sua casa e una somma come risarcimento del danno morale: i Proci attingeranno al loro patrimonio personale e daranno, ciascuno, un valore equivalente a venti buoi, in metalli preziosi. Odisseo rifiuta e dichiara di voler innanzitutto punire l’arroganza dei Proci; nessuna compensazione materiale potrebbe salvarli. Li invita a combattere già certo che nessuno di loro potrà salvarsi.

Domanda: chi è la Dea che stravolge la mente dei Proci?

Il colera

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Il colera è una malattia infettiva e contagiosa di origine batterica, determinata dal vibrione Vibrio cholerae. Si contrae attraverso l’ingestione di cibo o di acqua contaminati e si manifesta con diarrea abbondante  e dolori addominali. I principali veicoli dell’infezione colerica sono soprattutto l’acqua e gli alimenti da essa contaminati soprattutto vegetali e molluschi.

Il vibrione del colera sopravvive molto bene nelle acque potabili (da 7 a 14 giorni) e nei fiumi (uno o due giorni), mentre è particolarmente sensibile alle elevate temperature.Per inattivarlo è sufficiente far bollire l’acqua per pochi secondi o cuocere con cura gli alimenti.

E’ diffuso in Asia e in Africa ma negli ultimi decenni vi sono state piccole epidemie anche nei paesi industrializzati tra cui l’Italia. Ai confini del Ruanda nel 1994 il colera ha causato la morte di 20.000-50.000 persone, la diffusione della malattia fu favorita dalle condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene dei campi profughi Ruandesi.

In caso di strutture igienico-sanitarie scadenti, questi microrganismi possono inquinare le acque destinate all’alimentazione umana o all’irrigazione, con conseguente contaminazione dei prodotti ortofrutticoli.

Le falde inquinate possono anche raggiungere il mare e trasmettere l’infezione a molluschi come cozze e vongole. Anche le mosche e la manipolazione diretta di alimenti da parte di malati e portatori, favoriscono la diffusione della malattia.

Per tutti questi motivi l’isolamento ospedaliero dei malati è obbligatorio per legge. Penetrato per via orale, il vibrione del colera raggiunge e colonizza l’intestino tenue causando una diarrea acquosa classicamente associata da vomito, crampi muscolari e a volte febbre e sangue nelle feci. Bisogna subito garantire al paziente un elevato apporto di liquidi perchè la notevole perdita di acqua e sali minerali può portare alla morte dell’individuo. La cura del colera non può comunque prescindere da un idoneo trattamento antibiotico, necessario per ridurre la durata dell’infezione ed accelerare il recupero.

La vaccinazione anticolerica non è più obbligatoria da quando, nel 1973, l’OMS ha stabilito che tale pratica non dev’essere richiesta ad alcun viaggiatore. Nello stesso anno, nell’Italia meridionale, si registrò un epidemia di colera in Campania, attribuiti, per lo più, al consumo di frutti di mare infetti.

In caso di epidemia colerica la profilassi si basa sulla somministrazione di vaccini orali di recente commercializzazione e ai fini preventivi, una volta giunti a destinazione in aree a rischio, è buona regola accertare la provenienza dell’acqua destinata all’alimentazione (preferire quella imbottigliata o bollita) e all’igiene personale che, tra l’altro, dev’essere sempre scrupolosa. E’ inoltre necessario consumare alimenti ben cotti (i cibi più a rischio sono i molluschi e le verdure crude) e proteggere la cute dal contatto con insetti capaci di veicolare i vibrioni del colera sugli alimenti.

Domanda: in occasione dell’epidemia in Campania nel 1973 quanti casi e quanti morti vi furono?