I -Ching e lo psicanalista Jung

Risultati immagini per i ching

Le sentenze divinatorie del Libro dei mutamenti chiamato I-Ching, pur attingendo al simbolismo dell’Estremo Oriente, si adattano a qualsiasi individuo e a qualsiasi cultura. Non offrono significati astrusi ma immagini fortemente evocative spesso ispirate agli elementi della natura.

Il testo si basa su 64 capitoli ognuno dedicato ad uno specifico gua o esagramma che sono composti da linee intere che rappresentano il principio yang e da linee spezzate che rappresentano invece il principio yin. Le linee esprimono tutte le opposizioni presenti nell’universo: notte e giorno, maschile e femminile, caldo e freddo ecc.

La tradizione cinese riporta che gli otto trigrammi, che sono alla base degli esagrammi, furono trovati nel 2.800 a.C. dal sovrano celeste Fu Hsi sul carapace di una tartaruga.

La combinazione delle tre monete, che vengono lanciate per il procedimento di consultazione,  portano a scoprire l’esagramma che rappresenta la situazione attuale di chi pone la domanda in quanto la moneta di fronte corrisponde ad una linea intera ed il suo retro corrisponde ad una linea spezzata.

L’ I-Ching fu conosciuto in Europa a fine del “600 tramite il matematico Leibniz e dopo una traduzione del 1924 ma in particolar modo dopo una traduzione del 1949 che era introdotta da un saggio dello psicanalista svizzero Carl Gustav Jung. Questo saggio ne valorizzava l’aspetto della sincronicità: la coincidenza di due o più elementi slegati fra loro poichè essi possono avere significati anologhi per il soggetto che li vive.

Quindi una sentenza acquista valore perchè coincide con una esperienza vissuta dalla persona in quanto chiarisce solo i dubbi per i quali è stata necessaria la consultazione dell’oracolo.

ADHD: sindrome da deficit di attenzione

Risultati immagini per deficit attenzione bambini sintesi

La sindrome da iperattività/deficit di attenzione (ADHD) consiste in un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da iperattività, impulsività, incapacità a concentrarsi, più frequenti e gravi di quanto tipicamente si osservi in altri soggetti di pari livello di sviluppo, che si manifesta generalmente prima dei 7 anni d’età

I bambini con ADHD hanno difficoltà a completare qualsiasi attività, corrono e si arrampicano spesso, si distraggono facilmente, parlano in continuazione, non riescono ad aspettare il loro turno e spesso manifestano serie difficoltà di apprendimento scolastico. Tali manifestazioni possono evidenziarsi tutte insieme o solo in parte.

Alla sindrome ADHD si può accompagnare, a seconda dei casi, lo sviluppo di altre forme di disagio: ansietà e depressione, disordini comportamentali, difficoltà nell’apprendimento, sviluppo di tic nervosi.

Le cause che portano alla manifestazione di questa sindrome non sono ancora accertate completamente. Diverse ricerche identificano una certa familiarità nella presenza di ADHD, suggerendo una componente genetica nella sua trasmissione.

Alcuni studi valutano anche gli effetti di alcool e fumo durante la gravidanza o parto prematuro sullo sviluppo di ADHD e studi su alcune aree del cervello con tecniche di risonanza magnetica, Tac e con diversi tipi di tomografia hanno dimostrato che queste aree sono effettivamente più piccole di volume, rispetto alla norma, nei bambini con ADHD. I parametri presi in considerazione sono normalizzati in bambini che sono sottoposti a trattamento rispetto a quelli che non subiscono alcun trattamento.
Per quanto riguarda la possibile influenza di fattori ambientali, secondo una ricerca americana le ore trascorse quotidianamente dai bambini di fronte alla TV dall’età di 0 fino ai sei anni influiscono significativamente sullo sviluppo di disordini dell’attenzione e iperattività in quanto le immagini irreali e veloci di molti programmi possono alterare lo sviluppo del cervello.

E’ importante stabilire nei singoli casi se sia più favorevole un trattamento farmacologico oppure mettere in campo soltanto interventi terapeutici e comportamentali non farmacologici. Il ricorso al trattamento farmacologico, in ogni caso, dovrebbe essere il risultato di una attenta diagnosi, che si basa sull’esecuzione da parte del bambino di numerosi test, che permettono di valutare tutte le possibilità di ridurre al minimo il rischio del trattamento stesso e di stabilire l’appropriatezza terapeutica del farmaco.

Tra il 70 e l’80 per cento dei bambini rispondono positivamente ai trattamenti migliorando la propria capacità di concentrazione, di resa nell’apprendimento, di rapporto con gli altri bambini e con gli insegnanti, di controllo dei propri comportamenti impulsivi.

Essenziale ai fini di un risultato positivo della terapia è un rapporto prolungato con lo psichiatra infantile, sia da parte del bambino che della famiglia, per sviluppare in modo concertato tecniche di gestione del comportamento.

“Separate but equal”. Il caso di Rosa Parks.

 Risultati immagini per rosa parks

La metodista Rosa Louise McCauley (1913 – 2005) sposò il barbiere Raymond Parks, attivo nel movimento dei diritti civili, e lavorò come sarta in un grande magazzino di Montgomery in Alabama. Nel 1943 aderì  al Movimento e diventò segretaria della sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of Colored People e poi iniziò a frequentare un centro educativo per i diritti dei lavoratori e l’uguaglianza razziale.

Il 1º dicembre 1955 a Montgomery, la quarantaduenne Rosa stava tornando a casa dal lavoro in autobus e, non trovando altri posti liberi, occupò il primo posto dietro alla fila riservata ai soli bianchi nel settore dei posti comuni. Dopo poco l’autista le chiese di cedere il posto ad un passeggero bianco salito dopo di lei. Lei con un atteggiamento calmo rifiutò di farlo e il conducente fermò così il veicolo e chiamò due agenti di polizia.

Rosa Parks fu incarcerata per aver violato le norme cittadine che obbligavano le persone di colore a cedere il posto ai bianchi nel settore comune che potevano occupare solo quando non c’erano posti in quello a loro riservato. E questo valeva in tutti i luoghi pubblici tagliando così fuori i neri dalle scuole migliori e da molte professioni. Lo schiavismo era stato abolito nel 1865 ma gli Stati del sud continuavano ad emanare norme locali razziste dette leggi “Jim Crown” che era un nomignolo dispregiativo coniato per indicare gli afroamericani.

Il giorno successivo incominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery,  che durò per 381 giorni; dozzine di pullman rimasero fermi per mesi, perchè gli afroamericani non li prendevano più, finché non venne rimossa la legge che legalizzava la segregazione. In questa lotta fu seguita la teoria della “non violenza ” elaborata in quei giorni dal pastore protestante Martin Luther King e che fu  praticata anche nelle numerose altre proteste che si verificarono poi in molte parti del paese in favore dei diritti civili.

Nel 1952 il caso della signora Parks arrivò alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che all’unanimità decretò incostituzionale la segregazione sui mezzi pubblici e Rosa Parks diventò una paladina del movimento per i diritti civili.

Ricevette però numerose minacce di morte e poi, non riuscendo più a trovare lavoro, decise negli anni sessanta di trasferirsi a Detroit nel Michigan dove ricominciò a lavorare come sarta. Poi dal 1965 al 1988 fu assunta come segretaria del democratico John Convers.

Nel 1987 Parks fondò il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development in onore del marito e nel 1999 ottenne la Medaglia d’oro del Congresso. Morì a Detroit nel 2005 all’età di 92 anni.

 

Pentedattilo: la mano del diavolo

Risultati immagini per pentedattilo

In provincia di Reggio Calabria, sorge Pentedattilo, un piccolo borgo abbandonato e affascinante dell’area grecanica, che prende il suo nome dalla conformazione della roccia, il monte Calvario, sulla quale si innalza simile ad una mano gigante che però ora non è più interamente visibile a causa del crollo di alcune parti rocciose.

Pentedattilo nacque nel 640 a.C. circa ad opera di alcuni coloni greci, i Calcidesi, e nel periodo greco-romano era un fiorente centro economico anche perchè la sua posizione strategica di controllo sulla fiumara Sant’Elia, via che portava all’Aspromonte, lo rendeva un importante centro militare.

L’epoca bizantina ha rappresentato per Pentedattilo però un lungo periodo di declino causato dai continui saccheggi dei Saraceni ma con i Normanni di Re Ruggero d’Altavilla (sec. XII), il paese divenne uno dei possedimenti della famiglia Abenavoli. Nel 1589 il feudo fu venduto all’asta alla famiglia degli Alberti, insieme al titolo di marchesi; questi vi rimasero fino al 1760, quanto il feudo passò alla famiglia dei Clemente, già marchesi di San Luca, e da questi poi ai Ramirez nel 1823.

Nel 1783 un terremoto, che devastò gran parte del territorio reggino, rase al suolo gran parte del centro di Pentedattilo tra cui il castello chiamato delle 300 porte. Il terremoto ed alcune scosse successive contribuirono inoltre  all’abbandono del borgo che diventò definitivo negli anni ’60 del novecento quanto iniziò un lento movimento franoso del territorio.

Il borgo di Pentedattilo ha ritrovato nuova vita a partire dagli inizi degli anni ’90 del novecento, quando volontari di tutta Europa lo fecero diventare un centro artistico e culturale. Oggi esistono piccole botteghe di artigiani che vendono dei loro prodotti: liquori, saponi artigianali, oggettistica tipica della zona.

Una leggenda narra che il barone di Montebello, Bernardino Abenavoli, avesse chiesto in moglie Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti, di cui si era innamorato e dalla quale era corrisposto. Il marchese Domenico promise a Bernardino la mano della figlia ma solo dopo che Antonietta avesse raggiunto l’età da matrimonio.

Morto il marchese Domenico, il figlio Lorenzo sposò la figlia del Viceré di Napoli, Caterina Cortez e al matrimonio giunse il Viceré accompagnato dalla moglie, la futura sposa e il fratello Don Petrillo Cortez. Don Petrillo si innamorò di Antonietta e chiese  a Lorenzo di poterla sposare e il marchese Alberti acconsentì.

Il Barone di Montebello decise di vendicarsi e la notte di Pasqua del 16 aprile 1686, grazie al tradimento del servo Giuseppe Scrufari, si introdusse nel castello di Pentedattilo con i suoi uomini e uccise Lorenzo a colpi di archibugio. Furono uccisi anche quasi tutti i suoi abitanti, compreso un altro fratello di Antonietta di soli nove anni. Da tale massacro furono risparmiati Caterina Cortez, Antonietta Alberti, la madre Donna Giovanna e Don Petrillo Cortez. Quest’ultimo fu preso in ostaggio come garanzia contro eventuali ritorsioni da parte del Viceré.

Dopo la strage, Bernardino portò Antonietta a Montebello Ionico e la sposò il 19 aprile 1686. Il Viceré di Napoli inviò una spedizione militare ed attaccò il Castello degli Abenavoli. Fu liberato Don Petrillo e furono catturati gli esecutori della strage, le cui teste furono tagliate e appese ai merli del castello di Pentedattilo.

Il barone di Montebello, dopo aver lasciato Antonietta presso un convento a Reggio Calabria, scappò prima a Malta ed in seguito a Vienna dove entrò nell’esercito austriaco morendo poi in battaglia nell’agosto del 1692. Antonietta Alberti, il cui matrimonio fu comunque sciolto, finì i suoi giorni nel convento di clausura, consumata dal dolore e dal rimorso per aver causato la strage dell’intera sua famiglia.

Si narra inoltre che quando Lorenzo Alberti fu colpito a morte dal barone, poggiò la mano alla parete lasciando l’impronta delle cinque dita insanguinate tuttora visibile sulla rupe di Pentidattilo e indicata come “la mano del Diavolo”. Si racconta che nelle sere d’inverno, sia possibile udire il rumore degli zoccoli dei cavalli che da Montebello si avvicinano a Pentedattilo. Altri dicono che, sempre di notte, si odano per le vie del borgo le urla del Marchese Lorenzo Alberti e degli abitanti del suo castello brutalmente uccisi mentre altri giurano che, la notte del 16 Aprile di ogni anno, si vedano delle strane ombre in paese: madri con i bambini per la mano che corrono inseguite da persone col coltello che tentano di ucciderli.

Si dice anche che sulla roccia a forma di mano vi sia una maledizione destinata ad abbattersi sul paese e a distruggerlo completamente  per punirlo di tutto il sangue versato e per vendicare i morti innocenti di quella triste vigilia di Pasqua del 1686.

Secondo un’altra leggenda esisterebbe, invece, un tesoro nascosto dagli Abenavoli, vecchi proprietari del feudo di Pentedattilo, nel centro della montagna. Un tempo un fantasma svelò a un cavaliere di passaggio che se fosse riuscito a fare cinque giri intorno alle dita della montagna, su un piede solo, questa si sarebbe aperta facendo riemergere il tesoro. Un cavaliere giunto dalla Sicilia riuscì a compiere ben quattro giri attorno alla mano e la montagna cominciò ad aprirsi ma, al compimento del quinto passaggio, quello riferibile al dito mignolo, un intero costone della mano crollò sul cavaliere e lo uccise.

 

La Romania e la Guardia di Ferro

Risultati immagini per la guardia di ferro

La legione dell’Arcangelo Michele fu creata in Romania nel 1927 dal ventottenne Corneliu Zelea Codreanu a capo di un piccolo gruppo di studenti o ex studenti dell’Università di Iasi.

Vedendo l’immagine di San Michele ebbe la rivelazione della sua “missione” di liberare e purificare la Romania da corruzione, affarismo e oppressione economica portati dagli ebrei e dagli altri stranieri. Nel 1930, come corpo armato del movimento, fu costituita la Guardia di Ferro cui venne affidata l’esecuzione delle rappresaglie contro gli avversari e il “comunismo ebraico”.

Allora in Romania l’80 % della popolazione era composto da poveri contadini, dal clero di rito ortodosso che era parte integrante del mondo contadino e l’industria era in buona parte controllata dai capitali stranieri. Nel Paese era anche radicata una forte ostilità nei confronti della popolazione ebraica che costituiva l’ossatura della nascente classe media dedita agli affari e alle professioni

La Legione più che di un partito assunse le caratteristiche di un ordine religioso e di una formazione paramilitare. Si proclamò antiborghese, anticapitalista e contraria al metodo democratico parlamentare. L’unica “verità” era il Cristianesimo e per estirpare il male e le forze delle tenebre, costituite da ebrei, comunisti e borghesi, era consentito il ricorso alla violenza e all’azione terroristica.

L’organizzazione aveva una rete di piccoli gruppi, chiamati “nidi” (cuib in rumeno) e spesso nelle manifestazioni gli aderenti alla Guardia di Ferro sfilavano in formazione riproducendo delle grandi croci viventi. Venne adottato il saluto romano e come divisa fu scelta la camicia verde come altri movimenti fascisti europei.

Fu creata anche una “Squadra della morte”, comprendente uomini che si erano offerti di morire per Codreanu. Codreanu si schierò per un’alleanza con Hitler ma  alla fine del 1937 il movimento fu sciolto di nuovo dopo aver raggiunto il 16% dei voti, presentandosi alle elezioni con il nome di copertura di “Tutto per la Patria” e divenendo il terzo partito del Paese.

Il re Carol II nel 1938 effettuò un colpo di Stato proclamando la dittatura regia e  Codreanu fu arrestato con centinaia dei suoi uomini. Accusato di attività terroristica, tentata insurrezione e attività spionistica a favore di una potenza straniera, fu condannato a dieci anni di lavori forzati da un tribunale militare. Ripresero quasi subito gli attentati contro gli ebrei accusati di aver spinto tale repressione e gli assassinii.

Il 30 novembre del 1938, un comunicato ufficiale informava che Codreanu era stato abbattuto “mentre tentava di fuggire” insieme ad altri tredici dirigenti del movimento. In realtà furono strangolati e poi crivellati di colpi e i loro cadaveri furono gettati in una fossa comune vicino Bucarest. Migliaia di altri legionari furono  eliminati dopo il loro agguato che portò alla morte nel 1939 del ministro degli interni Calinescu.

Re Carol II fu costretto ad abdicare nel 1940 per la crescente influenza tedesca e dell’Urss che si era anche annessa la Bessarabia e la Bucovina settentrionale. Si instaurò allora un regime militare, sempre più nell’orbita della Germania, guidato dal generale Ion Antonescu con l’appoggio della Legione.

Horia Sima, il successore di Codreanu, diventò vice primo ministro ma la Legione voleva tutto il potere e nel 1941 scattò l’insurrezione della Guardia di Ferro.  Durò tre giorni fino a quando l’esercito riprese il controllo della capitale e la  Germania, pur mantenendo stretti rapporti con la Guardia di Ferro, si schierò dalla parte di Antonescu.

I legionari della Guardia di Ferro però invasero Bucarest ed entrarono nel quartiere ebraico, incendiando le sinagoghe, devastando e distruggendo. Al macello comunale vennero radunati centinaia di ebrei e, dopo aver simulato una cerimonia kosher, molti di loro vennero trascinati al mattatoio, sgozzati e appesi ai ganci, come carcasse di animali, con la scritta al collo “carne ebrea”.

Per un raggio di diversi chilometri si rinvennero i corpi degli ebrei assassinati dalla  Guardia di Ferro. Le fonti più attendibili parlarono di 630 morti e 400 scomparsi. Horia Sima, protetto dalle Ss di Himmler, si salvò dalla repressione attuata dall’esercito di Antonescu.

 

Salerno: la capitale d’Italia ed il diniego dell’arcivescovo Monterisi

Risultati immagini per salerno capitale d'italia

Gli alleati erano sbarcati e l’Italia ormai era divisa in due parti e, mentre gli Americani combattevano a Cassino, il Governo italiano, in attesa che fosse liberata Roma, dal febbraio all’agosto  del 1944 spostò la propria sede da Brindisi a Salerno che divenne così la capitale del Regno del Sud.

A Salerno confluirono 29 carri merci e soltanto 380 persone oltre al re Vittorio Emanuele III e la regina Elena che furono sistemati prima a Vietri sul Mare e poi a Ravello. Il re con il cappello a larghe tese in testa andava spesso a pescare in barca e la regina suonava il pianoforte e si recava a Messa in un vicino convento. Menna, futuro sindaco di Salerno, inviava loro giornalmente una cassetta di frutta e verdura e spesso anche un mazzetto di fiori per la regina.

Il Governo requisì gran parte dei palazzi publici per i propri uffici anche se un terzo dei palazzi e delle case era stato distrutto e gli abitanti rimasti erano solo 55.000. Inoltre erano stremati dalla fame e dalle malattie perchè mancavano i generi alimentari mentre si diffondeva la borsa nera.

Il capo di governo Badoglio, per la carenza di palazzi dove insediare i Ministeri, pensò di utilizzare il seminario regionale Pio XI trovando però la nettissima opposizione dell’arivescovo Nicola Monterisi che gli rinfacciò di essere scappato a Pescara mentre lui, pur essendo un vecchio di 76 anni, era rimasto nella sua città per confortare la gente stremata dalla guerra.

Il governo Badoglio prese le prime misure per il razionamento alimentare, la riattivazione delle vie di comunicazione e la riapertura dell’Università di Salerno che era stata chiusa 83 anni prima e che sfornò poi 400 maestri. Fino al 15 agosto 1944 e quindi in circa 6 mesi, si succedettero tre Governi (nel secondo entrò anche il Partito comunista di Togliatti) che alla fine misero le basi del futuro Stato repubblicano perchè fu sancito che a fine guerra vi sarebbe stata la scelta istituzionale tra repubblica e monarchia.