ll primo paese al mondo a festeggiare il Capodanno

ll primo paese al mondo a festeggiare il Capodanno è il regno di Tonga, situato nell’Oceano Pacifico meridionale. L’arcipelago di Tonga è l’unico paese che si trova proprio sull’International Date Line, quindi è il primo ad entrare in un nuovo anno. Tonga è situato infatti nella fascia oraria UTC+13:00, che significa che è 13 ore avanti rispetto all’ora solare del meridiano di Greenwich. Tonga è seguita dalla Nuova Zelanda e dall’Australia.

Le predizioni sull’anno 2024 di Baba Vanga la “Nostradamus dei Balcani”

L’85% delle predizioni della veggente Baba Vanga, morta nel 1996 all’età di 84 anni, si sono avverate. La donna, rimasta cieca dopo una brutta tempesta, è stata una mistica, chiaroveggente ed erborista bulgara, che ha trascorso gran parte della sua vita nella zona di Rupite, un villaggio montano del distretto di Blagoevgrad. I suoi seguaci erano convinti che possedesse abilità paranormali. Baba aveva previsto il disastro di Chernobyl, la morte della principessa Diana e la caduta dell’Unione Sovietica .

Per il 2024 ha previsto un tentativo di assassinio del presidente russo Vladimir Putin da parte di un connazionale, lo scoppio di una guerra biologica, un attacco terroristico che colpirà l’Europa da parte dell’Islam e di una crisi economica destinata a scuotere l’economia globale e uno spostamento del potere economico da Ovest a Est.

Tra le sue previsioni ci sono anche terrificanti eventi meteorologici e disastri naturali, tra cui anche una alterazione dell’orbita che potrebbe causare sconvolgimenti climatici e un aumento dei livelli di radiazioni. Baba ha parlato anche di attacchi informatici che potrebbero colpire le reti elettriche e gli impianti di trattamento delle acque ma anche della scoperta di un nuovo trattamento per l’Alzheimer e una potenziale cura per il cancro.

La condizione di analfabetismo in cui versava Vanga getta però un’ombra di dubbio su quali profezie siano state effettivamente proferite e sul fatto che potrebbero essere state manipolate dai suoi seguaci per farle aderire alla realtà a fatto compiuto. I casi in cui le profezie della donna non si sono avverate sono documentati, così come anche i casi il cui significato proveniente da profezie criptiche è stato adattato a fatti accaduti dopo che si sono verificati.

Il riscaldamento del pianeta e l’aria condizionata

Secondo una ricerca delle Nazioni Unite, pubblicata in occasione dei ultimi colloqui globali sul clima a Dubai, con l’aumento delle temperature globali un numero sempre maggiore di persone ricorrerà ai condizionatori d’aria per evitare il caldo ma l’aumento del raffreddamento degli edifici e di altri ambienti, implica che il mondo potrebbe utilizzare più del doppio dell’elettricità attuale per rimanere fresco.

L’aumento dell’uso dell’elettricità rischia a sua volta di far aumentare le emissioni di gas serra, che causano il riscaldamento globale, poichè gli speciali gas refrigeranti utilizzati nei condizionatori e nei frigoriferi, quando si disperdono nell’atmosfera, sono anch’essi potenti gas serra. Se le tendenze attuali dovessero confermarsi, nel 2050 il 10% delle emissioni mondiali di questi gas potrebbe derivare dai condizionatori d’aria e da altri sistemi di raffreddamento.

L’adozione di tecnologie di raffreddamento “passive”, come il miglioramento dell’isolamento e delle superfici riflettenti, possono contribuire a mantenere il mondo più fresco senza aumentare in modo significativo il consumo di energia. Il rafforzamento dell’efficienza energetica e la graduale riduzione dei gas refrigeranti possono inoltre contribuire a ridurre le emissioni legate al raffreddamento.

Si stima che 1,2 miliardi di persone in 77 Paesi sono ad alto rischio di cattiva salute e di mezzi di sussistenza a causa della mancanza di accesso alle moderne tecnologie di raffreddamento, come condizionatori e frigoriferi, a casa, a scuola o al lavoro.

Con il riscaldamento del pianeta la capacità produttiva degli impianti di raffreddamento in tutto il mondo triplicherà entro il 2050 e questo rischia di mettere a dura prova le reti elettriche, soprattutto nelle economie in via di sviluppo.

Dal documento emerge che gran parte del potenziale di riduzione delle emissioni risiede nelle economie più ricche del mondo. L’adozione di codici energetici per gli edifici che incorporano esplicitamente il raffreddamento “passivo”, come i progetti che aumentano l’ombra naturale e la ventilazione, sono particolarmente efficaci.

Queste misure di raffreddamento passivo, insieme a miglioramenti più rapidi dell’efficienza energetica e a un’eliminazione più rigorosa dei refrigeranti altamente inquinanti, chiamati idrofluorocarburi, potrebbero ridurre le emissioni previste per il 2050 di oltre il 60%. Inoltre, una rapida transizione verso fonti di energia rinnovabili come l’eolico e il solare per alimentare i condizionatori d’aria potrebbe ridurre ulteriormente le emissioni legate al raffreddamento.

Uno straordinario sostituto di scafè ritrovato in un mausoleo romano in Francia

Stanno emergendo importanti dettagli dagli scavi di alcuni mausolei romani, trovati, a partire dal 2022 a Hochfelden, un comune francese di 3300 abitanti, situato nel dipartimento del Basso Reno, nella regione del Grand Est. .

In particolare è stata scoperta una cassa calcarea quadrata, posizionata all’interno di un mausoleo circolare, che è stata aperta da poco in laboratorio. La semisfera cava contenuta all’interno si è rivelata essere un sostituto di uno scafé cioè un tipo di quadrante solare originariamente inventato dai greci e successivamente adottato dai romani.

Secondo gli archeologi, questo strumento presenta 12 divisioni corrispondenti alle ore solari, con una variazione temporale che spazia da 80 minuti durante il solstizio d’estate, 40 minuti durante il solstizio d’inverno e 60 minuti durante gli equinozi. Questo ritrovamento è di estrema importanza poiché getta nuova luce sulle capacità di misurazione del tempo presso le antiche civiltà.

Lo strumento è stato inoltre utilizzato per contenere, al suo centro, un’urna di vetro a sezione quadrata, che all’interno reca i resti di un defunto cremato. Dentro alla tomba è stato rinvenuto un anello d’oro decorato con un intarsio di pietra viola, forse ametista, sulla quale quale è inciso il nome greco SANKTOS. Questo suggerisce che l’oggetto potrebbe avere avuto un significato particolare o un legame speciale con il defunto.

Gli archeologi hanno esaminato il fondo dell’urna vitrea, che era decorato con tondi e quadrati, e sotto di esso hanno trovato un sesterzio e un asso che potrebbero avere avuto un significato simbolico o religioso nel contesto funerario romano. Questa scoperta solleva molte domande sulla pratica sepolcrale e sulla ritualità romana.

E’ stato trovato anche un ulteriore reperto, probabilmente utilizzato per regolare il dispositivo, e si tratta di una barra metallica, nota come gnomone, che proiettava la sua ombra sul quadrante solare, consentendo la lettura del tempo. Questo ritrovamento offre una preziosa finestra sulla vita e la cultura degli antichi romani.

Gli struffoli, dolci natalizi napoletani di origine greca

La tradizione napoletana vanta tante preparazioni di dolci tra cui spiccano gli struffoli, i dolci più caratteristici del periodo natalizio, che consistono in piccole palline di pasta dolce aromatizzate all’anice, a base di farina, burro, zucchero, uova e scorze di agrumi grattugiate, che vengono prima fritte in olio di semi bollente e quindi guarnite con il miele, leggermente sciolto sul fuoco, confettini di zucchero colorati e canditi a cubetti.

Pare che antichi Greci li abbiano esportati nel Golfo di Napoli al tempo di Partenope ed è proprio dalla lingua greca che secondo molti deriverebbe anche il loro nome e più precisamente dalla parola “strongoulos”, ovvero “dalla forma arrotondata”. Altre fonti sostengono invece che la parola struffolo deriverebbe da “strofinare”, il gesto che compie chi lavora la pasta, per arrotolarla a cilindro prima di tagliarla a pezzettini. Altri ancora, pensano che lo struffolo si chiami così perché “strofina” il palato, ovvero lo solletica con il suo dolce sapore.

Gli struffoli hanno una larga diffusione nell’Italia meridionale dove ne esistono diverse versioni, tutte più o meno simili alla ricetta originale ma con nomi diversi: in Calabria “cicirata”, in Umbria ed Abruzzo “cicerchiata ” ed a Palermo “strufoli”.

I cibi tipici del periodo natalizio in Messico.

Nel periodo natalizio non possono mancare ovviamente i cibi tipici. Il tacchino ripieno di mandorle, filetto di carne e pesce secco sono i piatti principali di questo periodo, seguiti dalle frittelle fatte in casa e dal ponche, una bevanda calda con tejocote, zucchero di canna, cannella e uva secca.

A Natale, si potrà gustare un ottimo bacalao, un piatto a base di baccalà, pomodoro e patate, con dei peperoni o un pavo o guajolote, la versione messicana del tacchino, accompagnati dalla famosa bevanda messicana el ponche.

Luigi XVII di Francia, figlio di Maria Antonietta, morì a dieci anni senza avere mai regnato. 

Luigi Carlo di Borbone (Versailles, 1785 – Parigi, 1795) era il terzo figlio, e il secondo maschio, di Luigi XVI di Francia e di Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena. Alla nascita fu insignito del titolo di duca di Normandia e nel 1789, dopo la morte del fratello maggiore, divenne il nuovo delfino di Francia fino a quando, abolito questo titolo dalla Costituzione francese, divenne noto come il principe reale Luigi Carlo.

Morto il padre nel 1793, fu poi considerato dai monarchici francesi e dalle corti europei re di Francia e di Navarra col nome di Luigi XVII, anche se di fatto era prigioniero dei repubblicani. Egli infatti non regnò mai né venne mai incoronato e nel 1795 morì all’età di dieci anni a causa delle dure condizioni di prigionia cui fu sottoposto per oltre due anni.

Quando sua madre Maria Antonietta era rimasta incinta, malelingue dicevano che il bambino fosse figlio di Hans Axel von Fersen, aristocratico svedese e suo presunto amante, altri invece fecero notare invece l’evidente somiglianza che il piccolo aveva con il conte di Artois, fratello del re.

Quindi iniziarono a circolare voci contro la legittimità della successione al trono, rafforzando le posizioni politiche del conte di Provenza e del conte di Artois, che vennero dichiarati da alcune fazioni i legittimi successori al posto del giovane principe.

Luigi Carlo era vivace e in salute, mentre il fratello maggiore il delfino Luigi Giuseppe era affetto da tubercolosi ossea, e fu molto amato dalla madre anche se la figura che ebbe il ruolo più rilevante nell’infanzia e nella prima giovinezza fu la sua balia, Agathe de Rambaud.

Molti furono gli eventi che negli anni della Rivoluzione francese sconvolsero la famiglia reale che nell’ottobre 1789 lasciò la reggia di Versailles per trasferirsi nel vecchio palazzo delle Tuileries dove, fallita la fuga nel giugno del 1791 perchè bloccata dai rivoluzionari a Varennes, rimase sino all’agosto del 1792. Ii 12 agosto 1792 la famiglia fu trasferita nella prigione della Torre del Tempio, un antico edificio medievale costruito dai Templari.

Dopo la morte del padre, ghigliottinato il 21 gennaio 1793, il Delfino fu riconosciuto dai monarchici espatriati come nuovo re e suo zio il conte di Provenza, che si era rifugiato in Germania, si autoproclamò reggente per il nipote, riconoscendolo sovrano col nome di Luigi XVII e iniziando a progettare la sua evasione. Il 3 luglio 1793 il bambino fu separato dalla madre e affidato alle cure di un ciabattino analfabeta, con lo scopo di educarlo da repubblicano.

Gli ambasciatori britannico e spagnolo riportarono ai rispettivi sovrani racconti secondo i quali il bambino sarebbe stato stuprato da prostitute con l’intento di infettarlo con malattie veneree e gettare ulteriore discredito sulla regina. Ma altre testimonianze riportavano invece che il Delfino avesse ricevuto un trattamento premuroso e che avesse imparato molte canzoni rivoluzionarie dell’epoca. 

Il 6 ottobre infatti Luigi Carlo venne costretto a firmare una falsa dichiarazione in cui accusava la madre e una zia di averlo iniziato a pratiche masturbatorie ed incestuose. Pare invece che Luigi Carlo, giocando, si fosse procurato un rigonfiamento al testicolo sinistro, per cui la regina gli aveva dovuto mettere dell’unguento prescritto dal medico.

Al processo la regina Maria Antonietta si difese con dignità, lasciando intendere che suo figlio era stato evidentemente costretto a rendere quelle dichiarazioni e facendo appello alle madri presenti in aula e ottenendo il sostegno delle popolane, inizialmente venute per offenderla. Maria Antonietta, ritenuta però colpevole, fu ghigliottinata infine il 16 ottobre del 1793.

Il 21 gennaio 1794 la camera dove era tenuto Luigi Carlo nel Tempio venne blindata, lasciando aperta soltanto una piccola fessura nella porta per passare il cibo al prigioniero. La prigionia in quel luogo malsano gli provocò una forte febbre che, unita alla malnutrizione e all’impossibilità di difendersi dai parassiti, minarono irreversibilmente la salute del bambino.

Barras lo visitò il 27 luglio 1794 e dispose pertanto di farlo perlomeno lavare e rivestire con abiti puliti. Anche la stanza dove era tenuto prigioniero venne fatta pulire e fu messo il creolo Jean Jacques Christophe Laurent (1770–1807) al suo servizio sino al 19 dicembre 1794.

Dopo la morte di Robespierre, i repubblicani volevano la pace con i paesi limitrofi che, dopo l’esecuzione di Luigi XVI, erano insorti in un’unica coalizione contro la Francia e alcuni di essi, tra cui ad esempio la Spagna, ponevano tra i termini del cessate il fuoco anche la liberazione e la messa in sicurezza del Delfino.

Ciò che si oppose alla liberazione di Luigi XVII fu probabilmente la sua giovane età: in caso di proclamazione di una monarchia costituzionale, avrebbe necessitato di un reggente da trovarsi in un membro della famiglia Borbone, nessuno dei quali si era reso disponibile. Nel frattempo crebbe il movimento di sostegno verso il giovane re e i Moscardini, giovani monarchici alla moda spesso armati, portavano 17 bottoni di perla sull’abito in onore di Luigi XVII.

Nel maggio del 1795 il prigioniero però iniziò ad apparire molto malato e i medici conclusero che ogni cura sarebbe risultata inutile, infatti Luigi Carlo morì l’8 giugno all’età di soli dieci anni, a causa della sua salute ormai compromessa. ll giorno successivo fu fatta l’autopsia sul corpo del giovane che attestò che il principe era morto di infezione scrofolosa da tempo infestante, associata ad una tubercolosi.

Il corpo del principe venne sepolto nel cimitero di Sainte-Marguerite, in una tomba senza nome, anche se molti sostennero che non fosse mai stato sepolto lì. Ad oggi i suoi resti risultano dispersi, forse, nelle catacombe di Parigi.

Il medico legale che accertò le cause della morte del principe, ad ogni modo, riuscì a portare illegalmente fuori dalla prigione il suo cuore che in seguito tentò di rivendere dapprima a Luigi XVIII e poi a Carlo X, ma entrambi si rifiutarono di riconoscere in quello il cuore del loro nipote. Il cuore venne poi rubato da uno degli studenti del medico, il quale confessò il furto sul suo letto di morte e chiese alla moglie di restituirlo.

La moglie decise invece di donare il cuore all’arcivescovo di Parigi che lo conservò sino alla rivoluzione del 1830. Quando la cattedrale venne saccheggiata, il cuore giunse in Spagna, dove fu donato nel 1895 a Carlo, duca di Madrid, e poi fu trasferito vicino Vienna. Nel 1909 fu ereditato da Jaime nuovo duca di Madrid e dopo di lui passò a sua sorella e infine nel 1938 pervenne alla regina consorte titolare di Spagna, Francia e Navarra. Il cuore ormai pietrificato di Luigi tornò a Parigi soltanto nel 1975, venendo finalmente posto nella basilica di Saint-Denis.

Il cuore del giovane principe appariva ben conservato perché non aveva subito il classico trattamento d’imbalsamazione, uso di erbe aromatiche e conservazione in appositi vasi di piombo, ma era stato conservato semplicemente in una bottiglia d’alcool. Nel 2000 la reliquia fu oggetto di accurate analisi del DNA che dimostrarono una parentela diretta per via matrilineare ma era però necessario comprovare una parentela con Luigi XVIIl . Il suo DNA è stato quindi confrontato anche con quello di altre persone con lui imparentate e con quello degli attuali discendenti dei Borboni.

Il mistero che circondò la morte di Luigi XVII contribuì alla comparsa di numerosi “falsi delfini” già all’inizio dell’Ottocento. Si diffuse infatti la leggenda che Luigi Carlo fosse stato liberato dalla prigione e al suo posto fosse stato messo un bambino muto. Altri sostennero che un gruppo di monarchici riuscì ad irrompere nella torre e a sostituire il giovane principe con un orfanello riempito di oppio. Vi furono anche molti mistificatori che si spacciavano per il redivivo principe di Francia alla ricerca di un appannaggio reale.

Nel 1814, dopo la caduta di Napoleone I, salì sul trono di Francia lo zio di Luigi XVII col nome di Luigi XVIII che, oltre a cercare di radunare le ossa disperse dei sovrani di Francia, diede disposizioni perché tramite le testimonianze scritte e orali si cercasse di ritrovare il corpo del giovane Luigi XVII ma ogni tentativo rimase vano.

Il cuore di Luigi XVII ha ricevuto l’8 giugno 2004, dopo duecentonove anni dalla morte e quattro esami del DNA che ne hanno accertato l’autenticità, una messa funebre solenne e la traslazione nella Basilica di Saint-Denis, vicino Parigi, dove sono conservati i corpi e i cuori dei suoi antenati re di Francia.

Il chocol, cibo degli dei, veniva impiegato da tutti i ceti sociali Maya.

Il chocol, che era una bevanda a base di fave di cacao quindi una specie di cioccolata calda, veniva preparata sin dal periodo tardo-classico (600-900) dai Maya e non era un’esclusiva dell’élite politico-religiosa poichè uno studio recente ha dimostrato che veniva consumata da tutti i ceti sociali. Tracce di cacao infatti sono state trovate non solo nei vasi riccamente decorati, ma anche in pezzi di ceramica usati tutti i giorni dalla gente del popolo.

Furono probabilmente gli Olmechi, un’antica civiltà del Messico tropicale, a coltivare per la prima volta circa 3mila anni fa, la pianta del cacao ma furono i Maya a diffonderlo come alimento, medicinale, bevanda rituale e persino come moneta. Le civiltà precolombiane usavano principalmente il baratto, ma avevano un primordiale “sistema monetario” basato proprio sulle fave di cacao.

Il conquistador Hernàn Cortès vide in Messico, nel 1519, i magazzini della capitale ricolmi di fave di cacao che la popolazione locale riteneva molto preziose tanto da usarle come moneta: uno schiavo valeva 100 chicchi mentre una notte d’amore con una cortigiana ne valeva 12. E la bevanda che se ne otteneva, il chocol, era considerata una vera prelibatezza.

Finora gli archeologi avevano sempre ritenuto che la preziosa bevanda fosse destinata esclusivamente all’élite politico-religiosa, e quindi era associata a ricchezza e potere, perché i suoi residui erano stati trovati solo in vasi cerimoniali riccamente decorati, appartenenti dunque agli alti ranghi della società maya: clero e aristocrazia.

Gli autori dello studio hanno esaminato 54 frammenti di ceramica raccolti in una vasta area, comprendenti monti e valli, abitata da agricoltori all’interno dell’antico insediamento maya di El Pilar, al confine tra Belize e Guatemala. Hanno analizzato cocci di pentole e padelle, oggetti di uso comune tra la popolazione, utilizzando la tecnica della ionizzazione multifotone potenziata dalla risonanza (REMPI), scoprendo così la presenza di residui di cacao sul 56% di questi utensili da cucina.

Lo studio dimostra, quindi, che la bevanda a base di cacao, nonostante fosse effettivamente considerata sacra e rappresentasse uno status symbol, veniva impiegata da tutti i ceti sociali anche per per compiere rituali religiosi.