Buon Anno!!

La danza nell'antica Grecia-Storia della danza - Vita in Essere

“Indovinami, Indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?”.
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un Carnevale e un Ferragosto
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno!”.
(Gianni Rodari)

Dante Alighieri e la letteratura islamica

Dante e l'Islam : Palacios, Miguel A., Rossi Testa, R., Tawfik, Y.:  Amazon.it: Libri

E’ possibile che Dante Alighieri, il padre della lingua italiana e delle nostre radici cristiane, nello scrivere la Divina Commedia abbia utilizzato temi della tradizione e della letteratura islamica. La prima ricerca sull’argomento risale al 1919 e fu pubblicata dall’abate spagnolo Miguel Asin Palacios che trovò molte e incredibili corrispondenze fra il viaggio nell’aldilà di Dante e un viaggio analogo che la tradizione islamica attribuiva a Maometto.

Alcuni pensano a coincidenze dovute alla comune origine delle due religioni, cristiana e islamica, dalla Bibbia poichè, ad esempio, la scala d’oro utilizzata da Maometto e da Dante per salire in Paradiso potrebbe derivare dall’episodio biblico del profeta Giacobbe che aveva sognato una scala che portava a Dio in cielo tra la presenza di angeli.

Altri, pur considerando i parallelismi sorprendenti, sottolineavano che non ci fosse prova che i racconti arabi fossero arrivati in Italia al tempo di Dante. Palacios riteneva invece molto probabile che Brunetto Latini, maestro di Dante, grande letterato e ambasciatore alla corte di Castiglia, avesse portato in Italia traduzioni realizzate per volontà di Alfonso X, detto il Savio, re cristiano che promuoveva la conoscenza anche se proveniente da fonti musulmane.

Solo nel 1949 gli studiosi Enrico Cerulli e Munoz Sendino scoprirono il Libro della Scala, che era il racconto dettagliato del viaggio di Maometto nell’aldilà, fatto tradurre proprio da Alfonso X il Savio, dall’arabo al castigliano e poi tradotto dal suo segretario Bonaventura da Siena anche in latino e francese.

E’ quindi molto probabile che Brunetto Latini alla corte di Alfonso il Savio avesse fraternizzato con il suo conterraneo Bonaventura da Siena e, venuto a conoscenza del Libro della Scala, poi ne avesse parlato con Dante quando egli stava pensando alla Commedia.

Pertanto forse Dante sentì raccontare che Maometto, a dorso della creatura fantastica Burak e con la guida dell’arcangelo Gabriele, aveva visitato il Paradiso e l’Inferno. Dante insieme a Virgilio scese invece nel Malebolge, ottavo cerchio dell’Inferno, sul dorso di Gerione un mostro chimerico costituito da volto di uomo, zampe di leone, corpo di serpente, coda di scorpione e ali demoniache.

Sia Dante che Maometto partirono di notte, raccontarono il viaggio in prima persona ed ebbero una guida incaricata da Dio: Virgilio per Dante e l’Arcangelo Gabriele per Maometto. Anche Maometto descrisse l’Inferno come un grande imbuto a cerchi concentrici, i gironi, che sprofondava fino al centro della Terra e dove i dannati erano disposti secondo la gravità dei loro peccati.

Il Malebolge dantesco inoltre si ritrova anche nel Libro della Scala con gli episodi dei ladri avvolti nei serpenti e dei fraudolenti nelle fiamme. La città di Dite e il basso Inferno erano descritti da Dante allo stesso modo del testo arabo: ci sono case infuocate circondate da fortificazioni, diavoli che girano intorno alle porte e da una porta principale si scende nel basso Inferno.

Inoltre anche nel testo islamico vigeva la regola del “contrappasso”, per la quale i peccatori scontano pene dello stesso genere delle sofferenze che hanno procurato. Le categorie di dannati che Maometto aveva osservato da vicino erano cinque: i seminatori di discordia, a cui vengono tagliate labbra e lingua con forbici di fuoco, come a quelli che si sono macchiati di falsa testimonianza; gli adulteri, appesi per i genitali; le prostitute, attaccate con il sesso a tronchi infuocati e i ricchi pieni di superbia che ardono nel fuoco.

In modo similare, Dante nell’Inferno mantiene lo schema della pena che riflette la colpa: gli iracondi si auto percuotono, gli accidiosi soffrono nel fango acido, gli omicidi sono immersi nel sangue; i seminatori di discordia vengono sottoposti a continue lacerazioni. E sia Dante che Maometto vengono esortati, uno da Gabriele e l’altro da Beatrice, a raccontare tutto come monito ai vivi.
 
Anche il Paradiso si assomiglia per colori, luci, musica e canti che definiscono il sovrannaturale, l’immaterialità dell’ambiente dove gli angeli, ordinati gerarchicamente in cerchi concentrici, circondano il trono divino. Sia Maometto che Dante, in prossimità di Dio, vengono investiti da una luce abbagliante che fa loro temere di restare accecati tanto da farli desistere.

Dante, fedele alla cultura cristiana, ha posto Maometto all’Inferno ma, mostrando rispetto per la cultura islamica, ha però messo i filosofi arabi Avicenna e Averroè insieme anche al valoroso e retto Saladino, sultano di Siria ed Egitto e artefice della riconquista musulmana della Terra Santa, nel Limbo in attesa di salire in Paradiso il giorno del Giudizio Universale.

Durante il Medioevo quindi non solo i mercanti scambiavano conoscenze, ma anche gli intellettuali arricchivano il loro sapere confrontandosi con le diversità culturali al di là delle lotte religiose. Per questo Dante è stato il sommo poeta della cristianità ed anche uno scrittore universale.

Il cibo del nostro prossimo futuro: le bistecche di carne coltivata in laboratorio

Carne, il futuro in vitro è più sostenibile? | Fondazione Umberto Veronesi

La prima bistecca coltivata da cellule venne prodotta nel 2018 da una azienda israeliana che però allora riconobbe che vi erano dei problemi relativi al gusto del prodotto. Un’altra ditta israeliana, la MeaTech 3D, ha presentato da poco una grande bistecca, che pesa quasi 110 grammi, la più grande prodotta e coltivata in laboratorio finora.

Questa bistecca è composta da vere cellule muscolari e adipose, derivate da campioni di tessuto prelevati da una mucca. Le cellule staminali bovine viventi sono state incorporate in “bio-inchiostri” inseriti poi nella stampante 3D dell’azienda. Successivamente sono state fatte maturare in un incubatore, in cui si sono differenziate in cellule adipose e muscolari che hanno formato la bistecca.

Esistono comunque molte altre aziende che in tutto il mondo stanno cercando di produrre carne da coltura cellulare con l’obiettivo nel tempo di eliminare l’allevamento e la macellazione del bestiame, migliorare l’ambiente e la salute dell’uomo ed anche per consentire il benessere degli animali.

In particolare l’azienda Meatable mira addirittura ad eliminare la necessità di ripetute estrazioni di cellule starter dagli animali creando linee che si possono moltiplicare continuamente, la MeaTech invece vuole sviluppare a base cellulare, e sempre allo stesso costo della carne convenzionale, prodotti di fascia alta anche per carne di maiale e pollo.

Questa azienda sostiene inoltre che la stampa 3D consente di creare prodotti sofisticati che abbiano gusto, consistenza e sensazione in bocca identici a quelli della carne convenzionale, anche se inizialmente cercherà di vendere il grasso coltivato come ingrediente per altri prodotti con un impianto pilota previsto per il 2022.

La carne coltivata da cellule richiede l’approvazione normativa prima di essere venduta al pubblico e questo è successo per la prima volta alla fine del 2020, quando le crocchette di pollo prodotte dalla società statunitense Eat Just sono state servite a clienti di Singapore.

Ulteriori aziende stanno producendo anche bistecche con ingredienti vegetali, come Novameat in Spagna che ha finito di preparare la prima bistecca all’inizio del 2020, seguita poi da altre ditte. Tra i suoi ingredienti: piselli, alghe, succo di barbabietola ed estratti in fibre fini per ricreare il tessuto muscolare.

Per ridurre le emissioni di gas serra dal bestiame ed evitare pericolosi cambiamenti climatici sono essenziali enormi riduzioni di consumo di carne, soprattutto nei paesi ricchi. I prodotti vegetali hanno emissioni molto basse, ma la carne in coltura cellulare può richiedere grandi quantità di energia per essere prodotta, causando potenzialmente emissioni significative a meno che non vengano utilizzate fonti a basse emissioni di carbonio.

Per rendere possibili queste innovazioni ed ottenere gli enormi benefici ambientali, di salute pubblica e di sicurezza alimentare derivanti dal consumo di carne coltivata, i governi dovrebbero però intervenire direttamente ed investire miliardi nella ricerca e poi nella commercializzazione.

Fragole

Dieci pittori russi saliti alla ribalta dell'arte mondiale - Russia Beyond  - Italia

Mai ci furono fragole
Come quelle che mangiammo
Quel pomeriggio afoso
Seduti sul gradino
Del balcone aperto
Uno di fronte all’altro
Le tue ginocchia tra le mie
I piatti azzurri sul grembo
Le fragole che brillavano
Ai raggi caldi del sole
Le intingevamo nello zucchero
Guardandoci negli occhi
Rallentando il banchetto
Perché ce ne fosse un altro
I piatti vuoti
Posati insieme sulla pietra
Con le due forchette incrociate
E io che mi chinavo su di te
Dolce in quell’aria
Fra le mie braccia
Abbandonato come un bambino
Dalla tua bocca impaziente
Il sapore delle fragole
Nel mio ricordo
Si sporge ancora
Lasciami amarti
Lascia che il sole batta
Sulla nostra distrazione
Un’ora di tutto
Quel calore intenso
E i fulmini d’estate
Sulle colline di Kilpatrick
Lasciamo lavare i piatti al temporale

Edwin Morgan ( Glasgow 1920-2010)

Olio di palma e olio di palmisto

Olio di Palma Sostenibile | Unione Italiana Olio di Palma

L’olio di palma, estratto dai frutti dell’albero della palma, a temperatura ambiente appare solido quasi come il burro e altri grassi animali, se non raffinato è di colore arancione perché ricco di betacarotene e contiene circa il 50% di grassi saturi. Più utilizzato dall’industria alimentare è l’olio di palmisto, estratto dai semi della stessa pianta, che è invece di colore giallo e contiene fino all’80% di grassi saturi.

Gli acidi grassi, che compongono i lipidi cioè i “grassi”, sulla base della loro struttura chimica sono suddivisi in tre grandi gruppi: saturi se non presentano doppi legami nelle catene carboniose che li compongono, monoinsaturi se vi è un solo doppio legame e polinsaturi se hanno due o più doppi legami. Meno numerosi sono i doppi legami, più denso è il grasso.

Gli acidi grassi saturi, con alcune eccezioni, aumentano perciò il colesterolo LDL nel sangue e quindi il rischio di malattie cardiovascolari. In generale i cibi di origine animale sono più ricchi di acidi grassi saturi di quelli di origine vegetale ma non nel caso dell’olio di palma o dell’olio di cocco.

Uno studio del 2016 ha segnalato anche che a temperature superiori ai 200 °C l’olio di palma sviluppa sostanze che, ad alte concentrazioni, sono genotossiche ovvero possono mutare il patrimonio genetico delle cellule e quindi provocare tumori.

Non tutti gli acidi grassi insaturi, d’altra parte, sono sicuri per la salute poichè alcuni presentano doppi legami in una configurazione che in chimica si chiama “trans” e hanno effetti simili a quelli dei grassi saturi. Gli acidi grassi trans si formano in seguito a idrogenazione dei grassi vegetali, un processo necessario anche per produrre la margarina.

Dal punto di vista tecnologico, soprattutto per la frittura artigianale e per la formulazione di prodotti da forno, l’olio di palma consente di ottenere prodotti con un’ottima consistenza, stabili nel tempo e che non irrancidiscono precocemente.

Le palme da olio, alte tra i 20 e i 30 metri, restano in produzione 25-30 anni e quindi rappresentano la coltura da olio più produttiva fra tutte le specie oleaginose: per ottenere la stessa quantità di olio con la soia, la superficie coltivata dovrebbe essere da 4 a 10 volte maggiore.

L’olio di palma ha però anche un pesante impatto sull’ambiente perchè la sua coltivazione, così come peraltro quella di altre piante da olio che potrebbero sostituirlo, è considerata poco sostenibile. Per produrre tutto l’olio di palma necessario all’industria alimentare, i Paesi produttori hanno sacrificato altri tipi di colture e talvolta anche abbattuto foreste tropicali per far spazio alle palme.

Paesi come Indonesia, Cambogia e Malesia stanno perdendo un patrimonio forestale unico e con esso la biodiversità dell’area. Inoltre i contadini più poveri convertono le loro colture in palme da olio, più redditizie ma poco utili per nutrire adeguatamente le popolazioni locali.

Alcune industrie utilizzano solo olio di palma proveniente da coltivazioni rispettose dell’ambiente, ovvero ottenute da aree già piantate a palme, ma al momento ciò non copre il fabbisogno. Altre industrie propongono di compensare le aree coltivate con la creazione di aree forestali in altri punti ma è impossibile ricreare un habitat così complesso in tempi brevi.

Sarebbe necessario una procedura di regolamentazione e controllo per ottenere un olio di palma sostenibile per il quale è già stato messo a punto un sistema di certificazione. Attualmente solo circa il 20% di olio di palma è certificato e solo le aziende più attente ne dichiarano l’utilizzo.

L’industria alimentare comunque ha cambiato i sistemi di produzione ed ha abbassato le temperature durante i cicli di produzione. Inoltre molti prodotti che non hanno olio di palma contengono invece olio di cocco o burro di cacao che sono altrettanto nocivi per altri aspetti della salute.

Le alternative sono i grassi idrogenati oppure eventualmente il burro o lo strutto, ma gli ultimi due per motivi di costo, di proprietà nutrizionali e/o di convinzioni etiche e religiose , sono già stati da tempo ridotti nell’utilizzo in molti settori dell’industria alimentare.

Infine, anche il cocco e il cacao sono considerati a rischio perché per coltivarli le popolazioni locali abbandonano altre produzioni più utili all’alimentazione o più ecologiche.

E’ quindi consigliabile non abusare di cibi contenenti olio di palma, anche se non sembra necessario eliminarli del tutto poichè la strategia più ragionevole, a livello individuale, è sempre quella di variare le proprie fonti alimentari.

E’ opportuno però considerare i tempi di esposizione: i bambini, per esempio, rischiano di essere esposti a queste sostanze per moltissimi anni, data l’attuale durata di vita media, in particolare se allattati artificialmente perché l’olio di palma è uno degli ingredienti di alcuni latti artificiali.

Il piccolo replicante

L’erba scomposta volteggia luccicante

sull’immenso prato che sussulta sferzato dal vento

sotto allo sguardo del sole cupo e stanco.

Perso e senza meta avanza a tentoni

il piccolo replicante sfuggito al buio più profondo

del suo caotico e lontano mondo.

Poi egli cade in ginocchio e volge lo sguardo esitante

verso il confuso orizzonte cercando con intenso dolore

il flebile lamento del suo unico e perduto amore.

Quella piana di erba lo ascolta attenta ma

non ode echeggiare sospiri o lamenti

fra le sue foglie oscure ma intensamente lucenti.

Poi la piana si schiude e fra i fruscii della sua onda d’argento

lo avvolge e poi l’inghiotte lentamente

per cullare quel dolce sentimento

che appare come un caldo e sdrucito bastimento

che si agita e turbina perché troppo carico

e abitato soltanto dal vento.

L’ipertimesia e l’incredibile memoria autobiografica

L’ipertimesia o sindrome ipertimesica è una condizione in cui l’individuo possiede una memoria autobiografica tale da permettere il ricordo di gran parte degli eventi vissuti nella propria esistenza.

Le persone ipertimesiche impiegano molto del loro tempo nel ricordare eventi del proprio passato ed hanno una grande capacità di ricordare dettagliatamente anche eventi specifici e quasi ogni giorno della propria esistenza, così come gli eventi pubblici che abbiano per lui un significato personale. I ricordi per loro sono associazioni incontrollabili e vivide rappresentazioni che emergono inconsapevolmente.

L’ipertimesia è però diversa dalle altre forme di memoria eccezionale, caratterizzate da strategie finalizzate al ricordo di lunghe serie di informazioni. I ricordi richiamati dall’ipertimesico tendono a essere personali, autobiografici e relativi sia a eventi significativi della propria vita, sia a eventi del tutto banali. Questo processo avviene involontariamente, ed è automatico il richiamo dei ricordi stessi.

L’ipertimesico possiede un calcolo calendariale simile agli individui affetti da autismo o sindrome del savant. Nonostante non vi siano correlazioni, alcune similitudini possono essere osservate tra queste patologie e l’ipertimesia come appunto questa cacacità. L’ipertimesico però appare invece scarso nella memorizzazione volontaria dei dati.

Il primo caso di Jill Price è stato riportato da ricercatori dell’Università di California nel 2006, anche se già in precedenza erano state descritte storie di persone dotate di capacità simili. Pare che Jill possa ricordare ogni giorno della sua vita a partire dal 5 febbraio 1980, quando aveva quattordici anni.

Per lo studio di questo primo caso sono stati utilizzati test di memoria, valutazione della lateralizzazione, studio della capacità di linguaggio e di calcolo e delle funzioni motorie e sensitive, oltre al test del quoziente d’intelligenza. Numerosi test domanda-risposta sono stati effettuati per valutare le capacità di memoria relativi a dati ed eventi specifici della storia.

Le abilità ipertimesiche sembrano però avere un effetto dannoso sulle capacità cognitive. Gli ipertimesici manifestano difficoltà a partecipare alla vita presente e a programmare quella futura poichè i ricordi vengono descritti come estenuanti e incontrollabili.

La difficoltà di memorizzazione volontaria non permette buoni risultati nei test di memoria e quindi gli studenti ipertimesici hanno risultati nella media. Sono stati identificati anche deficit delle funzioni esecutive e anomalie della lateralizzazione, caratteristici dei disordini frontostriatali.

Individui ipertimesici sono generalmente caratterizzati da una personalità ossessivo-compulsiva, che può facilitare il consolidamento della memoria e spiegare l’involontario richiamo di ricordi organizzati.

L’uso della risonanza magnetica funzionale ha rilevato inoltre che nelle persone affette da questa sindrome sono ingranditi il lobo temporale ed il nucleo caudato che è intrinsecamente collegato al disturbo ossessivo-compulsivo.

È stato ipotizzato che un deficit del circuito frontostriatale possa essere causa delle alterazioni delle funzioni esecutive osservate negli ipertimesici. Tale circuito è coinvolto in disordini dello sviluppo neurologico come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, l’autismo e anche lo stesso disturbo ossessivo-compulsivo.

La questione sul fatto che l’ipertimesia possa essere considerata una distinta forma di memoria è ancora dibattuta. Alcuni sostengono che tale capacità non sia innata, ma possa essere in qualche modo sviluppata naturalmente dalle persone.

In ogni modo Wilder Penfield nel 1961 asserì che il cervello  registra le esperienze in maniera continua, solo che di norma queste registrazioni non ci sono consciamente accessibili.