Paul Winchell,voce di Tigro e di Gargamella e inventore del cuore artificiale

Paul Winchell (1922 – 2005) fu un ventriloquo, comico, attore, doppiatore che si dedicò anche a molte cause umanitarie e fu anche l’inventore del primo cuore artificiale.

Winchell nacque come Paul Wilchinsky a New York il 21 dicembre 1922, suo padre era un sarto e i suoi nonni erano ebrei immigrati dalla Polonia russa e dall’Austria-Ungheria. 

All’età di 13 anni contrasse la poliomelite e, durante il periodo di recupero, lesse su una rivista la pubblicità di un kit di ventriloquismo offerto a dieci centesimi. A scuola chiese al suo insegnante di arte, Jero Magon di poter ricevere un credito di classe per la creazione di un pupazzo ventriloquo, l’insegnante accettò e Winchell come ringraziamento chiamò la sua creazione Jerry Mahoney.

Winchell poi creò uno spettacolo che nel 1938 vinse un premio importante e che cominciò a portare in giro nei teatri. Fu notato così da un impresario che gli fece un’offerta di lavoro facendolo diventando così un professionista già all’età di 16 anni.

Winchell dopo prestò la sua voce in vari ruoli in molte serie animate televisive. Per Hanna-Barbera interpretò il personaggio di Dick Dastardly, quello di Clyde e Softy per Wacky Races, Fleegle per The Banana Splits e Gargamella nei Puffi. Nel 1971 diede la voce anche a ” Bubi Tenete a Aiuto! È Hair Orso mazzo!”, nel 1973 al cane Goober e per Disney doppio’ invece Tigger in Winnie the Pooh fino al 1999.

Negli Aristogatti interpretò un gatto siamese di nome Shun Gon, poi  Boomer il picchio in “Red e Toby nemici amici” oltre a Zummi Gummi sulla serie tv ” I Gummi” .

Winchell si specializzò anche in agopuntura presso il Research College of Los Angeles nel 1974 e lavorò anche come medico ipnotizzatore al Gibbs Institute di Hollywood. Sviluppò inoltre nel corso della sua vita più di 30 brevetti e fece il disegno di un cuore artificiale, che fu realizzato con l’assistenza del dottor Henry Heimlich inventore a sua volta della manovra di Heimlich,  ottenendo un brevetto statunitense per tale dispositivo.

Nello stesso periodo anche l’università dell’ Utah  aveva sviluppato un apparecchio simile ma quando cercò di brevettarlo scoprì di essere stata preceduta e quindi chiese ed ottenne da Winchell la donazione del brevetto. Il Jarvik-7 fu impiantato con successo in Barney Clark nel 1982.

Fra gli altri dispositivi che inventato’ e brevetto’ vi sono un rasoio usa e getta, uno sbrinatore di plasma sanguigno, un accendisigari senza fiamma, un reggicalze invisibile, una penna stilografica con una punta retrattile e guanti per batteria-riscaldata.

Nel 1980 Winchell, preoccupato per la fame in Africa, sviluppò un metodo per coltivare il pesce tilapia  in villaggi tribali e piccole comunità perché questo pesce vive in acque salmastre ed è particolarmente adatto ad essere allevato nell’Africa sub-sahariana . Winchell presentò il progetto ad una commissione del Congresso insieme a molti altri personaggi famosi, ma il comitato rifiutò di finanziare il programma pilota.

Winchell ebbe tre figli, due dal suo primo matrimonio con Dorothy (Dottie) Movitz e la terza di nome April, comica e attrice che diede anche la voce a Clarabella, dal suo secondo matrimonio con l’attrice Nina Russel. Infine sposò in terze nozze Jean Freeman.

Nel 2004 nella sua autobiografia “Winch” , Winchell raccontò le zone oscure della sua vita che fino a quel momento erano rimaste private, comprese quelle di un’infanzia abusata, una lunga storia di depressione e di almeno un crollo mentale e della sua breve permanenza in un istituto.

L’autobiografia aprì però vecchie ferite all’interno della sua famiglia spingendo la figlia April a difendere pubblicamente la madre che era stata negativamente ritratta nel libro.

Winchell, molto interessato e coinvolto nella tecnologia, creò e mantenne un sito web personale fino al 2004 e, per un breve periodo di tempo, fu attivo anche su sito che discuteva di temi teologici.

Winchell si ritirò dalla carriera nel 1999, prima di morire per cause naturali sei anni dopo il 24 giugno 2005. Si era nel tempo allontanato dai suoi figli e così essi non furono immediatamente informati della sua morte. Con un messaggio sul suo sito web, April dichiarò che suo padre era stato un uomo molto travagliato e infelice e che lei si augurava che, se mai ci fosse un altro posto dopo questa vita, potesse trovare quella pace che gli era sempre sfuggita sulla terra.

Il cimitero delle Fontanelle e l’adozione delle capuzzelle

Il cimitero delle Fontanelle è un antico cimitero della città di Napoli, che prese questo nome per la presenza in tempi remoti di fonti d’acqua, e accoglie circa 40.000 resti di persone vittime della grande peste del 1656 e del colera del 1836.

Nel cimitero si svolgeva il rito delle “anime pezzentelle”, che prevedeva l’adozione e la sistemazione, in cambio di protezione, di un cranio detta «capuzzella»al quale corrispondeva un’anima abbandonata detta «pezzentella.

L’antico ossario si sviluppa per circa 3.000 m2 e le dimensioni della cavità sono stimate attorno ai 30.000 m3. Si trova nel rione della Sanità nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani.

In quest’area erano dislocate numerose cave, utilizzate fino al 1600, per reperire il tufo necessario per costruire la città. Lo spazio delle cave di tufo fu usato per i morti a partire dal 1656, anno della peste, che provocò almeno trecentomila decessi, fino all’epidemia di colera del 1836.

A tali resti si aggiunsero nel tempo anche le ossa provenienti dalle cosiddette “terresante”, cioè le sepolture nelle chiese che furono bonificate dopo l’arrivo dei francesi di Gioacchino Murat e da altri scavi.

Verso la fine del Settecento le persone che avevano i mezzi lasciavano disposizioni per farsi seppellire nelle chiese ma spesso i becchini, dopo aver finto di aver effettuato la sepoltura, a notte fonda ponevano il morto in un sacco, se lo caricavano su una spalla e lo riponevano poi in una delle tante cave di tufo e tra le gallerie.

Tuttavia, in seguito alla improvvisa inondazione di una di queste gallerie, i resti vennero trascinati all’aperto portando le ossa per le strade. Poi furono ricomposte nelle grotte, dove furono costruiti anche un muro ed un altare, ed il luogo restò destinato ad ossario della città.

Secondo una credenza popolare alla fine dell’Ottocento vi sarebbero state circa otto milioni di ossa di cadaveri anonimi ed oggi vi sono 40.000 resti, ma forse vi sono compresse ossa per almeno quattro metri di profondità, ordinatamente disposte.

Nel marzo 1872 il cimitero fu aperto al pubblico e affidato dal Comune al canonico Gaetano Barbati, il quale, eseguì una sistemazione dei resti secondo la tipologia delle ossa (crani, tibie, femori).

Il 29 luglio 1969 un decreto del Tribunale ecclesiastico proibì il culto individuale delle capuzzelle, oggetto di fede pagana, consentendo che fosse celebrata una messa al mese per le anime del purgatorio e che fosse eseguita una processione al suo interno ogni 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti.

Il cimitero cadde però col tempo nel dimenticatoio e in stato di abbandono, fu messo in sicurezza e riordinato solo nel 2002, ma riaperto al pubblico solo per pochi giorni l’anno e riaperto definitivamente nel 2010 dopo una pacifica occupazione degli abitanti del rione.

Queste gallerie, per la loro maestosa grandezza, sono chiamate navate come quelle di una basilica : la navata sinistra è detta navata dei preti perché in essa sono depositati i resti provenienti dalle terresante di chiese e congreghe, la navata centrale è detta navata degli appestati perché accoglie le ossa di quanti perirono a causa delle terribili epidemie che colpirono la città e infine la navata destra è detta navata dei pezzentielli perché in essa furono poste le misere ossa della gente povera.

I resti anonimi si moltiplicarono col passare degli anni ed è qui che confluirono, oltre alle ossa trasferite dalle terresante, anche i corpi dei morti nelle epidemie. Alcuni teschi furono quindi “adottati” da devoti che li misero in apposite teche di legno, identificandoli anche con un nome e con una storia, che affermavano essere svelati loro in sogno.

Alla fine dell’Ottocento, dinanzi all’ingresso principale della cava, venne eretta la chiesa di Maria Santissima del Carmine regolarmente utilizzata per le celebrazioni liturgiche fino agli anni ottanta.

All’interno del cimitero si trovano due bare con gli unici scheletri ben visibili entrambi vestiti : sono le spoglie dei nobili Filippo Carafa conte di Cerreto, dei duchi di Maddaloni, morto ad ottantaquattro anni nel 1793 e di sua moglie, donna Margherita, morta a cinquantaquattro anni.Quest’ultima, il cui cranio si è preservato mummificato, presenta la bocca aperta e da qui proviene la diceria che sarebbe morta soffocata da uno gnocco.

Vi è una cappella che ricorda il canonico Gaetano Barbati e ai piedi della sua statua vi è una bara in cui sono deposti i resti di due scheletri messi l’uno accanto all’altro e la credenza popolare li identifica come i due sposi.

In una cavità si è l’inquietante figura del Monacone cioè la statua di San Vincenzo Ferrer, col tipico abito domenicano bianco-nero, che appare decapitata. L’antro più noto è definito il Tribunale per la presenza di tre croci con una base di teschi. Qui, secondo quanto si racconta da almeno un secolo, si riunivano i vertici della camorra antica per i famosi giuramenti di sangue e gli altri riti di affiliazione e, anche, per emettere le condanne a morte.Non lontano vi è il Calvario, chiamato così perché il Golgota – il monte dove spirò Gesù – in aramaico significa teschio. Vi è anche l’ossoteca, una grande cappella piena di tibie e femori, al cui centro si erge un Sacro Cuore di Gesù.
Dopo il Calvario vi sono i teschi adottati e custoditi in teche con su scritto: Per Grazia ricevuta, nome, cognome e l’anno di adozione del devoto; chi invece non aveva possibilità custodiva il teschio adottato in una scatola magari di biscotti. Nell’ultimo antro ci sono gli scolatoi, dove i morti venivano appoggiati per far colare i liquidi.

Il teschio più famoso è però quello del Capitano sul quale vi sono varie leggende. La prima racconta che una giovane promessa sposa era molto devota al teschio del capitano e una volta il fidanzato di lei, forse un po’ geloso,volle accompagnarla portandosi dietro un bastone di bambù che usò per conficcarlo nell’occhio del teschio mentre, deridendolo, lo invitava a partecipare al loro matrimonio. Il giorno delle nozze apparve tra gli ospiti un uomo vestito da carabiniere che poi si spogliò mostrandosi per quel che era cioè uno scheletro e i due sposi e altri invitati morirono sul colpo.
L’altra versione racconta di un giovane camorrista che aveva osato profanare il cimitero facendo l’amore con una ragazza. A un tratto sentì la voce del capitano che lo rimproverava ma rispose di non aver paura di un morto e di aspettarlo il giorno del suo matrimonio. Al banchetto di nozze si presentò tra gli invitati un personaggio vestito di nero che disse
di avere un dono per gli sposi ma di volerlo mostrare solo a loro. Gli sposi lo ricevettero nella camera attigua dove il capitano tese loro le mani e dal suo contatto infuocato gli sposi caddero morti all’istante.

Un’altra capuzzella “di spicco” nel cimitero è quella di donna Concetta, più nota come ‘a capa che suda’ . La particolarità di tale teschio, posto all’interno di una teca, è che mentre gli altri crani sono ricoperti di polvere, quest’ultimo è invece sempre ben lucidato. Anche donna Concetta si presta a esaudire delle grazie e per verificare se ciò avverrà, basta toccarla e vedere se la propria mano si bagna.

Le ossa anonime, accatastate nelle caverne diventarono per la gente della città le anime abbandonate, cosiddette anime pezzentelle, un ponte tra l’aldilà e la terra, un mezzo di comunicazione tra i mondi dei morti e i mondi dei vivi.


Al teschio, spesso, era associato un nome, una storia, un ruolo. Ancora negli anni settanta c’era l’abitudine di sostare di notte ai cancelli del cimitero per aspettare le ombre mandate dal teschio di don Francesco, un cabalista spagnolo, a rivelare i numeri da giocare al lotto.

Il comportamento rituale si esprimeva in un preciso cerimoniale: il cranio veniva pulito e lucidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati lo si adornava con lumini e dei fiori. Il fazzoletto era il primo passo nell’adozione di una particolare anima da parte di un devoto. Al fazzoletto si aggiungeva il rosario, messo al collo del teschio per formare un cerchio; in seguito il fazzoletto veniva sostituito da un cuscino, spesso ornato di ricami e merletti. A ciò seguiva l’apparizione in sogno dell’anima prescelta, la quale richiedeva preghiere e suffragi.


Si pregava l’anima per alleviare le sue sofferenze in purgatorio, creando un vero e proprio rapporto di reciprocità, in cambio di una grazia o dei numeri da giocare al lotto. Se le grazie venivano concesse, il teschio veniva onorato con un tipo di sepoltura più degno: una scatola, una cassetta, una specie di tabernacolo, secondo le possibilità dell’adottante. Ma se il sabato i numeri non uscivano o se le richieste non erano esaudite, il teschio veniva abbandonato a se stesso e sostituito con un altro. Se il teschio era particolarmente generoso si ricorreva addirittura a metterlo in sicurezza, chiudendo la cassetta con un lucchetto.

Il culto fu particolarmente vivo negli anni della seconda guerra mondiale e nei primi decenni del secondo dopoguerra: la guerra aveva diviso famiglie, allontanato parenti, provocato morti, distruzioni, miseria. Non potendo aspettarsi aiuto dai vivi, il popolo lo chiedeva ai morti e aveva l’illusione di sottrarsi miracolosamente all’infelicità e alla miseria.

Il Succiacapre o inghiottivento, l’uccello che applaude

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ll Succiacapre è un uccello sorprendente nell’aspetto, ma soprattutto nelle abitudini. Il maschio di Caprimulgus europaeus per conquistare la sua compagna realizza incredibili evoluzioni aeree, che sembrano veri e propri shows notturni, emettendo anche un trillo prolungato, che gli inglesi chiamano churring  che sembra un applauso.

Il Succiacapre, o Caprimulgo, quest’ultimo appellativo viene dal verbo latino mulgere che significa mungere, è collegato ad alcune credenze riportate in alcuni antichi testi.

Il filosofo e scrittore Claudio Eliano, che visse a Roma nel  II-III sec. d.C., scrisse nel testo “La natura degli animali”, che questi uccelli disprezzano i piccoli uccelli e assalgono invece con grande violenza le capre, precipitandosi in volo sulle loro mammelle e ne succhiano il latte.

Plinio il vecchio (23-79 d.C.) nella sua “Historia naturalis”, li descrisse come predatori notturni, perché di giorno sono privi di vista, con l’aspetto di merli abbastanza grandi. Raccontò che di notte entrano negli ovili e volando si attaccano alle mammelle delle capre per succhiarne il latte. Dopo questa violenza le mammelle però si seccano e le capre diventano cieche.

La verità è che fu dato loro questo nome perché questi uccelli frequentano al tramonto le greggi a caccia degli insetti che trovano in abbondanza in prossimità degli escrementi degli ovini.

La tendenza inoltre a passare le ore del giorno posato a terramimetizzati tra le foglie e in uno stato di simil letargo, ha contribuito a circondare i Succiacapre di un alone di mistero, assegnandogli il compito di accompagnare le anime dei morti al momento del trapasso.

I francesi chiamano questo uccello Engoulevent d’Europe cioè inghiottivento perché il Succiacapre si alimenta tenendo l’apertura boccale aperta, come fanno le balene, ed inghiottendo vento ingerisce anche le prede.

I succiacapre sono uccelli insettivori e volatili molto territoriali, tanto da rispondere ai richiami registrati, e difendono il loro territorio con prolungate planate, un volo sfarfallante, e avvicinandosi a dismisura alla fonte del suono.

Hanno un piumaggio molto mimetico, tanto da renderli invisibili nella brughiera e nella macchia mediterranea che sono tra i loro ambienti preferiti.

Oggi, il sempre maggiore uso di pesticidi e la riduzione delle attività pastorali ha portato ad una forte riduzione del numero di questi uccelli.

Freda Joséphine Baker membro dei servizi segreti francesi

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Freda Joséphine Baker, nata McDonald (St. Louis, 1906 – Parigi 1975), era di origine creola afroamericana e anche amerinda degli Appalachi. Venne adottata dal compagno della madre poiché la famiglia ispanica del padre naturale non aveva accettato la relazione del figlio con una donna i cui nonni erano stati schiavi. 

Joséphine ebbe un’infanzia molto povera e abbandonò la famiglia all’età di 13 anni per iniziare presto la carriera di ballerina nei piccoli teatri della sua città e a sedici anni debuttò a Broadway in una rivista che fu replicata per due anni.

Nel 1925 giunse in Europa con la Revue negre al teatro degli Champs-Élysées e divenne in breve tempo la prima ballerina in quanto la sua bellezza e la sua bravura avevano entusiasmato i parigini. Nei suoi spettacoli e nelle sue canzoni unì il gusto piccante e ricercato del varietà francese alla musica jazz e alle musiche nere.
Si esibiva, ballando il Charleston, anche vestita solo di un gonnellino di sedici banane, costume che era stato inventato per lei e che diventò un’icona di inizio Novecento e della vita parigina.
Circa 1500 uomini chiesero la sua mano, uno si uccise ai suoi piedi mentre altri si batterono in duello, anche se allora questa usanza era da tempo vietata, e divenne amante dello scrittore Georges Simenon.
Dopo una tournée in Europa, ella iniziò ad esibirsi nella revue delle Folies Bergeres del 1927 accompagnata da un ghepardo che terrorizzò l’orchestra ed il pubblico.
Nel 1931 ottenne un incredibile successo con la canzone J’ai deux amours e poi con La Petite Tonkinoise, Yes, we have no Bananas, che cantava nuda, e La canne à sucre, che mandavano in delirio il pubblico. Si sposò segretamente con Giuseppe Abatino, sedicente nobile siciliano, che diventerà il suo manager ed il matrimonio durò 10 anni.
Fece alcuni film che però non ebbero lo stesso successo dei suoi music- hall ed anche la sua tournée del 1936 negli Stati Uniti non incontrò il favore del pubblico poiché parlava in francese o in inglese con accento francese e anche perché non voleva esibirsi per un pubblico dove vigeva la separazione razziale. Rientrata in Europa, ottenne la nazionalità francese nel 1937 sposando il ricco industriale ebreo Jean Lion, anche se il matrimonio durò soltanto due anni.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Baker si mobilitò a favore della Croce Rossa e nel 1940 si arruolò nei servizi segreti della Francia Libera contro i nazisti agendo in Francia poi in Africa del nord.Durante la guerra si fece carico di missioni importanti, utilizzando i suoi spartiti musicali per celare dei messaggi e in seguito fu ingaggiata dal servizio femminile dell’Armèe de l’air.

Dopo la Liberazione della Francia, proseguì la sua attività a favore della Croce Rossa e cantò per i soldati al fronte. Al termine del conflitto, raggiunto il grado di capitano, fu decorata con la Legion d’onore da Charles De Gaulle.
Nel 1947 si sposò con il direttore d’orchestra Jo Bouillon insieme al quale acquistò il castello di Milandes dove essi accolsero e adottarono 12 bambini provenienti da diversi paesi del mondo, che lei definì la mia tribù arcobaleno. Per il mantenimento del castello, dilapido’ tutta la sua fortuna e fu costretta ad aumentare i concerti e gli spettacoli per sostenere le spese.
Nel 1955 propagando’ in Europa l’ondata di indignazione sollevatasi in America per la morte del giovane afroamericano Emmett Till che aveva visto il rilascio dei due assassini che dopo espressero anche ciniche dichiarazioni sull’accaduto.
Nel 1960 entrò nella Nouvelle Jérusalem appartenente alla Grande Loggia massonica Femminile di Francia e nel 1963 partecipò attivamente alla marcia organizzata a Washington da Martin Luter King sui temi della discriminazione razziale.
Quando le difficoltà finanziarie la condussero alla completa rovina, Baker ricevette il sostegno della principessa Grace di Monaco che le offrì dapprima un aiuto in denaro e poi la possibilità di esibirsi per la Croce Rossa nel Principato di Monaco. Baker riuscì così a riprendersi economicamente e ad acquistare un appartamento in Costa Azzurra, dove abito’ per il resto della sua vita.
Negli anni ’70 ebbe una nuova fase di successo e fece spettacoli in tutta Europa e negli Stati Uniti ma nel 1975, dopo una rappresentazione a Parigi, Baker fu trovata esanime e morì poche ore dopo per una emorragia cerebrale. Fu seppellita nel Principato di Monaco dopo un funerale con gli onori militari a Parigi, a cui assistette una folla immensa.

San Ippolito, il primo Antipapa della storia

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San Ippolito di Roma, vissuto tra la fine del secondo secolo dopo Cristo ed il terzo secolo, fu un ottimo scrittore e teologo romano ma soprattutto fu il primo Antipapa della storia.

Poco prima della propria morte, si riconcilio’ però con il Papa Ponziano, insieme al quale inoltre subì il martirio frutto della persecuzione messa in atto dai romani contro ai cristiani.

Probabilmente nacque nel 170 in un luogo sconosciuto forse in Asia Minore dove apprese le nozioni di teologia, retorica ed esagetica. Intraprese un percorso religioso e divenne sacerdote, riuscendo ad ottenere un posto di un certo riguardo anche perché fornito di grande cultura.

Lasciò l’Asia Minore per arrivare a Roma quando era stato eletto papa Zefirino con il quale, nel corso degli anni, entrò però in contrasto. Il contrasto proseguì anche con Callisto che divenne Papa a partire dall’anno 217 e fu molto acceso fino ad arrivare ad un vero e proprio scisma nella Chiesa.

Molto presto San Ippolito venne eletto Antipapa dai propri seguaci ed accusò Callisto di essere caduto nell’eresia di Teodato e di essere poco duro nei confronti degli adulteri e degli omicidi. Callisto invece accusava Ippolito di essersi macchiato di Diteismo ossia di credere all’esistenza di due Dei al posto di Dio.

Lo scontro tra San Ippolito e la Chiesa Romana continuò anche dopo con il Papa Ponziano. I capi delle due Chiese furono alla fine esiliati in Sardegna da parte dell’ imperatore romano Massimo il Trace. Durante questo periodo di esilio San Ippolito e Papa Ponziano appianarono le proprie divergenze chiedendo ai propri seguaci di fare lo stesso.

Entrambi vennero poi uccisi nel 235 d. C. diventando così dei martiri. San Ippolito fu sepolto a Roma lungo la via Tiburtina, sembra il 13 agosto, nel punto dove fu ubicata una statua che fu rinvenuta poi nel corso del periodo rinascimentale e che ora viene conservata nel Museo Lateranense.

Lo strangolatore Miguel de Corella, detto Michelotto o Micheletto, al soldo di Cesare Borgia

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Lo spagnolo Miguel de Corella (Valencia, 1470 – Milano 1508 ) detto anche Michelotto Corella, Michelotto Coreglia, Michele di Corella o Micheletto da Valenza, è stato un condottiero ed un assassino al soldo di Cesare Borgia.

Figlio illegittimo del conte aragonese Giovanni di Corella, conobbe Cesare Borgia il duca Valentino, figlio del Papa Alessandro VI, durante i suoi studi all’Università di Pisa. Li unì il comune disinteresse per lo studio e la convinzione che il loro futuro fosse più affidato alle armi e poi, quando Cesare si trasferì a Roma, Micheletto lo seguì e, al suo servizio, commise moltissimi omicidi.

Uno dei primi delitti forse fu quello del duca di Bisceglie Alfonso d’Aragona, figlio illegittimo di Alfonso II di Napoli e secondo marito di Lucrezia Borgia, che era la sorella di Cesare, poiché probabilmente era divenuto d’intralcio alla sua politica matrimoniale di alleanze.

Micheletto era al seguito di Cesare Borgia nella campagna di conquista della Romagna e partecipò alla presa di Faenza dove uccise il diciassettenne Astorre Manfredi e suo cugino ventenne Giovanni Evangelista. A Camerino uccise il signore della città Giulio Cesare da Varano e in seguito anche suo figlio Venanzio e partecipò alla presa di Urbino.

Cesare Borgia costituì uno “Stato” autonomo e voleva che Cesena fosse la capitale per cui soggiornò con Micheletto per un periodo nella rocca Malatestiana. L’episodio più famoso fu però la strage di Senigallia con la quale Borgia si liberò di alcuni suoi condottieri che, temendone la crescente potenza, avevano complottato contro di lui.

Nel 1502 Micheletto assassino’ a Senigallia Vitellozzo Vitelli e Oliverotto da Fermo strangolandoli simultaneamente con una corda di violone. Successivamente uccise anche Paolo e Francesco Orsini dopo però che Cesare aveva avuto la conferma che a Roma il papa avesse fatto arrestare il cardinale Orsini, loro parente e protettore.

Nel 1501 era sempre Micheletto l ‘uomo mascherato che rapi’ e tenne prigioniera per tre anni la bella Dorotea Malatesta di cui Cesare si era invaghito alla corte di Urbino, dove lei faceva la dama di compagnia di Elisabetta Gonzaga.

Ottenne così , come premio per i suoi servizi, dal Valentino la signoria di Montegridolfo nel ducato di Romagna e il Papa gli affidò la cura dell’ufficio del carcere di Corte Savella dove venivano giudicati e puniti i detenuti che commettevano i suoi stessi crimini.

In seguito alla morte del padre nel 1503, Cesare fu arrestato e poi fuggi in Spagna dove , ridotto a combattere per conto di un cognato, morì a soli 32 anni nel 1507. Michelozzo fu catturato e a Roma, per ordine del nuovo papa Giulio II, fu sottoposto a numerosi interrogatori e a un processo per i crimini commessi. Non rivelò però mai i segreti dei Borgia e riuscì a fuggire.

Niccolò Machiavelli riuscì a farlo assumere a Firenze nel 1506 con l’approvazione del Consiglio degli Ottanta ed ottenne la nomina di bargello che ricoprì per due anni, fino a quando fu nominato “capitano di guardia del contado e distretto di Firenze”, e quindi divenne capo di un corpo di polizia composto da 30 balestrieri a cavallo e 50 provisionati. Fu però presto licenziato da questa funzione a causa di dissapori con la Repubblica fiorentina.

Fu assassinato a Milano nel febbraio 1508 mentre usciva dalla casa del cardinale Georges I d’Amboise signore di Chaumont, che era stato un sostenitore del Valentino, dal quale sperava di ottenere un impiego ed un salario. Il movente non era stato la rapina poiché la borsa e la preziosa spada di Michelotto erano al loro posto e il mandante del delitto non venne mai identificato. Il corpo fu interrato in una fossa comune del cimitero degli stranieri fuori le mura di Milano.