
Maryan Ismail, antropologa italo-somala presidente dell’ associazione Unione Islamica Italiana spiega che quello che è accaduto a Milano la notte di Capodanno a parecchie ragazze in piazza Duomo, in mezzo alla folla e davanti alla polizia, è di fatto una tecnica ben conosciuta e collaudata, già usata in altre città europee come a Colonia nel 2016.
Le vittime, come negli altri casi precedenti, sono state isolate e assalite con azione precisa che prevede la formazione di 3 cerchi stretti di uomini e/o ragazzi. Il primo è quello che violenta fisicamente la ragazza, il secondo cerchio filma, fotografa e si gode lo spettacolo, infine il terzo cerchio distrae la folla vicina con urla e rumori per non fare capire cosa accade.
A volte uno o due maschi del primo cerchio si fingono “protettori e salvatori” e rassicurano la vittima convincendola che sono lì per aiutarla ma poi essi stessi partecipano attivamente alla violenza di gruppo. La tecnica di protezione ha lo scopo di disorientare la ragazza e di spezzarne la resistenza perché non sa più di chi fidarsi. Si tratta di un ulteriore supplizio di tipo psicologico. La vittima subisce palpeggiamenti, svestimenti, percosse, morsi, penetrazioni digitali o di corpi estranei e se ci sono condizioni di tempo, violenza sessuale vera e propria.
Il fenomeno è esploso in Egitto nel 2011 durante la caduta di Mubarak ed è stato documentato dalla giornalista della CBS Lara Logan, vittima di un assalto in Piazza Tahrir mentre svolgeva un servizio televisivo. Da allora sono state raccolte tante altre testimonianze di vittime esposte a violenza di gruppo in circostanze di eventi pubblici, raduni, concerti o feste religiose.
Vengono assalite donne con o senza il velo, di qualsiasi religione o provenienza e di tutte le età (dai 7 ai 70). Nel mondo arabo islamico il problema viene affrontato senza nascondere che è specificamente culturale e che si tratta di ulteriore forma di devianza misogina, patriarcale e maschilista. Il senso è il dominio e il controllo sulle donne.
Ora questo terribile fenomeno è sbarcato in Europa, anche se si sono registrati casi in India, Pakistan, Indonesia ecc. E’ già accaduto a Colonia e a Capodanno anche a Milano e pertanto è necessario affrontare questa nuova forma di violenza senza sminuirne l’importanza e la specificità per paura di passare per islamofobici o razzisti.
Bisogna tenere presente anche che il branco aiuta a sentirsi più potenti, più forti e la paura si trasforma in adrenalina spingendo con maggior facilità verso atti brutali. L‘effetto contagio porta a pensare “lo fanno gli altri, sono i miei amici, lo faccio anche io, non posso tirarmi indietro”.
Inoltre, la responsabilità delle azioni viene divisa tra i vari membri attraverso l’effetto deresponsabilizzazione: il gruppo funge da scudo e si commettono azioni gravi attraverso il disimpegno morale e la “deumanizzazione della vittima” che viene considerata semplicemente come un oggetto di cui si può abusare.
Sono ragazzi che hanno la percezione che stanno commettendo un qualcosa che non devono fare, lo fanno per quello, sanno che stanno andando oltre ma vogliono vivere quelle emozioni. Vivono in un profondo egoismo e sono poco educati al senso dell’altro, alla vicinanza, alla condivisione, al fatto che anche l’altro ha delle emozioni e dei sentimenti. Mancano completamente di empatia.
Purtroppo, la violenza in branco è la più devastante e vile e non c’è una via d’uscita per chi la vive, sono troppi e l’umiliazione che si subisce è pari al numero delle persone appartenenti al branco.
E’ necessario mettere in atto un serio programma d’intervento nelle periferie, scuole, parrocchie, consultori, ambulatori, stadi e centri di aggregazione e di culto con una visione di prevenzione e tutela. Ed è necessario non fare finta di nulla sperando che passato il momento tutto ritorni come prima.
Sarebbe anche ora che i padri, anche italiani, smettessero di considerare le foto in cui i loro figli appoggiano i genitali sul viso di una ragazza dormiente come delle ragazzate o di negare le prove degli stupri trovate addirittura nelle loro case. Dovrebbero pensare che non stanno facendo un buon servizio alla collettività e all’educazione sentimentale dei figli e che forse non è così vero che alla fine….sono tutti bravi ragazzi.
hai perfettamente ragione. Alla fine sono tutti bravi ragazzi e le ragazze dovrebbero starsene al chiuso in casa.
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Che ci fanno fuori in giro a mezzanotte invece di fare la calza a casa non si sa.
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La violenza di gruppo, a qualunque genere o sesso appartenga la vittima, è una vergognosa vigliaccata. Quando poi è rivolta a una donna, è la più lampante quanto animalesca dimostrazione d’impotenza maschile. L’uomo che violenta una donna non è degno d’essere considerato un essere umano, qualunque sia stato l’atteggiamento della vittima. Sono d’accordo quando dici che i padri dovrebbero redarguire i figli maschi che dimostrano tendenze simili, ma anche le madri dovrebbero smetterla di pensare che un maschio ha il diritto di essere libero, mentre la figlia ha soltanto il diritto (le madri lo chiamano dovere o prudenza) di non provocare il maschio.
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Credo che l’educazione sentimentale dei figli, maschi e femmine, da parte di entrambi i genitori sia importantissima perché ogni relazione deve essere soprattutto piena di rispetto reciproco perché ognuno è unico e non ha padroni ed ha diritto ai propri sogni anche individuali. Inoltre i genitori dovrebbero cercare di veicolare il messaggio che nella vita oltre al sesso ci sono tante cose belle che arricchiscono l’anima: la cultura, i viaggi, gli affetti, la comunicazione anche con gli anziani ecc. ecc.
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Indubbiamente nel mondo islamico vige una mentalità ancor più maschilista e sessista che da noi, che pure non siamo delle mammolette. Il maschio padrone è anche italico, purtroppo. C’è bisogno di una nuova e forte educazione sentimentale dei giovani, da parte delle famiglie, ma anche da parte della scuola e delle istituzioni, perché spesso la famiglia trasmette pregiudizi e cresce i figli maschi nell’idea di poter disporre del corpo delle donne a loro piacimento
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Si anche io nel post ho scritto che è necessario mettere in atto un serio programma d’intervento nelle periferie, scuole, parrocchie, consultori, ambulatori, stadi e centri di aggregazione e che certo anche gli italiani non sono affatto indenni da questo maschilista. Quello che colpisce nei fatti di Milano però è lo schematismo dell’azione.
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