La struggente e cruda poesia “Dateci” di Primo Levi

DATECI

Dateci qualche cosa da distruggere,
Una corolla, un angolo di silenzio,
Un compagno di fede, un magistrato,
Una cabina telefonica,
Un giornalista, un rinnegato,
Un tifoso dell’altra squadra,
Un lampione, un tombino, una panchina.
Dateci qualche cosa da sfregiare,
Un intonaco, la Gioconda,
Un parafango, una pietra tombale.
Dateci qualche cosa da stuprare,
Una ragazza timida,
Un’aiuola, noi stessi.
Non disprezzateci: siamo araldi e profeti.
Dateci qualche cosa che bruci, offenda, tagli, sfondi, sporchi
Che ci faccia sentire che esistiamo.
Dateci un manganello o una Nagant,
dateci una siringa o una Suzuki.
Commiserateci.

(Primo Levi)

Primo Levi nacque a Torino nel 1919 da una famiglia di origini ebraiche sefardite. Il padre, ingegnere elettronico, gli infuse la passione per le scienze e la letteratura. Trascorse un’infanzia tranquilla, eccezion fatta per i problemi di salute che arrivavano di frequente e nel 1941 si laureo’ in chimica. Partigiano antifascista, nel 1943 fu arrestato e inviato in un campo di raccolta a Fossolo e poi nel 1944 fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz in quanto ebreo. Scampato al lager, tornò in Italia dove scrisse saggi, romanzi, racconti, poesie e si dedicò al compito di raccontare le atrocità viste e subite.

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