Alicudi: i”tagliatori” di tempeste e le “mahare” volanti

ReportageSicilia: LA DESOLATA E CUPA ALICUDI DI ALEXANDRE DUMAS

L’isola di Alicudi, che i greci chiamavano Erikussa cioè ricca di erica, a causa della sua estrema perifericità fra le sette Isole Eolie è sempre stata scarsamente popolata. Da un massimo di 1500 abitanti, presenti tra fine ‘800 e inizio ‘900, dopo una massiccia ondata di emigrazione soprattutto verso l’Australia, si è spopolata fino ad avere oggi solo un centinaio di abitanti.

Un antico rito locale prevede che, quando all’orizzonte si intravede una tromba marina o una grande mareggiata che si dirige verso una barca, un ‘tagliatore’ si posizioni a prua e cominci a sussurrare una formula accompagnando le parole con una precisa serie di movimenti delle mani. Così la tempesta, man mano che si avvicina alla barca, si affievolisce sempre di più fino a diventare un filo che, a pochi centimetri dalle mani del pescatore, si spezza in due parti lasciando incolume l’equipaggio.

Ancora oggi le piccole flotte di pescatori non si allontanano mai troppo dalle coste se non con un ‘tagliatore’ a bordo e in tanti sull’isola affermano di conoscere il rituale e di averlo più volte praticato con successo riuscendo a salvarsi dalle insidie delle onde.

La tradizione dei ‘tagliatori’ suggerisce una sorta di potere che il dio dei venti Eolo ha donato ai suoi abitanti tanto più che uno stretto legame degli isolani con il vento è attestato anche dai numerosi racconti circa a vere e proprie piogge di sassi di pomice la cui causa è attribuita, secondo le credenze, al fuddittu o a volte anche al diavolo.

Alicudi è però soprattutto l’isola delle mahare cioè le donne che volano e che hanno delle visioni straordinarie. Stando ai racconti popolari esse erano capaci di trasformarsi in corvi e gatti, di gettare il malocchio e di fare potenti incantesimi, ma soprattutto potevano alzarsi in volo per raggiungere Palermo, la Tunisia o altri luoghi della costa africana da cui rientravano portando oggetti e abiti che nessuno aveva mai visto.

Le streghe arcudare erano capaci di levitare in aria, di cavalcare scope e di spiccare il volo alla guida delle piccole barche dei pescatori che in molti dicevano di vedere in cielo durante le notti stellate e di luna piena. Spesso queste mahare erano le mogli dei pescatori e per questo volavano alla ricerca dei mariti al fine di proteggerli dalle insidie del mare, di propiziarne la pesca e di sorvegliarne il rientro a casa.

Le mahare tenevano sulle spiagge anche dei convegni dove imbandivano tavole ricche di ogni prelibatezza che, stando ai racconti, si tenevano su lembi di spiaggia inaccessibili dalla terra e nascosti dalle scogliere. Molti ne prendevano parte stando ben attenti al rispetto di un tabù che imponeva di non lamentarsi della qualità del cibo e delle bevande offerte, spesso amare, pena l’essere bastonati e gettati in mare.

Oggi gli arcudari affermano di non vedere più nulla da tempo e nemmeno le tre donne vestite di nero che venivano avvistate in spiaggia intente nella preparazione di una pozione magica con dell’acqua in una ciotola mentre recitavano formule segrete. La pozione a volte era utilizzata dalle mahare per spiccare il volo, altre volte era offerta ai pescatori aprendo loro le porte di regni fantastici.

Secondo alcune ipotesi, la causa di queste visioni straordinarie è da attribuire al consumo di pane prodotto con segale infestata da un fungo parassita delle graminacee, conosciuto anche con il nome di ergot, in francese ‘sperone’, a causa delle formazioni a forma di corna che crescono sulle sue spighe da cui deriva anche il nome popolare di segale cornuta’.

Questo fungo ha potenti proprietà allucinatorie e psichedeliche tanto che fu utilizzato dallo scienziato Albert Hoffman durante i suoi esperimenti che portarono alla scoperta dell’LSD. L’assunzione di forti quantità del fungo provoca il “Fuoco di Sant’Antonio”, “Fuoco sacro”, o “Male degli ardenti”, a dosi più contenute invece il parassita provoca allucinazioni fortissime e profondi stati visionari

Probabilmente gli arcudari avevano consumato in massa pane prodotto con una miscela di vari cereali, tra cui la segale colpita dall’ergot, e erano stati quindi protagonisti di allucinazioni collettive che si sono protratte per anni fino a produrre tanti racconti e storie fantastiche.

Sembra che la vicenda possa essere collocata tra il 1902 e il 1905, periodo in cui carestie, emigrazione e povertà avevano costretto gli isolani a panificare con derrate di segale colpite dall’ergot e non a caso molti racconti tramandano storie di lauti banchetti e feste in spiaggia ricche di ogni prelibatezza.

Si ritiene inoltre che l’assunzione inconsapevole di una sostanza che produce effetti allucinatori conduca ad esperienze più profonde e più incontrollabili rispetto a quelle di chi assume una sostanza conscio delle sue proprietà visionarie.

Secondo questa ipotesi in quei tre anni gli isolani dovettero fare i conti con una percezione espansa della realtà e abituarsi a stati alterati di coscienza fino al punto di ritenere le visioni reali.

Appare strano però che credenze e racconti così capillari e inseriti in schemi narrativi possano essersi prodotti nell’arco di soli tre anni e pertanto è plausibile anche l’ipotesi di un possibile uso cultuale della pianta, retaggio di antiche pratiche religiose.

Le streghe infatti, in tutta la tradizione europea, sono esperte erboriste capaci di produrre unguenti e pozioni in grado di condurre in dimensioni magiche e soprannaturali. Non è da escludere quindi che le mahare di Alicudi conoscessero bene l’ergot e le sue proprietà visionarie e lo utilizzassero a scopi rituali. Inoltre è noto che la maggior parte degli agenti psicotropi contenuti nelle piante utilizzate dalle streghe nelle loro ricette sarebbero contraddistinti da un forte sapore amaro.

Secondo questa ipotesi, le donne volanti di Alicudi si inseriscono nel vasto campo della stregoneria europea e del suo stretto rapporto con gli unguenti magici che permettevano di volare ‘in spirito’ e di raggiungere luoghi remoti, prerogativa con profonde connotazioni sciamaniche che, nel caso delle donne arcudare, vengono a galla anche nella loro capacità di interagire con il mondo animale attraverso le trasformazioni in corvi.

La presenza della segale cornuta suggerisce anche la possibilità del retaggio di un arcaico legame degli arcudari con le loro origini greche e in particolar modo con i rituali misterici che si tenevano ad Eleusi in onore di Demetra nell’antica Grecia.

I Misteri Eleusini erano caratterizzati da rituali segreti a cui erano ammessi solo gli iniziati e la loro fondazione sembra risalire almeno a 1500 anni prima di Cristo, molto prima quindi che i greci colonizzassero il sud Italia e le Eolie, portando con loro anche tradizioni e credenze religiose.

I misteri prevedevano rituali che permettevano agli iniziati di compartecipare alla dimensione divina cui si accedeva quasi sicuramente grazie alle sostanze contenute in una bevanda rituale chiama Kikeon.

La bevanda Ciceone forse conteneva sia papaveri da oppio, spesso raffigurati insieme alle spighe di grano come attributi di Demetra e della figlia Persefone, sia funghi psicotropi, come sembra sia rappresentato sul cosiddetto bassorilievo di Farsalo sul quale madre e figlia sono raffigurate intente nello scambiarsi funghi.

Le streghe di Alicudi molto probabilmente tramandano quindi un millenario sapere misterico o forse sono solo inconsapevoli visionarie capaci di influenzare la tradizione locale fino al punto da confondere reale e fantastico.



5 pensieri su “Alicudi: i”tagliatori” di tempeste e le “mahare” volanti

  1. Hai narrato di Alicudi e dei suoi abitanti con tale dovizia di particolari e di riferimenti storici e geografici, oltre che di società e di costume, che permettono al lettore di avere un’idea esatta delle usanze e tradizioni degli abitanti quest’isola. Il racconto fa sorgere la meraviglia di come un’isola sperduta (per quei tempi) alla punta estrema a ovest delle Isole Eolie sia stata influenzata da riti e credenze di territori da lei lontanissimi. Grazie!

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