Il mito del golem

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Il golem è il gigante d’argilla della mitologia ebraica e del folclore medioevale che non possiede intelligenza né altre facoltà intellettive, ma possiede una forza disumana. Il termine deriva forse dalla parola ebraica gelem che gli ebrei associano ad Adamo prima che gli fosse infusa l’anima.

La Cabala Ebraica, nata con la religione ebraica, è un insieme d’insegnamenti che cercano di spiegare il rapporto tra l’eternità di Dio, la natura e l’universo mortale dell’uomo creato da Dio. Si avvale di metodi spirituali e di pratiche di meditazione che aiutano ad arrivare a una piena realizzazione spirituale.

Chi viene a conoscenza della cabala, e in particolare dei poteri legati ai nomi di Dio, può fabbricare un golem cioè un gigante di argilla forte e ubbidiente, che può essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori. Può essere evocato pronunciando una combinazione di lettere alfabetiche.

Il mito del Golem ebbe origine dal tardo Talmūd e si sviluppò durante il Medioevo negli ambienti del hasidismo tedesco per poi riemergere presso la comunità ebraica di Praga nella leggenda del rabbino Löw che avrebbe costruito una macchina di argilla di aspetto umano, capace di difendere il popolo ebreo dai suoi persecutori.

Già però alla fine del IX, secondo la cronaca di Ahimaaz, nella città di Oria risiedevano dei sapienti ebrei capaci di creare golem, i quali smisero di praticare questa attività dopo una divina ammonizione.

Nel XVI secolo a Praga la comunità ebraica era vittima di continue violenze e soprusi di ogni genere, nonostante vi regnasse Rodolfo II, un sovrano illuminato e grande protettore di questa comunità, e così, la leggenda racconta che, nel 1580, il rabbino Loew, proprio per difendere la sua gente, avesse plasmato dei Golem che avrebbero ubbidito solo ai suoi ordini.

Nella soffitta della Sinagoga Vecchia – Nuova (Staronova) il rabbino avrebbe plasmato i suoi Golem con il fango della Moldava, combinando i quattro elementi: fuoco e acqua, che erano rappresentati dagli assistenti di Low, l’aria, rappresentata dal rabbino stesso, e la terra, costituita dalla terracotta.

Per risvegliare le sue creature, che con il passare del tempo crescevano, il rabbino, sulle loro fronti scriveva la parola “emet” (verità) e sulle fronti di quelli diventati troppo grandi e di cui non poteva più servirsi, scriveva la parola “met” (morto) e, così, se ne disfaceva.

Il Golem non aveva la capacità di parlare e Loew per tenerlo a bada, doveva inserire nella sua bocca una tavoletta di legno che conteneva la parola di Dio. In una occasione, però, il rabbino se ne era dimenticato ed allora il Golem, privo della parola di Dio, cominciò a distruggere tutto diventando incontrollabile.Allora, il rabbino fu costretto a “spegnere” la vita di questo Golem, che è stato l’ultimo che egli creò. 

La leggenda fu assunta dalla letteratura del romanticismo tedesco, dal tedesco G. Meyrink (1915) e dal boemo E. E. Kisch per i quali il Golem non rappresentava però più un essere benefico, ma piuttosto la forza ambigua delle macchine che può sfuggire al controllo umano con risultati nefasti.

Queste opere diedero un nuovo e drammatico volto al golem, creazione di mistici ambiziosi che inevitabilmente vengono puniti per la loro blasfemia. Alcuni considerano il golem come un precursore del moderno Androide. In ebraico moderno golem significa infatti anche robot.

Il Golem nasce come servitore e aiutante dell’uomo come lo zombie, il morto vivente della tradizione Vudu e la variante meccanica è l’automa, meccanismo concepito per svolgere il lavoro umano. Identica è l’origine del robot, complesso apparecchio elettromeccanico.

Con il progredire della tecnologia e delle scienze biologiche compaiono i cyborg, organismi viventi fusi con parti meccaniche e infine le creazioni dell’uomo attraverso l’ingegneria genetica. In tutti i casi, a cui si può aggiungere quello di Frankenstein, le buone intenzioni spesso producono creature mostruose che si ribellano al creatore.

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