La malattia del sonno (Hat) verrà debellata entro il 2030

La tripanosomiasi africana umana (Hat), nota come malattia del sonno, si trasmette attraverso il morso della mosca tse-tse La Hat è una malattia tropicale che può essere fatale se non trattata ed è presente in tutti i Paesi dell’Africa occidentale e centrale, con un particolare incidenza di casi nella Repubblica Democratica del Congo e quindi minaccia milioni di persone.

Nelle fasi precoci della malattia il tripanosoma si moltiplica nei tessuti sottocutanei, nel sistema ematico e in quello linfatico. Si può osservare un’ulcera dolorosa, che origina come papula per poi evolvere verso il nodulo, nella sede primaria della puntura della mosca tse-tse; nel giro di poche settimane vi è febbre, ingrossamento dei linfonodi, dolori muscolari e delle articolazioni, mal di testa e irritabilità.

Negli stadi avanzati il parassita attraversa la barriera ematoencefalica e invade il sistema nervoso centrale. Si parla allora di fase neurologica o meningo-encefalica della malattia. In generale, essa corrisponde alla comparsa dei segni e dei sintomi manifesti della malattia: modificazioni del comportamento, confusione, disturbi sensoriali e cattiva coordinazione dei movimenti. I disturbi del ciclo del sonno, che danno il nome alla malattia, costituiscono un’importante caratteristica del secondo stadio
della malattia. In assenza di cure, la malattia del sonno è mortale, nonostante siano stati segnalati casi di portatori sani.

Un recente studio ha confermato che una singola dose del farmaco acoziborolo, assunto per via orale, ha un’efficacia al 95% dopo 18 mesi dalla sua somministrazione indipendentemente dallo stato della malattia. Inoltre, a differenza dei trattamenti utilizzati oggi, l’acoziborolo non richiede ricovero del paziente né personale sanitario altamente qualificato e quindi potrebbe essere raggiunto l’obiettivo dell’Oms di eliminare la trasmissione della malattia del sonno entro il 2030.

Molte delle persone a rischio vivono in aree rurali remote dove c’è scarso accesso a servizi sanitari adeguati e quindi l’acoziborolo ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento della malattia. Vengono eliminate così numerose barriere per le persone più vulnerabili alle malattie, come i trattamenti invasivi e le lunghe distanze che separano spesso l’abitazione da un ospedale o da una clinica. Inoltre può portare vantaggi nell’elaborazione di screening, che vengono fatti direttamente nei villaggi.

Nel corso dello studio sono stati reclutati pazienti da 10 ospedali della Repubblica Democratica del Congo e della Guinea. A 18 mesi dal trattamento, il 95% (159 su 167) dei pazienti con g-Hat in stadio avanzato trattati con acoziborolo era guarito poichè nessun tripanosoma, i microscopici parassiti che causano g-Hat, era presente nei fluidi corporei. Nei pazienti in stadio iniziale e intermedio, il 100% (41 su 41) era guarito. I dati sono stati anche confrontati con una precedente terapia, che prevedeva la somministrazione dell’acoziborolo assieme a un altro farmaco, il nifurtimox eflornitina (Nect), la cui efficacia era risultata pari al 94%.

Inoltre, gli effetti collaterali sono risultati minimi e tutti gli eventi sono risultati lievi o moderati. Nonostante gli ottimi risultati emersi dallo studio, gli autori riconoscono alcuni limiti, legati soprattutto alla mancanza di un numero sufficiente di pazienti utilizzati durante lo studio. Ma, vista la problematica e le difficoltà incontrate nello svolgere il lavoro di ricerca, è stato preferito un approccio un po’ più pragmatico e un po’ meno ‘scientifico’ per poter proseguire con successo sulla strada della zero trasmissione della malattia del sonno entro il 2030.

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