
Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae che si trasmette per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione.
Nel diciannovesimo secolo il colera si è diffuso più volte dal delta del Gange verso il resto del mondo, dando origine a sei pandemie che hanno ucciso milioni di persone in tutto il mondo.
La settima pandemia è iniziata nel 1961 in Asia meridionale, raggiungendo poi l’Africa nel 1971. Nel 1973 , a causa di una partita di cozze tunisine, il colera sbarcò in Puglia, a Napoli, Cagliari, Palermo e in altre città europee come Barcellona.
Nelle Regioni italiane “contaminate” fu interdetto l’accesso alle spiagge, furono chiuse le Università, i cinema e i teatri, l’inizio dell’anno scolastico fu rinviato a novembre inoltrato, furono distrutte le “coltivazioni” di mitili e vietati il commercio degli stessi, ma anche di altri molluschi, di pesci e fichi…. . Si verificarono accaparramenti di limoni, considerati un blando disinfettante, e di disinfettanti veri e propri che furono venduti a prezzi stellari alla borsa nera. Naturalmente crollò il turismo.
Ci furono tafferugli e vere e proprie sommosse, specie a Napoli perché le dosi di vaccino non erano sufficienti e scarseggiava il personale sanitario e le siringhe. Venne in soccorso la VI flotta americana di stanza a Napoli, il cui personale sanitario usò le rapide “pistole” sperimentate in Vietnam per le vaccinazioni di massa. Si stima che a Napoli ed in Campania la vaccinazione abbia raggiunto fra il 50 e l’80 per cento della popolazione.
Poi nel 1991 l’infezione raggiunse l’America e oggi la malattia è considerata endemica in molti Paesi e il batterio che la provoca non è ancora stato eliminato dall’ambiente.
La principale riserva dei vibrioni del colera è rappresentata dall’uomo e dalle acque, soprattutto quelle salmastre presenti negli estuari, spesso ricchi di alghe e plancton.
È una malattia a trasmissione oro-fecale cioè può essere contratta in seguito all’ingestione di acqua o alimenti contaminati o da materiale fecale di individui infetti sia malati sia portatori sani o convalescenti. I cibi che presentano più rischi sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare.
Le scarse condizioni igienico-sanitarie di alcuni Paesi e la cattiva gestione degli impianti fognari e dell’acqua potabile sono le principali cause di epidemie di colera. Il batterio può vivere anche in ambienti naturali, come i fiumi salmastri e le zone costiere, e per questo il rischio di contrarre l’infezione per l’ingestione di molluschi è elevato.
Senza la trasmissione attraverso cibo o acqua, il contagio diretto da persona a persona con il semplice contatto è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali.
Il periodo d’incubazione della malattia varia solitamente tra i 2-3 giorni ma, in casi eccezionali, anche tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del numero di batteri ingeriti. Nel 75% dei casi le persone infettate non manifestano alcun sintomo anzi tra coloro che li manifestano, solo una piccola parte sviluppa una forma grave della malattia.
Il sintomo prevalente è la diarrea chiara e liquida tanto che la continua perdita di liquidi può portare alla disidratazione che nei casi più gravi può essere mortale. Di solito non compare la febbre mentre possono manifestarsi vomito e crampi alle gambe. È subito necessario provvedere alla reintegrazione dei liquidi e dei sali persi tramite l’assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e acqua.
Nei casi più gravi è necessario il ripristino intravenoso dei fluidi che all’inizio, richiede grandi volumi di liquidi, fino ai 4-6 litri. Con un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e di solito, in seguito al ripristino dei fluidi, si guarisce.
Gli antibiotici, generalmente tetracicline o ciprofloxacina, possono abbreviare il decorso della malattia e sono utilizzati soprattutto per le forme più gravi o nei pazienti più a rischio.
A livello preventivo è necessario una buona vigilanza sulla pesca, sulla agricoltura, sull’educazione a buone pratiche igienico-sanitarie ma soprattutto sulla depurazione dell’acqua e sul funzionamento del sistema fognario.
Garantire la sicurezza del cibo e dell’acqua e migliorare l’igiene sono, infatti, le condizioni di base per la prevenire le epidemie. È buona norma lavarsi le mani con il sapone prima di iniziare a cucinare o mangiare poiché i vibrioni del colera sono molto sensibili all’azione dei comuni detergenti e disinfettanti.
Attualmente è in commercio un vaccino, che consiste in una sospensione omogenea sterile di uno o più ceppi di Vibrio cholerae inattivati, ad uso orale che può essere assunto almeno due settimane prima della partenza verso paesi a rischio.
Ricordo l’epidemia a Napoli. Interessante post. Isabella
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Si è già vissuto tutto e ci si è già Anche se poi ci si dimentica di tutto
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Purtroppo è sempre così. Colpa anche dei media talvolta. Ciao. Isabella
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Un abbraccio.
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