Gli indiani Choctaw vennero utilizzati nella Prima guerra mondiale come parlatori in codice per cui, in vista della Seconda guerra mondiale, Adolf Hitler inviò in America degli esperti per studiare le lingue dei nativi anche se fu impossibile per loro comprenderli tutti. L’Esercito americano utilizzò però i Code Talkers soprattutto sul fronte del Pacifico, dove i Servizi segreti giapponesi riuscivano in breve a decriptare quasi tutti i codici segreti.
Philip Johnston, cresciuto nella riserva Navajo perché figlio di un missionario e veterano della Prima guerra mondiale, propose ai Marines degli Stati Uniti di usare la lingua Navajo come codice segreto perché questa lingua possiede una grammatica molto complessa ed è sempre stata solo orale. Vennero reclutati inizialmente solo 29 Navajo che erano in grado di parlare anche un perfetto inglese.
Il primo gruppo di Navajo ideò il codice originale, poi ampliato e modificato durante la guerra, che doveva essere memorizzato e mai scritto. Il loro programma era segreto e ad ogni Navajo venne affiancato un marine che aveva il compito di proteggerlo ma anche di ucciderlo prima che cadesse prigioniero. Solo durante la battaglia di Iwo Jima, vinta dagli U.S.A., sei Code Talkers Navajo inviarono e ricevettero 800 messaggi.
Dai 29 Navajo che all’inizio prestavano servizio nel corpo dei Marines si arrivò, alla fine della guerra a 420 uomini che furono decisivi per le sorti del conflitto. I Code Talker non ricevettero riconoscimenti fino alla declassificazione del segreto militare avvenuto solo nel 1968.