Nel 371 a.C. Tespie (in Beozia), città natale di Mnesarete, venne rasa al suolo e lei si rifugiò con il padre ad Atene dove si adattò a fare i mestieri più umili.
Mnesarete crescendo diventò bellissima e prima cominciò a posare come modella per gli artisti e poi decise di diventare un’etera cioè una cortigiana di lusso. Le etere erano donne autonome e padrone delle proprie ricchezze, e che pertanto potevano essere processate, che emergevano anche per doti di bellezza, intelligenza, raffinatezza e cultura.
Mnesarete, che significa “colei che fa ricordare la virtù”, scelse il nome d’arte Frine che significa rospo in greco antico pare a causa della sua carnagione olivastra. Non era facile vederla nuda perché in pubblico indossava una tunica aderente e non frequentava i bagni pubblici.
Divenne sempre più ricca e desiderata tanto da poter scegliere gli amanti e rifiutare chi non le piaceva. Solo il filosofo Senocrate, insensibile ai piaceri, osò rifiutarla.
Divenne amante e musa ispiratrice dello scultore Prassitele che la riprodusse nell’opera “Afrodite cnidia” poi Frine si mise con il famoso oratore, cioè l’attuale avvocato, di nome Iperide. Egli la difese quando fu accusata dal suo ex amante Eutia, che era un testimone pagato per sostenere false accuse nei processi, di aver organizzato festini orgiastici per venerare una nuova divinità. Probabilmente si trattava di un complotto per attaccare Iperide.
Il mito racconta che le cose si erano messe male e allora Iperide con un colpo di mano le tolse la veste e convinse i giudici ad assolverla per la sua bellezza.