In Giappone molto tempo fa le donne bruciavano ossidi ferrosi e li miscelavano con te nero, aggiungevano una pappa a base di riso, sake e caramello; ne usciva un pigmento nero di pessimo odore. Serviva per preparare un inchiostro e per tingere tessuti di seta e di cotone e anche per colorarsi i denti.
Il nome di questa tecnica significa proprio denti neri e designa una moda durata quasi un millennio: dall’anno mille fino agli inizi del secolo scorso, quando scomparve solo perché venne proibita dalla legge al fine di modernizzare il Giappone.
Definire questa pratica una moda è però riduttivo perchè il colore è legato alle tenebre della notte, ma era anche amato dai samurai in quanto rappresentava la forza e la dignità e i buddisti lo associavano alla stabilità: se miscelato, prevale su ogni altro colore. Un universo di simboli che forse ha dato origine all’abitudine di inserire questo rito tra le cerimonie che segnavano l’ingresso tra gli adulti delle giovani dell’alta società.
ll nero dei denti inoltre doveva servire a mettere in risalto il contrasto con il bianco del volto, che veniva truccato di bianco, il tutto allo scopo di conformarsi a un’immagine estetica che dava grande valore a un viso dall’espressione fissa e immutabile, in cui non si potesse distinguere alcun cambiamento dell’umore.
Domanda: come si chiamava questo rito?
Quel fortunato che la bacia…..
"Mi piace""Mi piace"
comunque finalmente riesco a rispondere ad una domanda:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ohaguro
"Mi piace"Piace a 1 persona
Bravo!!!!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Giulio Cesare disse “de gustibus non disputandum est” davanti a un piatto di asparagi al burro serviti nella casa milanese di Valerio Leone. Ai Romani infatti piaceva l’olio e il burro era considerato un alimento “barbaro”.
Il fortunato quindi ……si sentiva fortunato!!!!!
"Mi piace"Piace a 1 persona